Il canto del Galli
di Marco Travaglio
IL FATTO QUOTIDIANO - 18 febbraio 2010 pag. 1
Il professor Ernesto Galli della Loggia s'interroga pensoso sul Pompiere della Sera a proposito de "La corruzione e le sue radici". L'agile trattatello, diversamente dal solito, non è né inutile né dannoso: serve anzi a comprendere come si è ridotta la classe intellettuale italiota, incapace di vedere, capire, spiegare, proporre, elaborare un'idea originale al di fuori del déjà vu, del luogo comune, dell'eterno conformismo.
La tesi di fondo è stimolante e soprattutto inedita, almeno per chi non frequenta i bar sport: è tutto un magna magna. "La verità è che è l'Italia la causa della corruzione italiana", visto che rubano tutti: chi trucca concorsi, chi froda il fisco, chi si fa la casa abusiva, chi raccomanda amici e parenti nei posti pubblici, chi gonfia le tariffe dei servizi. Ma va? "In molti altri paesi filosofeggia l'acuto pensatore comportamenti del genere sono severamente sanzionati anche sul piano penale. Da noi no, sono considerati normali. Perché?".
In realtà i suddetti comportamenti sono reato anche in Italia. Ma, non appena un magistrato si azzarda a scoprirli e sanzionarli, indagando, intercettando, arrestando o condannando qualcuno, c'è sempre qualche gallo della loggia o pollo del balcone che si mette a strillare all'invasione di campo della magistratura, alle toghe rosse, ai processi politici, allo scontro fra giustizia e politica, al giustizialismo, alle manette facili, invocando separazioni delle carriere, immunità, lodi Schifani e Alfani. Quando Mastella e signora furono beccati a lottizzare tutto il lottizzabile in Campania, dalle Asl ai canili, fu tutto un coro di "embè? così fan tutti".
Se, come scrive il sagace politologo, "Mani Pulite non ha segnato una svolta", "è stato tutto inutile", "la corruzione italiana appare invincibile", non è certo colpa dei magistrati. A loro spetta scoprire e punire i reati già commessi. Per impedire o almeno ridurre la possibilità che altri se ne commettano, bisogna rendere più severe le sanzioni e più stringenti i controlli. In questi 18 anni s'è fatto l'opposto. Su circa 200 "riforme della giustizia" approvate dal 1992 a oggi, nemmeno una ha reso più difficile o rischiosa la corruzione e più facile la sua scoperta. Anzi, tutto il contrario. Su quale pianeta, in quale galassia ha vissuto Galli della Loggia per tutto questo tempo? Ha mai scritto un rigo contro le leggi che depenalizzavano l'abuso d'ufficio, le false fatture e il falso in bilancio, allungavano i processi e dimezzavano la prescrizione, sbiancavano i fondi neri all'estero, abolivano i processi alle alte cariche specie quella bassa, condonavano frodi fiscali e abusi edilizi? Si sta forse battendo contro il processo breve anzi morto, il legittimo anzi illegittimo impedimento, l'abolizione delle intercettazioni? Ha mai proposto una sola legge anticorruzione? Ora scopre che "le tangenti continuano a girare vorticosamente anche nel privato": s'è mai accorto che nel 1999 l'Italia siglò la convenzione del Consiglio d'Europa contro la corruzione (che impone di punire pure le tangenti fra privati), ma si è sempre "dimenticata" di ratificarla? Perché dal suo pulpito, o dalla sua loggia, o dal suo balcone, anziché menarcela con la separazione delle carriere o lo scontro fra giustizia e politica, Galli non ha mai lanciato una campagna per sollecitare quella ratifica? Perché un mese fa i mejo commentatori del Pompiere (a parte Magris e Bragantini) si sono associati alla beatificazione di un corrotto latitante come Bottino Craxi e oggi si meravigliano se si continua a rubare?
In coda al trattatello, il geniale pennuto invita tutti a "guardare a fondo dentro di noi e dentro la nostra storia". Basterebbe guardare a fondo quel che scriveva lui nel 1992-'93 quand'era lucido e quel che ha scritto (ma soprattutto non ha scritto) dopo. Anziché scomodare il gene italico, per spiegare la corruzione basta la rassegna stampa dell'ultimo ventennio: è piena zeppa di intellettuali che, anziché smascherare le imposture del potere, gli prestano le parole per nasconderle meglio.
