Il falò del mattone

 
Il falò del mattone
La strategia per l'uscita dalla crisi è sempre la stessa: cementificare, cementificare, cementificare. I nuovi 100.000 alloggi in un'Italia già distrutta dal cemento sono un atto di demenza economica, prima ancora che ambientale. Chi guadagna dalla costruzione di immobili in un Paese che sta relegando i suoi spazi verdi sugli Appennini e sulle Alpi? Ovunque case vuote. Se passeggiate in una qualunque grande città vedrete, accanto a nuove costruzioni residenziali che devastano i centri e le periferie, interi palazzi, uffici, alloggi in vendita e in affitto. A che serve costruire ancora e ancora? Il Italia ci sono seconde, terze, quarte case in luoghi (prima) meravigliosi. Case vuote, affittate un mese all'anno, qualche volta neppure quello, dalle persiane chiuse. Edificate ovunque, sulle dune della Sardegna o sui prati dei paesi montani. Qual è il VERO valore economico di queste case?
Il costo ambientale della costruzione di una casa vuota è enorme. Costruire senza una reale necessità abitativa, per pura, e spesso solo presunta, speculazione è un delitto. Il territorio italiano è degli italiani non delle società immobiliari, delle banche che le finanziano con i nostri soldi e delle lobby di governo. Se queste ci guadagnano, i piccoli azionisti delle società immobiliari quotate in Borsa, come ad esempio Risanamento, perdono tutto. Risanamento è un nome spettacolare per un titolo che ha perso il 43,18% nel 2009 e in due anni è passato da 3,6 euro a 0,11. Il titolo vale 34 volte di meno del massimo raggiunto nel 2007. Un nome che sembra suggerito da Tremorti.
Risanamento è un grande gruppo che ha goduto della fiducia della politica e delle banche che gli hanno prestato soldi su soldi. I soldi dei loro clienti. Le stesse banche che negano un fido o un credito a una piccola impresa sono creditrici di una società che ha TRE miliardi di debito e che rischia il fallimento. Quali banche? Unicredit, MPS, IntesaSanPaolo, Banco Popolare.
Il fondatore di Risanamento si chiama Luigi Zunino. Una persona amata dalla politica, impegnata in aree considerate fondamentali per l'EXPO 2015. Responsabile del fallimento dell'area residenziale di Santa Giulia, del "risanamento" dell'ex Falck di Sesto San Giovanni. L'ultimo utile operativo di Risanamento risale al 2005. In Europa le società immobiliari hanno un debito medio pari al 50-65% del patrimonio. Risanamento nel 2008 è arrivata all'85%.
Le banche per non perdere il credito concesso in passato, e per il quale dovrebbero essere cacciati i loro vertici, intendono finanziare con altri 250 milioni di euro Risanamento. E così, milioni e miliardi di nostri risparmi finiscono in fumo. Nel grande falò del mattone. Dov'era la Consob in questi anni? Sapeva dell'esistenza di una società quotata in Borsa chiamata Risanamento? Cardia, dico a lei! La bolla immobiliare scoppierà anche in Italia, è solo questione di tempo, allacciate le cinture.
24 luglio 2009
Tratto dal sito www.beppegrillo.it
 
 

Tunnel Tav, De Zordo: «Renzi apre, il Pd chiude. Inaccettabile gioco delle parti»

 
perUnaltracittà - gruppo consiliare Comune di Firenze
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Tunnel Tav, De Zordo: «Renzi apre, il Pd chiude. Inaccettabile gioco delle parti»

"L'ordine del giorno presentato dal Partito Democratico e approvato dal Consiglio fa emergere un inaccettabile gioco delle parti. Mentre il sindaco Renzi sembrava aver aperto alla ridiscussione del progetto, sfatando un tabù che sul sottoattraversamento durava da anni, dall'altro il documento del Pd chiude la porta e dà per scontati il tunnel e la stazione sotterranea. A cosa serve il Consiglio straordinario dell'alta velocità se comunque il Consiglio decide di mantenere il progetto sotterraneo e della stazione di Foster?". Lo ha dichiarato Ornella De Zordo, commentando le vicende di oggi in Consiglio Comunale sull'Alta velocità fiorentina.
 
"Eravamo pronti a salutare positivamente l'apertura arrivata dal sindaco Renzi - ha aggiunto De Zordo - che arrivava dopo anni di totale blindatura nel dibattito sul nodo fiorentino della Tav. Vogliamo sapere qual'è la vera faccia del governo cittadino. Quella di Renzi è solo una farsa, oppure la maggioranza non condivide la linea del sindaco?"

"In questo modo però si perde un'occasione importante, che arriva dopo anni di perseverante attività del Comitato contro il sovrattraversamento, del gruppo di lavoro dell'Università di Firenze, di semplici cittadini e anche, per quello che ha potuto, di perUnaltracittà, che sono riusciti a portare all'ordine del giorno della politica un argomento che fino a ieri sembrava tabù".

