Quelli che vincono sempre


QUELLI CHE VINCONO SEMPRE
Ecco il gruppo di imprese che riesce ad aggiudicarsi tutti i lavori pubblici più importanti
di Daniele Martini

IL FATTO QUOTIDIANO   -   4 marzo 2010   pag. 10

Per i costruttori sono il "Cupolino" e il "Cupolone". Il Cupolino è stato violato di recente grazie alle indagini della magistratura fiorentina. Si è scoperto che sotto la volta della Protezione civile, gli appalti venivano concessi sempre agli stessi, con le stesse modalità spicce di aggiudicazione, probabilmente con il trucco, saltando a piè pari gare e regole anche quando di mezzo non c'era alcuna emergenza a giustificare tanta disinvoltura.
Il Cupolone, invece, nessuno lo tocca. Composto da 12 supergruppi riuniti nell'Agi (Associazione imprese generali), fa incetta di appalti (tabella qui a fianco) ed è la parte scelta dei general contractor, i contraenti generali, 45 ditte in totale che a loro volta si considerano l'élite del mattone.

GLI INTOCCABILI. Ecco i nomi: Astaldi, Baldassini-Tognozzi-Pontello (che si è messa in mostra anche come esponente di spicco del Cupolino della Protezione civile), Condotte, Fincosit, Impregilo, Impresa, Itinera, Maltauro, Pizzarotti, Todini-Salini, Torno, Vianini.
Su tutte si erge Impregilo della triade Benetton-Gavio-Ligresti, che grazie ad una specie di gemellaggio siamese con l'Anas (azienda pubblica delle strade) sta diventando l'impresa pigliatutto della nuova stagione delle costruzioni.
Fuori lista le grandi coop, come la Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (Cmc), la Cooperativa muratori e braccianti (Cmb) di Carpi e la Coopsette di Reggio Emilia, in alcuni casi con un ruolo da pari a pari con la Supercupola, in altri con un atteggiamento più defilato.
Massiccio e arcigno come una fortezza medievale, il Cupolone si staglia su un panorama di imprese piccole e medie in difficoltà, con l'acqua alla gola, sull'orlo del fallimento, costrette a licenziare, 100 mila dipendenti persi in appena un anno. Alla base della sua eccezionale fortuna c'è la scelta del governo di puntare sul gigantismo dei lavori e sui grandi affidamenti, lasciando le briciole alle imprese normali o relegandole, quando va bene, nel ruolo scomodo di subappaltatrici. Il "governo del fare" dice che con questo sistema, che ha come presupposto normativo la legge Obiettivo e garante a Palazzo Chigi l'ex ministro dei Lavori pubblici Pietro Lunardi, dà impulso alle grandi infrastrutture di cui il paese ha bisogno. Ma il modello del Cupolone sta di fatto diventando un ariete contro il comparto delle costruzioni, una macchina da guerra che oltretutto non garantisce efficienza. I lavori vanno a rilento ovunque, ma in compenso corrono le spese, definite "atti aggiuntivi", l'equivalente dei classici e famigerati adeguamenti prezzi.