Il convitato Dell'Utri
Mafia, appalti e Grandi Opere dall'Anas Sicilia fino a Torino Con il Pdl Verdini e Fusi "viene anche Marcello"
di Peter Gomez
IL FATTO QUOTIDIANO - 18 febbraio 2010 pag. 2
La gara era una di quelle grosse. Roba tosta, pesante: 222 milioni di euro di base d'asta stanziati dall'Anas per ammodernare più di trenta chilometri della Palermo-Agrigento. Anche per questo gli investigatori del Ros dei carabinieri, quando nel novembre del 2008 se ne erano accorti, avevano fatto un salto sulla sedia. All'improvviso la loro indagine sul meccanismo segreto con cui vengono spartiti gli appalti in Italia sembrava averli fatti tornare indietro di vent'anni. Al 1991. All'anno in cui il primo rapporto su mafia e appalti, consegnato nelle mani di Giovanni Falcone, finì per accelerare la morte del magistrato e quella del suo amico Paolo Borsellino. Le similitudini con il passato erano tante. Troppe.
Mentre ascoltavano le conversazioni telefoniche di Riccardo Fusi, l'alter ego imprenditore del coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, era difficile non ricordare come la sua azienda, la Btp, nel 2000 avesse finito per inglobare il gruppo Pontello, una delle poche imprese del nord che, secondo il superpentito Nino Giuffrè, stavano nel cuore di Bernardo Provenzano. Un caso? Forse.
Certo è però che per far lavorare la Baldassini Tognozzi Pontello del suo amico (e, secondo i detective, socio) Fusi, Verdini si rivolge agli uomini di Marcello Dell'Utri, il senatore azzurro condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. A dare il là alle danze è una cena nella casa romana di Verdini dove Fusi viene invitato per la sera di mercoledì 12 novembre 2008. "C'è anche quel signore che ti avevo detto di prendere informazioni", spiega per telefono il politico. Che poi aggiunge criptico "si parla direttamente. Viene Marcello, io te e lui". In quel momento non è ancora chiaro chi sia Marcello. Due giorni dopo inizia però a Montecatini la settima convention dei Circoli del Buongoverno di Dell'Utri. E il mistero a poco a poco si dipana.
Verdini parla con Fusi e gli spiega di aver detto a Francesco Costanzo, un giovane catanese animatore di un importante Circolo a Milano, di "chiamarti, così stringi con lui". Lunedì 17 novembre Costanzo, in quei mesi di fatto l'ombra di Dell'Utri, si fa vivo Fusi e gli lascia un messaggio in segreteria: "Buonasera sono Costanzo, ci siamo conosciuti a casa di Denis (Verdini, ndr) la scorsa settimana...". Da quel giorno lui e Fusi paiono fare coppia fissa. In ballo hanno diversi affari in Sicilia, a Torino, ma non solo. "Secondo me c'è tanto da lavorare", gli spiega Fusi mentre esce da Finmeccanica, "ma bisogna che parli con diverse persone, ora parlerò con Denis". Il coordinatore del Pdl segue infatti tutto da vicino. Il 20 novembre eccolo così al telefono mentre chiede a Fusi: "È arrivato Marcello da voi?". "No", risponde l'imprenditore, "non viene, ma quella cosa la sta raccontando Francesco (Costanzo, ndr)".
Intanto si fanno frenetici anche le telefonate e con il direttore generale dell'Anas Sicilia, Ugo Di Bernardo che per quasi un anno continuerà a sentire e frequentare il gruppo. Nelle intercettazioni dell'ottobre 2009, si trova persino traccia di una sorta d'incontro al vertice. A casa di Verdini sono previsti Di Bernardo, Nino Bevilacqua, il presidente dell'ente Porto palermitano, considerato uno degli uomini più potenti dell'isola, Costanzo e Dell'Utri. "Si tratta con tutta probabilità del senatore", spiegano gli investigatori che sottolineano anche come in altre conversazioni Costanzo venga definito "quello che su Catania organizza la roba (i Circoli del Buongoverno, ndr) per Dell'Utri e Micciché".