"Occorre realmente andare oltre il dogma del pericoloso e costoso progetto di sottoattraversamento approfondendo i pro e i contro di questo assurdo progetto, aprendo un confronto vero valutando vantaggi e svantaggi delle varie ipotesi e ascoltando tutti gli esperti in grado di illustrare le soluzioni possibili"

«Le risorse risparmiate grazie al progetto di superficie elaborato dall'Università - ha continuato De Zordo - potrebbero essere destinate virtuosamente alla riorganizzazione del Trasporto pubblico locale. Fra i progetti a cui dare priorità c'è certamente la realizzazione di un Metrotreno, che costituirebbe una soluzione efficace per risolvere i problemi di mobilità della città, attraverso spostamenti agili e effiaci fra le stazioni feroviarie cittadine esistenti».

«Da tempo diciamo che il progetto per il sottoattraversamento AV di Firenze costituisce un pericolo per la città, manca degli approfondimenti necessari, minimizza gli impatti e non dà alcuna garanzia. Anzi l'unica certezza, alla luce dei precedenti del Mugello e di Bologna, e della superficialità con cui si sta procedendo, è che quest'opera produrrà danni ingenti, disagi enormi per almeno un decennio, pericoli anche per la salute dei cittadini. Non c'è affatto bisogno di andare sotto terra per far passare i treni AV, si potrebbe risparmiare una cifra ingentissima, vicina al miliardo e mezzo di euro, per investirla in opere realmente utili, soprattutto in manutenzione e sicurezza, si potrebbe evitare a Firenze e ai fiorentini danni e disagi devastanti quanto inutili.»






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Via d'Amelio, Palermo - 19 luglio 1992

 
Via d'Amelio, Palermo - 19 luglio 1992
 
Paolo Emanuele Borsellino
 
 
Biografia
 
Nasce a Palermo nel quartiere popolare La Kalsa, dove vivono tra gli altri Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta. Dopo aver frequentato le scuole dell'obbligo Borsellino si iscrive al Liceo Classico "Giovanni Meli" di Palermo. Durante gli anni del liceo diventa direttore del giornale studentesco "Agorà". Nel giugno del 1958 si diploma con ottimi voti e l'11 settembre dello stesso anno Borsellino si iscrive a Giurisprudenza a Palermo con numero di matricola 2301. Dopo una rissa tra studenti "neri" e "rossi" finisce erroneamente anche lui di fronte al magistrato Cesare Terranova a cui dichiara la propria estraneità ai fatti. Il giudice sentenzierà che Borsellino non c'entra nulla con l'episodio.
Paolo Borsellino, proveniente da una famiglia con simpatie politiche a destra, nel 1959 si iscrive al FUAN di cui diviene membro dell'esecutivo provinciale e viene eletto come rappresentante studentesco nella lista del FUAN "Fanalino" di Palermo [1].
Il 27 giugno 1962 all'età di ventidue anni Borsellino si laurea con 110 e lode con una tesi su "Il fine dell'azione delittuosa" con relatore il professor Giovanni Musotto. Pochi giorni dopo, a causa di una malattia, muore suo padre all'età di cinquantadue anni. Borsellino si impegna con l'ordine dei farmacisti a tenere la farmacia del padre fino al raggiungimento della laurea in farmacia della sorella Rita. Durante questo periodo la farmacia viene data in gestione per un affitto bassissimo di 120 mila lire al mese.[2] La famiglia Borsellino è costretta a gravi rinunce e sacrifici. Riceverà l'esonero dal servizio militare poiché "unico sostentamento della famiglia".
Nel 1967 Rita si laurea in farmacia, il primo stipendio da magistrato di Paolo Borsellino servirà proprio a pagare la tassa governativa.
Il 23 dicembre 1968 sposa Agnese Piraino Leto, figlia di Angelo Piraino Leto, a quel tempo magistrato presidente del tribunale di Palermo.
 
La carriera da giudice
 
« L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. »
 
(Paolo Borsellino, Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa 26/01/1989)
Nel 1963 Borsellino partecipa al concorso per entrare in magistratura ottenendo 57 voti si classifica venticinquesimo sui 110 posti in gara, e diventa il più giovane magistrato d'Italia.[3] Nel 1967 diventa pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 è pretore a Monreale, dove lavora insieme ad Emanuele Basile. Proprio qui avrà modo di conoscere per la prima volta la mafia dei corleonesi.[4]
Il 21 marzo 1975 viene trasferito a Palermo ed il 14 luglio entra nell'ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici.
 