SUPER IMPREGILO. Negli ultimi tempi, per esempio, sono stati concessi atti aggiuntivi complessivamente per circa un miliardo e mezzo di euro a vantaggio di un solo soggetto, Impregilo. Quattrini che sommati al numero considerevole di grandi appalti ricevuti dal grande gruppo gli consentono di metabolizzare i colpi di immagine ed economici subiti per la catastrofe dell'immondizia a Napoli, quando furono indagati alcuni dirigenti della controllata Fisia-Fibe (ora rinviati a giudizio) per la realizzazione del termovalorizzatore di Acerra e la produzione di cdr (combustibile da rifiuti) tarocco perché non idoneo all'incenerimento, 6 milioni di balle incellofanate e accatastate nei campi di mezza Campania che ora nessuno sa come e dove smaltire.
A luglio 2009 l'atto aggiuntivo per un importo di 1,3 miliardi di euro ha riguardato i lavori per il Ponte sullo Stretto di cui Impregilo è capofila ed è stato concesso con la generica formula di "contributo in conto impianti". La revisione è stata inserita in un piccolo, ma succoso emendamento al decreto "anticrisi", un atto in cui si ponevano le premesse per altri rincari "mediante l'adeguamento dei contratti stipulati con il contraente generale", e nello stesso tempo, a sorpresa e senza alcuna logica apparente, veniva nominato per 60 giorni commissario straordinario per il Ponte lo stesso amministratore delegato della società, Pietro Ciucci, che è anche presidente e direttore generale Anas. Nello stesso periodo un altro atto aggiuntivo ha avuto come protagonisti di nuovo Anas ed Impregilo. In quel caso l'importo è stato inferiore, un centinaio di milioni di euro, e ha interessato la Salerno-Reggio Calabria, di cui Impregilo dovrebbe costruire i mega-lotti Gioia Tauro-Scilla e Scilla-Reggio Calabria.

LA TRIADE. Secondo uno studio Igi (Istituto grandi infrastrutture), centro studi dei grandi appaltatori guidato da Giuseppe Zamberletti, dei quasi 5 miliardi di euro di appalti affidati nel 2009, solo 1,3 miliardi sono piccole opere tra gli 8 e i 40 milioni, il resto sono tutti lavori dai 50 fino oltre 200 milioni. "E' in atto un cambiamento nella struttura dei lavori pubblici", avverte il centro studi dell'Ance, i costruttori della Confindustria, una tendenza che a loro giudizio "contrasta con le caratteristiche dell'offerta", cioè con la struttura del settore composto da 34 mila società. Lo spostamento dell'asse sui grandi appalti "pone un problema di tenuta del tessuto produttivo costituito in gran parte da piccole e medie imprese".
Insomma, mentre sulla generalità delle aziende nessuno ha aperto l'ombrello per ripararle dalla grandinata della crisi, grazie all'appoggio del governo il Cupolone stravince. E si rafforza come uno degli ultimi, veri poteri forti di questo paese. A comandare sulle 12 superimprese c'è il fior fiore dell'imprenditoria nazionale, spesso avvinta in un abbraccio di partecipazioni azionarie incrociate. C'è, soprattutto, la triade che guida Impregilo: i Benetton che nel corso degli anni hanno aggiunto all'azienda di famiglia il controllo delle Autostrade, degli Autogrill, degli Aeroporti di Roma, Torino e Firenze, una partecipazione importante in Grandi Stazioni più l'ingresso nel patto di sindacato di Mediobanca; il gruppo della famiglia Gavio, titolare di concessioni autostradali nel nordovest e primo finanziatore ufficiale del Pdl; la famiglia Ligresti, con il fondatore Salvatore grande finanziatore di Craxi, arrestato per corruzione ai tempi di Tangentopoli, ora consigliere d'amministrazione Unicredit, assicuratore con Fonsai, presente con oltre il 5 per cento nel patto di sindacato di Rcs-Corriere della Sera e con le imprese di costruzione coinvolto negli affari più importanti e discussi del momento, da quello della piana di Castello alle porte di Firenze all'Expo 2015 e alla Fiera di Milano. Poi c'è Luisa Todini, ex parlamentare europea, le cui aziende qualche mese fa sono state unite a quelle Salini a cui hanno portato in dote, tra l'altro, i grandi appalti della variante di valico sull'Appennino tosco-emiliano. E infine Francesco Gaetano Caltagirone, costruttore con la Vianini, editore del Messaggero di Roma, del Mattino di Napoli più una serie di quotidiani locali. E poi banchiere attraverso una partecipazione importante nel Monte dei Paschi, assicuratore attraverso le Generali di Trieste e azionista pesante, anche se con poco meno del 9 per cento dell'Acea, società comunale romana della luce e dell'acqua.