Fusi, oggi accusato di associazione per delinquere con l'aggravante mafiosa, del resto di pelo sullo stomaco ne ha parecchio. E lo si capisce quando, per tentare di aggiudicarsi gli appalti per l'aeroporto di Frosinone e di un Centro accoglienza a Roma, si fa mettere in contatto con il commercialista palermitano Piero Di Miceli, al centro di molte inchieste su mafia e politica, ma sempre assolto. Di Miceli, considerato dai pentiti "legato a Cosa Nostra e vicino ai servizi segreti", ha ottime entrature in Finmeccanica.
Gli affari del resto, sono affari. Non è il caso di andare per il sottile. Così basta un sentenza della Cassazione che ordinato (dopo due condanne) di rifargli il processo, perché Mario Fecarotta, cugino alla lontana di Francesco Rutelli e amico di Gianfranco Micciché, arrivi persino a Palazzo Chigi. Magistrati e investigatori lo considerano un imprenditore prestanome della famiglia di Totò Riina, ma lui il 29 gennaio 2009, spiega di essere stato "pure da Gianfranco, lì alla Presidenza del Consiglio".
Pagina, dopo pagina, insomma il rapporto del Ros descrive un mondo nascosto. Quasi un verminaio. E regala la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa che si colloca tra il clan e la superloggia massonica. Non per niente Verdini, è stato più volte indicato come figlio della vedova dall'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. Lui nega, ma molti dei suoi uomini con i compassi hanno qualche dimestichezza. Un "fratello" è, per esempio, Leonardo Benvenuti, 38 anni di Gela, uno dei portaborse del coordinatore Pdl, intercettato dall'Arma mentre si occupa dei business (cemento) che stanno a cuore a due deputati umbri. Per telefono gli amici spiegano che Bevenuti conta perché è "il nipote" dell'ex direttore centrale dei servizi fiscali Fininvest, Salvatore Sciascia. E Sciascia oggi è stato nominato senatore da Silvio Berlusconi nonostante una condanna definitiva per corruzione. L'inchiesta insomma punta in alto. E a Palazzo Grazioli, adesso, le notti sono molto meno allegre di prima.
Corruzione continua
Allarme della Corte dei conti: maxi sprechi per le Grandi Opere non finite. Processo breve illogico
di Antonella Mascali
IL FATTO QUOTIDIANO - 18 febbraio 2010 pag. 5
Siamo un Paese di corrotti, sempre di più. I dati in forte crescita sulla corruzione forniti ieri dalla Corte dei Conti, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, lo confermano: la Guardia di finanza nel 2009 ha ricevuto il 229 per cento in più di denunce per corruzione rispetto allo stesso periodo del 2008, e del 153 per cento in merito a concussione, cioè pubblici ufficiali che costringono, per esempio imprenditori, a pagare una mazzetta. Come l'ex presidente della commissione urbanistica di Milano, Milko Pennisi, arrestato la settimana scorsa. E la corruzione, ha detto il procuratore generale Mario Ristuccia, determina anche "ingiustificati e fraudolenti aumenti di prezzo degli appalti pubblici".
Le denunce. I comandi dei Carabinieri e della Gdf, secondo i dati forniti dal procuratore generale, nel periodo gennaionovembre 2009, hanno denunciato 221 reati di corruzione, 219 di concussione e 1714 reati di abuso di ufficio. L'alta magistratura contabile parla della corruzione in Italia, come di una "patologia che resta tuttora grave" ed è una delle ragioni di sfiducia degli italiani nelle istituzioni. Perché ha rilevato il presidente della Corte dei conti Tullio Lazzaro nella pubblica amministrazione contro i comportamenti illegali sono assenti "gli anticorpi" e ciò provoca "offuscamento dell'immagine dello Stato" e "flessione della fiducia che la collettività ripone nelle amministrazioni e nelle stesse istituzioni del Paese".