Il 1980 vede l'arresto dei primi sei mafiosi grazie all'indagine condotta da Basile e Borsellino, ma nello stesso anno arriva la morte di Emanuele Basile e la scorta per la famiglia Borsellino.
In quell'anno viene costituito il pool antimafia, dove lavorano, sotto la guida di Chinnici, tre magistrati (Falcone, Borsellino, Giovanni Barrile) e due commissari (
Cassarà e Montana). Tutti i componenti del pool chiedono espressamente l'intervento dello Stato, che non arriva.
Il 29 luglio 1983 viene ucciso Rocco Chinnici nell'esplosione di un'autobomba e pochi giorni dopo arriva da Firenze Antonino Caponnetto. Il pool vuole una mobilitazione generale contro la mafia. Nel 1984 viene arrestato Vito Ciancimino, mentre Tommaso Buscetta ("Don Masino", come viene chiamato nell'ambiente mafioso), arrestato a San Paolo del Brasile ed estradato in Italia, inizia a collaborare con la giustizia.
Buscetta descrive in modo dettagliato la struttura della mafia di cui fino ad allora si sapeva ben poco. Nel 1985 vengono uccisi da Cosa Nostra, a pochi giorni l'uno dall'altro, i commissari Giuseppe Montana e Ninni Cassarà. Falcone e Borsellino vengono trasferiti nella foresteria del carcere dell'Asinara, dove iniziano a scrivere l'istruttoria per il maxiprocesso. Si seppe in seguito che l'amministrazione penitenziaria richiese ai due magistrati il rimborso spese ed un indennizzo per il soggiorno trascorso. [5]
Il 19 dicembre 1986 Borsellino viene nominato Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel 1987 Caponnetto lascia il pool per motivi di salute e tutti (Borsellino compreso) si aspettano la nomina di Falcone, ma il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) non la vede nella stessa maniera e nasce la paura di vedere il pool sciolto.
Borsellino parla dovunque e racconta quel che accade alla procura di Palermo: per questo motivo rischia il provvedimento disciplinare e solo grazie all'intervento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si decide di indagare su ciò che succede nel palazzo di Giustizia.
Il 31 luglio il CSM convoca Borsellino che rinnova accuse e perplessità. Il 14 settembre Antonino Meli diventa (per anzianità) il capo del pool; Borsellino torna a Marsala, dove riprende a lavorare alacremente insieme a giovani magistrati, alcuni di prima nomina. Inizia in quei giorni il dibattito per la costituzione di una Superprocura e su chi porne a capo. Falcone va a Roma per prendere il comando della direzione affari penali e preme per l'istituzione della Superprocura.
Con Falcone a Roma, Borsellino chiede il trasferimento alla Procura di Palermo e l'11 dicembre 1991 Paolo Borsellino, insieme al sostituto Antonio Ingroia, torna operativo alla Procura di Palermo, come Procuratore aggiunto.
Il 23 maggio 1992 nell'attentato di Capaci perdono la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo. Due mesi prima della sua morte, Paolo Borsellino rilascia un'intervista ai giornalisti Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi (19 maggio 1992). L'intervista mandata in onda da RaiNews 24 nel 2000 è di trenta minuti, quella originale era invece di cinquanta minuti.
 
Nelle elezioni presidenziali del 1992, i parlamentari del MSI votarono per Paolo Borsellino come Presidente della Repubblica nel corso dell'XI scrutinio.
 
Le dichiarazioni pubbliche [modifica]
Borsellino, in vita, rilasciò interviste e partecipò a numerosi convegni per denunciare l'isolamento dei giudici e l'incapacità o la mancata volontà da parte della politica di dare risposte serie e convinte alla lotta alla criminalità. In una di queste Borsellino descrive le ragioni che hanno portato all'omicidio del giudice Rosario Livatino e prefigura la fine (che poi egli stesso farà) che ogni giudice "sovraesposto" è destinato a fare.
 
La penultima intervista di Borsellino e le sue versioni
 
Nella sua penultima intervista, avuta luogo il 21 Maggio 1992 con Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, Borsellino riferì delle possibili correlazioni tra i mafiosi di Cosa Nostra e di ricchi uomini d'affari come il futuro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.[6] In questa sua ultima intervista Paolo Borsellino parla anche dei legami tra la mafia e l'ambiente industriale milanese e del Nord Italia in generale, facendo riferimento, tra le altre cose, a indagini in corso sui rapporti tra Marcello Dell'Utri, Vittorio Mangano e Silvio Berlusconi.
Alla domanda se fosse Mangano un "pesce pilota" della mafia al Nord, Borsellino risponde che egli era sicuramente una testa di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord d'Italia. Sui rapporti con Berlusconi invece si astiene da giudizi definitivi.
Anche alla luce di quest'intervista e del ruolo di Mangano così come descritto da Borsellino (testa di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord d'Italia) ha destato scalpore la dichiarazione di Marcello Dell'Utri, condivisa dal presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi in merito a Vittorio Mangano: egli fu, a modo suo, un eroe.[7] [8]
Paolo Guzzanti aveva sostenuto che l'intervista trasmessa da Rai News 24 era stata manipolata, i giornalisti della rete gli fecero causa, ma venne assolto. Vi era la corrispondenza tra la cassetta ricevuta e il contenuto trasmesso, ma non con il video originale. Alcune risposte erano state tagliate e messe su altre domande. Ad esempio, quando Borsellino parla di "cavalli in albergo" per indicare un traffico di droga, non si riferisce ad una telefonata fra Dell'Utri e Mangano come poteva sembrare dalla domanda dell'intervistatore (che faceva riferimento ad un'intercettazione dell'inchiesta di San Valentino, che Borsellino aveva seguito solo per poco tempo), ma ad una fra Mangano e un mafioso della famiglia Inzerillo.[9]
Nel numero de L'Espresso dell'8 aprile 1994 venne pubblicata una versione più estesa dell'intervista.[10]
L'intervista, e i tagli relativi alla sua versione televisiva, sono citati anche dal tribunale di Palermo nella sentenza di condanna di Cinà Gaetano e Marcello Dell'Utri:
 
« Un riferimento a quelle indagini si rinviene nella intervista rilasciata il 21 maggio 1992 dal dr. Paolo Borsellino ai giornalisti Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo. In dibattimento il Pubblico Ministero ha prodotto la cassetta contenente la registrazione originale di quella intervista che, nelle precedenti versioni, aveva subito, invece, evidenti manipolazioni ed era stata trasmessa a diversi anni di distanza dal momento in cui era stata resa, malgrado l'indubbio rilievo di un simile documento. »
 
(Dalla sentenza di condanna di Dell'Utri Pag 431[11])
Nella sentenza viene poi riportato il brano dell'intervista relativo all'uso del termine "cavalli" per indicare la droga e sulle condanne passate di Mangano, in una versione ancora differente rispetto alle due già diffuse, trascritta dal nastro originale. Nella stessa sentenza viene poi riportata l'intercettazione della telefonata intercorsa tra Mangano (la cui linea era sotto controllo) e Dell'Utri (rapporto 0500/CAS del 13 aprile 1981 della Criminalpol di Milano), relativo al blitz di San Valentino, in cui veniva citato un "cavallo", a cui aveva fatto riferimento il giornalista nelle domande dell'intervista a Borsellino.[12] La sentenza specifica però che:
 
« Tra le telefonate intercettate (il cui tenore aveva consentito di disvelare i loschi traffici ai quali il Mangano si era dedicato in quegli anni) si inserisce quella del 14 febbraio 1980 intercorsa tra Vittorio Mangano e Marcello Dell'Utri.
È opportuno chiarire subito che questa conversazione, pur avendo ad oggetto il riferimento a "cavalli", termine criptico usato dal Mangano nelle conversazioni telefoniche per riferirsi agli stupefacenti che trafficava, non presenta un significato chiaramente afferente ai traffici illeciti nei quali il Mangano era in quel periodo coinvolto e costituisce il solo contatto evidenziato, nel corso di quelle indagini, tra Marcello Dell'Utri e i diversi personaggi attenzionati dagli investigatori. »
 
 
La strage di via d'Amelio
 
Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vive sua madre.
Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo esplode, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonino Vullo. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, Borsellino parlò della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate.
 
Via d'Amelio come strage di Stato
 
« Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo. »
 
(Lirio Abbate, Peter Gomez[13])
Nell'introduzione del libro L'agenda rossa di Paolo Borsellino Marco Travaglio scrive:
 
« Oggi, quindici anni dopo, non è cambiato nulla. L'impressione è che, ai piani alti del potere, quelle verità indicibili le conoscano in tanti, ma siano d'accordo nel tenerle coperte da una spessa coltre di omissis. Per sempre. L'agenda rossa è la scatola nera della Seconda Repubblica. Grazie a questo libro cominciamo a capire qualcosa anche noi »
 
(Marco Travaglio[14])
Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino, parla esplicitamente di "strage di Stato":
 
« Perché quello che è stato fatto è proprio cercare di fare passare l'assassinio di Paolo e di quei ragazzi che sono morti in via D'Amelio come una strage di mafia. [...] Hanno messo in galera un po' di persone - tra l'altro condannate per altri motivi e per altre stragi - e in questa maniera ritengono di avere messo una pietra tombale sull'argomento. Devo dire che purtroppo una buona parte dell'opinione pubblica, cioè quella parte che assume le proprie informazioni semplicemente dai canali di massa - televisione e giornali - è caduta in questa chiamiamola "trappola" [...] Quello che noi invece cerchiamo in tutti i modi di far capire alla gente [...] è che questa è una strage di stato, nient'altro che una strage di stato. E vogliamo far capire anche che esiste un disegno ben preciso che non fa andare avanti certe indagini, non fa andare avanti questi processi, che mira a coprire di oblio agli occhi dell'opinione pubblica questa verità, una verità tragica perché mina i fondamenti di questa nostra repubblica. Oggi questa nostra seconda repubblica è una diretta conseguenza delle stragi del '92 »
 