Al momento secondo il presidente non si vede la luce in fondo al tunnel: "Se le pervicaci resistenze che questa patologia (la corruzione, ndr) sembra opporre a qualsiasi intervento volto ad assicurare la trasparenza e l'integrità nelle amministrazioni possono dirsi essere una sorta di "ombra" o di "nebbia" che sovrasta e avvolge il tessuto più vitale e operoso del Paese, non si può fare a meno di notare che l'oscuramento resta tuttora grave, non accenna neppure a dissolversi o a flettere nella sua intensità ispessita".
Le condanne. Il procuratore generale Ristuccia rimarca che, sebbene i dati sulla corruzione siano disomogenei, perché di fonti diverse, il suo incremento è indubbio: "Nel 2009, su 1.077 sentenze di condanna in primo grado della Corte dei Conti, per un totale di circa 246 milioni di euro, 126 sentenze, pari all'11,7 per cento, riguardano casi di corruzione, superate solo dai danni nella gestione del personale, cioè il 14,4 per cento, da danni al patrimonio mobiliare e immobiliare, 14,2 per cento, e da illeciti nelle entrate, 13,9 per cento.
Secondo cifre del ministero della Pubblica amministrazione, riportate dal Pg, la corruzione dilaga nei territori in cui "maggiori sono le opportunità criminali in considerazione del Pil pubblico più elevato, delle transazioni a rischio quantitativamente più numerose e del maggior numero di dipendenti pubblici", come ad esempio Lombardia, Sicilia, Lazio e Puglia.
Dove si corrompe. É la Toscana la regione in cui la Corte dei Conti ha emesso il maggior numero di citazioni in giudizio per danno erariale: 21, su un totale nazionale di 92. A seguire Lombardia (18), Puglia (11) Sicilia (10), Umbria (7), Piemonte (7), Trento (5), Calabria (4), Lazio (3) Abruzzo (2) Emilia Romagna (2) Friuli Venezia Giulia e Liguria (1). Naturalmente il numero delle istruttorie è molto più ampio, se si fa riferimento a procedimenti ancora pendenti o archiviati per diversi motivi.
A differenza della cerimonia in Cassazione del mese scorso, in quella di ieri alla Corte dei Conti si è entrati nel vivo dell'attualità. Con un evidente riferimento all'inchiesta su Bertolaso e i suoi uomini, il presidente Lazzaro ha dichiarato che "il controllo sull'attività della Protezione civile farebbe bene all'istituzione stessa, alla politica e ai cittadini" e ha rimarcato che sui lavori per il G8 alla Maddalena, alla Corte dei Conti è stato chiesto il parere solo su due contratti. Aggiungiamo noi che per le ricostruzioni, se fatte con ordinanze della Protezione civile, la magistratura contabile non può controllare.
Il processo breve. Toccato anche un altro tema di scontro con la politica, il "processo breve". Lo ha affondato il Pg Ristuccia: "non può certo dirsi affetta dalla sistematica lentezza che colpisce altri giurisdizioni". Per questo motivo l'aver previsto nel disegno di legge sul processo breve una norma che fa valere con effetto retroattivo la prescrizione processuale è illogico. "Si porrebbe aggiunge il Pg irragionevolmente nel nulla proprio quei giudizi non definiti in tempi stabiliti a causa della complessità delle questioni affrontate, o della connessa necessità di particolari accertamenti istruttori".
Magica Quadrilatero società pubblica che fa felici i privati
L'azienda di Fusi, "grande amico" dell'indagato Verdini
di Sandra Amurri
IL FATTO QUOTIDIANO - 18 febbraio 2010 pag. 7
Il Gruppo di costruzioni Baldassini-Tognozzi-Pontello (Btp) di Riccardo Fusi, il "grande amico" del coordinatore del Pdl Denis Verdini, indagato assieme a Bertolaso nell'inchiesta sugli appalti della Procura di Firenze, costruisce autostrade, varianti, centri sportivi e anche i collegamenti viari Marche-Umbria. La cosidetta Quadrilatero, società pubblica, azionista di maggioranza l'Anas, le regioni Marche e Umbria ideata dall'ex viceministro marchigiano Baldassarri proprio per la realizzazione di due assi di collegamento tra Marche e Umbria di cui parleremo più avanti.
Fusi della Btp che fa parte del raggruppamento Ati Consorzio stabile Operae Tecnologie e Sistemi Integrati di Costruzione per la realizzazione del Maxi lotto 2 parla al telefono con Verdini per la fornitura del cemento per la Quadrilatero. Al socio Bartolomei dice: "La perizia di Santa Croce... la stima è stata calcolata per la somma di 8,1 milioni di euro
che la banca non gli farà l'anticipo della fattura". "Scusi eh... io gli ho detto... lei ci ha dato 15 milioni... Bartolomei gli ha già riportati dei soldi... la rata di uno e quattro non gliela pago perché se si deve discutere sul Quadrilatero lei capisce... e lui mi ha detto... tra le righe ... perché noi per esempio... a cedere il contratto di Grandi Stazioni s'è fatto una grande cazzata... e questi ragionano ma oggi noi siamo usciti dal... come ti posso dire... dal Quadrilatero praticamente la situazione... come posso dire... insostenibile... va bene... allora voi dite che noi siamo inadempienti... allora... domattina io devo gettare il calcestruzzo e ancora non mi avete detto chi è... va presentato... come si dice... tipo Genio... e loro devono nominare il collaudatore... però tieni presente che lunedì sarebbe perfetto... io ho una riunione alla Quadrilatero delle Marche alle ore 15:00...".
Raggiunto al telefono Fusi, famiglia comunista che si definisce socialista amico di Verdini seppure non abbia mai votato il Pdl: "L'ideologia non mi interessa
lavoro con tutti" alla nostra domanda sulla Quadrilatero risponde alterato: "Non so niente della Quadrilatero" e riattacca.
Restano le intercettazioni ad offrire uno spaccato del modello contrattuale su cui si fonda la Quadrilatero che si può riassumere come un'operazione di debito pubblico a babbo morto fondata sulla fantomatica cattura di valore che altro non è che produzione di debiti futuri a carico del pubblico e massimo vantaggio per i privati cioè le imprese senza tutti quei lacci e lacciuoli che "frenano" la politica del fare. Imprese che grazie alla legge Obiettivo di Lunardi assumono le vesti di contraente generale diventando controllore e controllato, un concessionario con massimo potere senza alcun rischio essendo responsabile della direzione dei lavori, del progetto esecutivo ma non della gestione dell'opera. Un escamotage per sviare al rispetto delle regole e al controllo pubblico che il governo di centrosinistra nel programma aveva messo come punto da cambiare. Promessa disattesa. Trattasi di un modello che fa sedere tutti alla stessa tavola dove il piatto forte sono le infrastrutture che fanno ingrassare le imprese, generano consenso politico e alimentano la danza delle mazzette, gli antipasti sono la politica, di destra, di sinistra, di centro, i primi piatti le imprese, i secondi piatti, i potentati economici, e i dessert le salse afrodisiache italiane o brasiliane a secondo dei gusti.
Il paradosso dov'è? Che nonostante il modello Quadrilatero, al di là dell'inesistente co-finanziamento dei privati, accumuli debiti che ricadranno sulle amministrazioni future viene adottato nelle Marche dalla nuova coalizione Pd, Idv, Verdi, Api alleatasi con l'Udc come chiesto dal partito di Cuffaro come "schema per tutte le infrastrutture".
Dopo che l'assetto societario Quadrilatero presieduta dall'ingegnere Gennaro Pieralisi area Pdl ha speso una valanga di milioni per incarichi e consulenze è stata modificata e a dirigerla è arrivato il trapanese Gaetano Galia, ex Alitalia ed ex ad della Airgest che gestisce l'aeroporto Birgi nominato dal senatore del Pdl Antonio D'Alì relatore della legge sulla privatizzazione della Protezione civile. Galia, voluto da Pietro Ciucci nominato da Prodi presidente e ad dell'Anas è stato riconfermato dal successivo giro da Berlusconi e nominato anche ad della società Stretto di Messina con la missione di accelerare la realizzazione del Ponte. Quando il centrosinistra era all'opposizione Bersani lo definì "un progetto antidemocratico uscito dal cilindro del ministro Lunardi" a cui fece eco Di Pietro che poi da ministro non ha sciolto la società e in compenso Merlonghi sua interfaccia marchigiana che in una lettera di solidarietà a Bertolaso ha definito la Procura di Firenze il "Palazzo che diventa arrogante e invidioso" di chi "disturba i soloni e i manovratori di turno" ha ricevuto una poltrona nel cda della Quadrilatero. Lo stesso vale per Ucchielli divenuto segretario Pd che sotto il governo Berlusconi diceva "no" alla Quadrilatero 4 miliardi di vecchie lire inventata da Lunardi e Baldassarri a scopo elettorale" ed oggi divenuto costruttore del "Riformismo del fare" con l'Udc invoca la realizzazione di tutte le infrastrutture con lo schema Quadrilatero.