(Salvatore Borsellino[15])
 
L'eredità
 
La figura di Paolo Borsellino, come quella di Giovanni Falcone, ha lasciato un grande esempio nella società civile e nelle istituzioni.
Alla sua memoria sono state intitolate numerose scuole e associazioni, nonché l'aeroporto internazionale di Punta Raisi (Palermo) e un'aula della facoltà di Giurisprudenza all'Università di Roma La Sapienza.
Anche il cinema e la televisione hanno onorato la memoria del magistrato palermitano:
Paolo Borsellino, miniserie televisiva del 2004 di Gianluca Maria Tavarelli;
 
Onorificenze
 
«Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Palermo, esercitava la propria missione con profondo impegno e grande coraggio, dedicando ogni sua energia a respingere con rigorosa coerenza la proterva sfida lanciata dalle organizzazioni mafiose allo Stato democratico. Nonostante le continue e gravi minacce, proseguiva con zelo ed eroica determinazione il suo duro lavoro di investigatore, ma veniva barbaramente trucidato in un vile agguato, tesogli con efferata ferocia, sacrificando la propria esistenza, vissuta al servizio dei più alti ideali di giustizia e delle Istituzioni.» — Palermo, 19 luglio 1992
 
Note
 
1 "Paolo Borsellino" - Umberto Lucentini - 2003 - Edizioni San Paolo
2 Il valore di una vita, pag. 35
4 www.ansa.it/legalita/static/bio/borsellino.shtml
5 Figure di una battaglia: documenti e riflessioni sulla mafia dopo l'assassinio di G. Falcone e P. Borsellino, pag. 121
10 trascrizione dell'intervista pubblicata su L'Espresso dell'8 aprile 1994, dal sito di Rainews 24
11 sentenza dell'11 dicembre 2004, relativa al procedimento contro Marcello Dell'Utri
12 Trascrizione di un'intercettazione telefonica tra Vittorio Mangano e Marcello Dell'Utri, sentenza dell'11 dicembre 2004, relativa al procedimento contro Marcello Dell'Utri, pag 483 e seguenti, proveniente dal rapporto 0500/CAS dell'aprile 1981 della Criminalpol di Milano
13 Lirio Abbate, Peter Gomez, I complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano, da Corleone al Parlamento, p. 36
 
Bibliografia
 
Maurizio Calvi, Crescenzo Fiore, Figure di una battaglia: documenti e riflessioni sulla mafia dopo l'assassinio di G. Falcone e P. Borsellino, Dedalo, 1992
Giustizia e Verità. Gli scritti inediti di Paolo Borsellino, a cura di Giorgio Bongiovanni, Ed. Associazione Culturale Falcone e Borsellino, 2003
Rita Borsellino, Il sorriso di Paolo, EdiArgo, Ragusa, 2005
Umberto Lucentini, Paolo Borsellino. Il valore di una vita, Mondadori, 1994
Giammaria Monti, Falcone e Borsellino: la calunnia il tradimento la tragedia, Editori Riuniti, 1996
Leone Zingales, Paolo Borsellino - una vita contro la mafia, Limina, 2005
Rita Borsellino, Fare memoria per non dimenticare e capire, Maria Pacini Fazzi Editore, 2002
Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, L'agenda rossa di Paolo Borsellino, Chiarelettere, 2007
Fondazione Progetto Legalità Onlus in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia, "La memoria ritrovata. Storie delle vittime della mafia raccontate dalle scuole", Palumbo Editore, 2005
 
 
Tratto dal sito www.wikipedia.it
 
 

Sì al Referendum sulla Tav. E' necessario cambiare rotta

 
Comunicato stampa Comitato contro il sottoattraversamento AV di Firenze
 
Firenze, 15 luglio 2009

Il Comitato contro il sottoattraversamento:
«Sì al Referendum sulla Tav. E' necessario cambiare rotta»


Firenze 15 luglio 2009 - Il Referendum consultivo sul tema del "Sottoattraversamento AV" è un utile strumento di conoscenza, partecipazione e decisione da parte dei cittadini. Per questo lo sosterremo con l'auspicio che il Comitato promotore sia largo, inclusivo e formato da tutte le forze sociali, politiche e scientifiche che in questi anni si sono batute contro questa opera inutile per le ferrovie, dannosa per città e ambiente, costosissima per la collettività.

Il Referendum arriva all'indomani della strage di Viareggio, una tragedia che impone un netto cambiamento nella politica dei trasporti e nell'uso del denaro pubblico; il Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze ritiene pertanto importante utilizzare ogni strumento a sua disposizione per invertire la rotta.

Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze
 
 

All'amministratore delegato di FS, Mauro Moretti

 
Comunicato stampa Comitato contro il sottoattraversamento AV di Firenze
 
Firenze, 16 luglio 2009

Venerdì 17 luglio 2009 ci sarà l'incontro tra il sindaco di Firenze Matteo Renzi e l'Amministratore Delegato delle FS Mauro Moretti. Riteniamo tale incontro molto importante, e vogliamo puntualizzare alcune cose che riteniamo fondamentali, soprattutto oggi che il Sindaco ha espresso la volontà di capire meglio la portata del progetto di sottoattraversamento della città.
 
Ricordiamo innanzitutto che un gruppo di docenti e tecnici formatosi presso il LAPEI (Università di Firenze) ha effettuato uno studio sulla compatibilità ambientale del progetto e sugli impatti dell’opera, constatando la necessità di abbandono del progetto stesso per ricercare soluzioni radicalmente diverse e meno impattanti.
 
Anni e anni di cantieri con centinaia di camion sulle strade, un disastro per le condizioni di vita di tanti cittadini, un impatto violento sulla falda senza alcuna garanzia nei confronti di eventi traumatici sul tessuto urbano, anche disastrosi. Eppure il Mugello, ed anche Bologna, qualcosa dovrebbero insegnare.
 
Ricordiamo anche che esiste una proposta di attraversamento in superficie, semplice, economica e a basso impatto, illustrata in uno studio dello stesso gruppo di docenti e tecnici, e che tale proposta “non risulta” agli amministratori fiorentini e toscani, solo perché pervicacemente non vogliono prenderla in considerazione.
 
Vorremmo poi ricordare all’AD Moretti la funzione che devono avere le ferrovie: quella di garantire un servizio pubblico di mobilità che sia a livelli per lo meno decenti. Il suo modello, inseguire “le regole del mercato” privilegiando solo il progetto “alta velocità” (che interessa circa il 5% dei viaggiatori), dimenticando il restante servizio che interessa milioni di persone al giorno, non è degno di un paese civile.
 
A Moretti vogliamo ricordare che quando si iniziò a parlare di TAV si sosteneva che i proventi di questa linea avrebbero ripianato i costi del servizio dei pendolari. Adesso si sta passando al tentativo di liquidazione di un servizio fondamentale per il sistema paese come il trasporto regionale perché “non rende”.
 
A Moretti vorremmo ricordare che è inutile parlare di “alta capacità” per le nuove linee tali da garantire l'incremento del servizio merci. Ci spieghi come mai questo servizio è in via di liquidazione in Italia, tanto che in intere regioni non esistono stazioni atte a spedire merci su treno.
 
A Moretti vorremmo ricordare quanto è accaduto pochi gironi fa a Viareggio. E' stato l'ultimo di una serie di incidenti dello stesso tipo, 4 proprio in Toscana, fino alla tragedia. Questi incidenti non sono solo frutto della fatalità, ma di scelte di politica industriale in cui si privilegiano solo pochi segmenti del servizio e lasciano il restante all'abbandono.
Si faccia quindi una scelta responsabile, si ricontratti l’appalto già assegnato per eseguire opere realmente utili ed urgenti, come ce ne sono tante da realizzare in tutta la regione, si investa in manutenzione e sicurezza, si eviti un inutile pericolo per Firenze: si abbandoni una volta per tutte la folle scelta del tunnel sotto la città.

Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze
 
 

14 luglio 1789

 
14 luglio 1789  -  14 luglio 2009

VIVE LA REPUBLIQUE !

VIVE LA FRANCE !

La Marsigliese
 
Tratto da www.wikipedia.it .