Morale: in un paese in cui la politica ha abdicato al suo compito di governare i processi facendosi governare dal mercato e dagli interessi delle lobby è destino che la conoscenza finisca per essere nelle sole mani della magistratura e di quella poca stampa libera ancora esistente.
I silenzi del premier
di Ezio Mauro
LA REPUBBLICA - 18 febbraio 2010 pag. 1
SAREBBE bene che il Presidente del Consiglio uscisse dall'imbarazzo del suo silenzio ogni giorno più grave per dire la verità sullo scandalo della Protezione Civile davanti al Parlamento e al Paese, assumendosi una responsabilità politica che a questo punto lo riguarda direttamente insieme con il dominus di Palazzo Chigi, Gianni Letta. Non c'è più soltanto la gelatina di Stato di una corruzione che scambia appalti con favori, lucrando sulle deroghe dalla legge e dai controlli previste per l'emergenza. Qui si profila un sistema che riduce lo Stato a partner delle imprese costruttrici, trasformando le sciagure nazionali in "torta" miliardaria e garantita. Con la presenza della camorra e con i soliti miserabili parassiti pubblici di contorno, funzionari, magistrati, dirigenti, grand commis e persino un giudice della Consulta. Tutto ciò, purtroppo, riguarda anche il disastro dell'Aquila come rivelano le carte processuali. Un disastro scelto come teatro spettacolare del leaderismo carismaticoe populista che interpreta le emozioni nazionali riscattandole nell'ideologia "del fare". Ecco cosa nasconde quel "fare". Un sistema di abusi di Stato, garantito direttamente da Palazzo Chigi, che genera extra legem la corruzione, se non ne fa parte, sulla pelle delle popolazioni colpite dalla sciagura. Oggi, in questo quadro, si capiscono le risate degli impresari, la notte del terremoto: sapevano che questo modo politico di "fare" li garantiva, nonostante l'improvvida smentita di Letta. La deroga permanente della Protezione Civile rappresenta il prototipo di un modello di potere, di governo e di istituzioni che il premier prepara per se stesso: oggi quel modello precipita nella vergogna. L'uomo del "fare" non può più tacere. Lo scandalo Bertolaso è ormai lo scandalo Berlusconi.
I verbali
"Il Provveditore è a nostra disposizione"
Il magistrato Sancetta a Rocco Lamino
di Carlo Bonini
LA REPUBBLICA - 18 febbraio 2010 pag. 1, 2, 3
L'AQUILA 6 aprile 2009. 307 morti, 20 mila edifici gravemente lesionati, 1.500 feriti. L'Italia è china sulla catastrofe abruzzese. Sapevamo sin qui di "due sciacalli" («che non hanno avuto né avranno un solo euro», Gianni Letta) che se la ridono nel letto, immaginando l'opulenza della ricostruzione. Purtroppo,è andata peggio.
Un migliaio di pagine di allegati all'ordinanza del gip di Firenze raccontano un'altra storia. Altri sciacalli. Documentano un banchetto che non è vero dovesse ancora cominciare, semplicemente perché era già cominciato. E in soli dodici giorni. Dal 6 al 18 di aprile. Così.
IL GIUDICE: "MUOVIAMOCI SUBITO E PARLIAMO CON BERTOLASO"
Il terremoto ha eccitato Mario Sancetta (S.), magistrato della Corte dei Conti che le carte, con eufemismo, definiscono «soggetto poliedrico». E' un'appendice petulante della "cricca". Di mestiere fa il «facilitatore». Chiama, briga, sollecita il suo network di relazioni per spingere negli appalti che contano le imprese che fanno capo al "Consorzio stabile novus" di Antonio Di Nardo, l'anima nera della Banda, quella che profuma di mafia e camorra.
Nell'autunno del 2008, Sancetta ha cercato senza successo, attraverso Denis Verdini, la poltrona di capo di gabinetto del Presidente del Senato Renato Schifani. Alle 11.36 del 7 aprile, con centinaia di cadaveri ancora da estrarre dalle macerie, telefona a Rocco Lamino (L.), amministratore del Consorzio. S: vede che cosa è successo 'sta cosa qui. .. ora io l'altro giorno. .. avevo chiamato Terracciano... mi ha detto che era lì a L'Aquila per via. .. ha un incarico per la Prodi bis. .. ora 'sta Prodi bis non so esattamente di che cosa si occupa... ora quello che dico io è questo... siccome lui mi ha sempre detto "a disposizione" perchè lui è il trait d'union anche con chi sa lei... allora non so se è il caso di parlargli chiaro di qualche cosa. ..
L:... come no!?... noi già abbiamo mandato le lettere come impresa. .. di accreditamento al Provveditorato S :... no perchè voglio dire. .. adesso bisogna vedere anche in quell'area che è abbastanza impegnata in queste operazioni.
L:... come no!... da mo' a 10 giorni bisogna intervenire immediatamente.
S:... no bisogna farlo subito. .. lì bisogna andare a parlare direttamente con Bertolaso a questo punto.
In attesa di Bertolaso, Sancetta (S.) si porta avanti. Sia con l'ex ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi (anche se, confida a Lamino, «Con quello c'ho in piedi sta' cosa alla Corte dei Contie ho l'impressione che se prima non vede risolta la cosa sua non alza un dito»). Sia con Denis Verdini (attraverso Antonio Di Nardo). Sia con Gianni Guglielmi, provveditore per le opere pubbliche di Lazio e Abruzzo, competente per la ricostruzione. «Un amico» nominato appena due mesi prima dal ministro delle infrastrutture Altero Matteoli. Nella stessa tornata che ha visto la "cricca" issare Fabio De Santis sulla poltrona di Provveditore alle opere pubbliche in Toscana. Per agganciarlo, muove Antonio Di Nardo (N), che di Guglielmi è amico e di Guglielmi, neanche a dirlo, diventerà nei mesi successivi il segretario.
S:... senta volevo dirle questo. .. in relazione a questa cosa di. .. del terremoto... pensavo che si poteva stabilire un contatto con.
N:... certo certo...
S:... con quello che sta qui che abbiamo visto l'altra volta... o no?
N:... come no!.. adesso si vada a fare Pasqua... appena lei viene ci incontriamo un attimino perchè penso che avrà pure qualcosa già pronto. .. per lei.
S:... no ma io dico per quel.
per quelle opere lì.
N:... anche quelle.
S:... no perchè se dobbiamo attivarci è bene che si faccia subito.
QUELLO CHE "SE LA RIDEVA NEL LETTO", NON SI PENTE
Si agita anche il costruttore Francesco Piscicelli (P.), lo "sciacallo" che il 6 aprile «se la ride nel letto». Una settimana fa, ha chiesto scusa agli abruzzesi giurando di non aver mai pronunciato quelle parole. Ecco cosa torna a dirsi alle 19.56 del 9 aprile 2009 con il cognato Pierfrancesco Gagliardi.
G:... senti un po' ma. .. tu vuoi fare ... un bell'appalto sul lago di Garda da sette milioni di euro. ..o è troppo lontano... è una rottura di cazzo. .?
P:... no... lascia perdere. .. mo' c'è il terremoto da seguire. ..
G:... si giusto, bisogna concentrarsi lì... perchè lì partono a duemila all'ora adesso. ..
P:... ma già mi hanno chiamato a me. ..
G:... ma veramente?
P:... si, la prossima settimana devo dare sei escavatori... venti camion. .. si così funziona nelle emergenze. .. tutto in economia...
G:... ah!... glieli dai e poi dopo si fa in economia... cioè tot ore, tot al giorno. ..