 
Storia
La Marseillaise è stata composta da Claude Joseph Rouget de Lisle a Strasburgo nella notte fra il 25 e il 26 aprile 1792, in seguito alla dichiarazione di guerra della Francia all'Austria.
Il nome originale era Chant de guerre pour l'armée du Rhin (Canto di guerra per l'armata del Reno) ed era stata dedicata al maresciallo Nicolas Luckner, un ufficiale franco-bavarese nato a Cham.
L'inno divenne la chiamata alle armi della Rivoluzione francese ed in questo contesto assunse il nome di Marsigliese perché cantata per le strade dai volontari (fédérés) proventienti da Marsiglia al loro arrivo a Parigi.
Il sindaco di Strasburgo, il barone di Dietrich, domandò a Rouget de Lisle, in visita alla città, di scrivere un canto di guerra. Quando Rouget de Lisle tornò a casa alla sera, in rue de la Mèsange, compose L'inno di guerra dedicato al maresciallo Luckner. In effetti ai tempi era il bavarese Nicolas Luckner che comandava l'Armata del Reno. Ironia della sorte: il futuro inno nazionale fu dedicato a un bavarese che sarà ghigliottinato meno di due anni più tardi. L'indomani Rouget cantò a casa del barone Dietrich per la prima volta quello che sarebbe diventato l'inno nazionale francese. Questa scena è immortalata nel quadro di Isidore Pils, esposto al museo di Belle Arti di Strasburgo. Il canto venne inseguito pubblicato ed esposto davanti al municipio di Strasburgo.
Il testo è fortemente ispirato ad alcuni volantini di propaganda diffusi a quell'epoca. L'origine della musica è più discussa, poiché essa non è stata scritta (contrariamente alle altre composizioni di Rouget de Lisle). Tuttavia, la somiglianza con la linea melodica dell'allegro maestoso del concerto per piano n° 25 (datato 1786) di Wolfgang Amadeus Mozart è da segnalare.
Testo
Solo il primo verso (e a volte il quinto e il sesto) e il primo ritornello sono conformi, mentre ci sono lievi differenze storiche nella lirica. Di seguito è riportata la versione esposta nel sito ufficiale della Presidenza francese[1].
Allons enfants de la Patrie
Le jour de gloire est arrivé!
Contre nous de la tyrannie
L'étendard sanglant est levé (bis)
Entendez-vous dans les campagnes
Mugir ces feroces soldats?
Ils viennent jusque dans vos bras
Égorger vos fils, vos compagnes!

Aux armes, citoyens!
Formez vos bataillons!
Marchons, marchons! (Marchez, marchez!)
Qu'un sang impur
Abreuve nos sillons!
Que veut cette horde d'esclaves,
De traîtres, de rois conjurés?
Pour qui ces ignobles entraves
Ces fers dès longtemps préparés? (bis)
Français, pour nous, ah! Quel outrage,
Quels transports il doit exciter!
C'est nous qui on a osé méditer
De rendre à l'antique esclavage!

Aux armes, citoyens...

Quoi! Des cohortes étrangères!
Feraient la loi dans nos foyers!
Quoi! Ces phalanges mercenaires
Terrasseraient nos fiers guerriers! (bis)
Grand Dieu! Par des mains enchaînées
Nos fronts sous le joug se ploieraient
De vils despotes deviendraient
Les maîtres de nos destinées!

Aux armes, citoyens...

Tremblez, tyrans et vous perfides
L'opprobre de tous les partis
Tremblez! Vos projets parricides
Vont enfin recevoir leurs prix! (bis)
Tout est soldat pour vous combattre
S'ils tombent, nos jeunes héros,
La terre en produit de nouveaux,
Contre vous tout prêts à se battre!

Aux armes, citoyens...

Français, en guerriers magnanimes,
Portez ou retenez vos coups!
Épargnez ces tristes victimes
À regret s'armant contre nous (bis)
Mais ces despotes sanguinaires
Mais ces complices de Bouillé
Tous ces tigres qui, sans pitié,
Déchirent le sein de leur mère!

Aux armes, citoyens...

Amour sacré de la Patrie,
Conduis, soutiens nos bras vengeurs
Liberté, Liberté chérie,
Combats avec tes défenseurs! (bis)
Sous nos drapeaux que la victoire
Accoure à tes mâles accents,
Que tes ennemis expirants
Voient ton triomphe et notre gloire!

Aux armes, citoyens...

(Couplet des enfants)
Nous entrerons dans la carrière[2]
Quand nos aînés n'y seront plus
Nous y trouverons leur poussière
Et la trace de leurs vertus (bis)
Bien moins jaloux de leur survivre
Que de partager leur cercueil,
Nous aurons le sublime orgueil
De les venger ou de les suivre!

Aux armes, citoyens...
 
Note
[1]  Marseillaise, symbole de la République - La présidence de la République française
[2]  "la carrière" ("la carriera") è l'entrata alle armi. Il settimo verso non era parte del testo originale ma era stato aggiunto nel 1792 da un autore sconosciuto.
Curiosità
Nel 1880 alcune battute di questo inno sono inserite da Pëtr Il'ič Čajkovskij nella sua composizione Ouverture 1812.
Nel 1926 le prime note della Marsigliese sono state impiegate dal compositore Gottfried Huppertzper quale commento musicale nella scena della rivolta degli operai, nel film Metropolis di Fritz Lang.
Nel 1942 l'inno viene cantato dai patrioti francesi in una scena - particolarmente intensa - del celebre film Casablanca, diretto da Michael Curtiz.

 

Idra: dentro il nuovo tunnel TAV Firenze-Bologna sarà rischio strage

 
Associazione di volontariato Idra
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COMUNICATO STAMPA       Firenze, 10.7.'09
Dentro il nuovo tunnel TAV Firenze-Bologna sarà rischio strage, scrive Idra al premier Berlusconi dopo Viareggio e Parma.

 
Ha voluto attendere la fine delle esequie delle prime 22 vittime della strage ferroviaria di Viareggio, l'associazione fiorentina Idra, per ricordare al primo ministro Silvio Berlusconi che il sistema ferroviario italiano presenta gravi falle anche e proprio nella sua "punta di diamante", il tunnel TAV fra Bologna e Firenze. Oggi, il giorno dopo l'ennesima morte bianca di un lavoratore, questa volta in un cantiere TAV di Parma, Idra rende pubblica quella lettera.

"Desideriamo farLe pervenire in via formale alcune osservazioni sul tema della sicurezza sulla rete ferroviaria nazionale - scrive il portavoce di Idra al premier in una lettera raccomandata partita l'8 luglio da Firenze per Palazzo Chigi - e una segnalazione specifica, che deriviamo dalla nostra esperienza più che decennale di cittadini impegnati nel monitoraggio del trasporto su ferro". Dopo aver deplorato il rimpallo di responsabilità cui si è dovuto assistere ancora una volto dopo la tragedia di Viareggio, Idra scrive: "Vorremmo qui proporLe con ogni possibile sentimento di urgenza un'ulteriore tematica che in questi giorni nessun esponente politico, nessun organo di informazione di massa, sembra avere evidenziato, suscettibile di presentare però risvolti assai drammatici in futuro. Anche l'Alta Velocità è, in una delle sue tratte più pubblicizzate come modello di progettazione e di realizzazione d'avanguardia, tutt'altro che immune dal virus dell'inaffidabilità in fatto di sicurezza". Nella tratta AV in galleria Bologna-Firenze, che ha dissanguato l'erario e svuotato le falde nei suoi 13 anni di gestazione (dovevano essere la metà), tuttora incompiuta, risulta essere presente infatti una gravissima lacuna progettuale. "60 km di tunnel TAV sotto l'Appennino sono stati costruiti senza una galleria parallela per il soccorso e l'evacuazione", sottolinea Idra, "nonostante che la galleria ferroviaria che collega le due città abbia le caratteristiche di un mono-tubo, e sia dunque destinata a ospitare convogli che si incrocerebbero nel medesimo ambiente ad alte velocità e con elevata frequenza".

Il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze, che insieme a quello di Bologna non è stato coinvolto nella progettazione di quei 60 km di tunnel benché lo richiedesse una legge dello Stato, la 191 del 1974, in un Parere emesso il 23.7.'98 scrive nero su bianco - a proposito della configurazione dell'opera allora in costruzione - che "si nutrono seri dubbi sulla rapidità ed efficacia dei mezzi di soccorso".

In caso di incidente, secondo i costruttori della linea "è previsto che l'esodo deve avvenire.... è un autosoccorso... cioè i passeggeri devono poter scendere e raggiungere i punti di uscita autonomamente", come ha dichiarato recentemente l'ing. Alessandro Focaracci in occasione di una inchiesta televisiva sulle Ferrovie dello Stato. "Nel caso di gallerie con finestre intermedie - si legge infatti nel parere del Comando fiorentino dei Vigili del Fuoco - non è possibile avvicinare i mezzi di soccorso, inviati in appoggio al mezzo intermodale, in zone prossime all'incidente. Tali mezzi infatti potranno raggiungere il punto di innesto delle finestre con la galleria di linea, ad una distanza dal luogo dell'incidente, nella peggiore delle ipotesi, di circa 3,5 km"!

"Ci sembra inderogabile e urgente – così Idra esorta il premier - che vengano assunti provvedimenti adeguati, atti a colmare i vuoti di responsabilità che abbiamo ritenuto doveroso segnalarLe. Abbiamo appena pianto i caduti di Viareggio. Abbiamo appena iniziato a valutare gli ingenti danni economici che sono derivati, nell'ordine di decine di milioni di euro, da quella che allo stesso premier è apparsa essere – secondo quanto riporta la stampa - una falla non tollerabile nelle regole che disciplinano la movimentazione dei vagoni cisterna. Non vorremmo dover piangere, a causa di carenze nella sicurezza palesi e conclamate come quelle descritte per la tratta appenninica TAV, un numero di vittime assai superiore, e conseguenze erariali ancor più devastanti, qualora dovesse verificarsi – nelle condizioni in cui le FS annunciano di voler inaugurare il prossimo dicembre l'esercizio della tratta scavata sotto l'Appennino tosco-emiliano – un qualsiasi incidente dovuto a deragliamento, collisione o attentato. Insistere nella rimozione istituzionale di un tale rischio di strage annunciata, che abbiamo più volte segnalato in passato alle autorità competenti, ci sembrerebbe inaccettabile. Siamo a Sua disposizione per ogni necessaria documentazione o approfondimento".