P:... questo per le emergenze. ..
G:... uhm, uhm. .. certo lì adesso ci fanno carne da porco lì ...
P:... eh là c'è da ricostruire dieci anni
G:... però guarda. .. che quella cosa che aveva detto Riccardo a suo tempo... di fare la società
specializzata nei restauri delle opere d'arte...
Piscicelli non parla a vanvera.
Si è già mosso con Denis Verdini (ha fissato un appuntamento subito dopo Pasqua) e l'idea di Gagliardi della società specializzata in restauri di opere d'arte vedrà la luce nei mesi successivi insieme alla BTP di Fusi con la nascita del "Consorzio Federico II": 12 milioni di euro di appalti nella prima fase della ricostruzione (moduli scolastici provvisori; restauro degli alloggi della caserma Pasquali; messa in sicurezza e recupero di opere d'arte nella sede della direzione generale della Cassa di risparmio della Provincia dell'Aquilaea palazzo Branconi-Farinosi). Quindi, il 22 luglio, 7,3 milioni di euro per la scuola media "Carducci".
BERTOLASO: "CHIAMATE SUBITO AL TELEFONO ANEMONE"
Sancetta, Piscicelli, Gagliardi, Di Nardo. La "cricca" fibrilla e dunque non se ne sta con le mani in mano nemmeno Angelo Balducci. Alle 18 dell'11 aprile è negli Uffici della Protezione Civile, a Roma, in via Ulpiano, dove lo ha convocato Guido Bertolaso per discutere dell'emergenza terremoto. Poco prima di mezzogiorrno, Balducci (B) allerta il costruttore Diego Anemone (A), il tipo che aiuta Bertolaso a rilassarsi nelle salette del Salaria Sport Village.
B: Senti m'hanno rintracciato dalla Protezione Civile che alle 6 c'è una riunione ricognitiva
un po' su tutto ... sia sul G8 che sull'Abruzzo... tu magari. .. non sarebbe male insomma se. .. facessi capire insomma che. .. come tanti altri operatori. .. una disponibilità in Abruzzo. . in qualche modo insomma da. .. io adesso stasera glielo dico. . ma insomma... farglielo (...)... tanto diciamo. .. alla fine sempre il cetriolino sempre a me torna.
A: (ride).
B:... ridi, ridi.
Durante la riunione, Bertolaso, senza successo, ha insistentemente chiesto a Balducci di rintracciare subito Anemone per discutere di Abruzzo e per questo, alle 19.34, quando finalmente risponde al telefono, Balducci si sfoga, spiegandogli cosa dovrà immediatamente fare.
B:... certo se uno ha bisogno con voi. ..
A:... ma porca miseria l'ho lasciato lì sul mobile con la vibrazione. .. eh. ..
B:... ho fatto proprio una bella figura... ho detto.... «mo' lo chiamo e te lo passo». ..
A:.... .. mannaggia!... e sono uscito fuori un minuto cazzo... l'ho lasciato un quarto d'ora.
B:... infatti. .. solo che. .. siccome gli avevo. .. gli avevo appena detto. .. dico. .. «guarda per qualunque cosa così»... dice. .. «e allora sentiamolo dai!!». .. «mo te lo chiamo». .. e uno... va bè allora.. e due. .. e tre. .. e quattro. .. dice... «lascia perdere va che è meglio»
hai capito?
A:... ci credo. ..
B:... no, no. .. però. .. eh. ... perché lo dovrei rivedere un attimo a lui. .. perchè dopo lui riparte su per L'Aquila. .. ecco, è uscito adesso. .. sta tornando da Gianni Letta... e quindi ... perchè. .. se io adesso mi sbrigo. .. tu magari scendi giù lì... nell'area vostra e ti detto un indirizzo... lì... una cosa da mandare lì a Guido. Preparati un foglietto per scrivere.
IL PROVVEDITORE DEL LAZIO: "SONO A DISPOSIZIONE"
Gli sforzi di Sancetta per agganciare il nuovo Provveditore alle Opere del Lazio e Abruzzo, vengono premiati. Il 18 aprile, Sancetta (S.) riferisce a Rocco Lamino (L.), amministratore del Consorzio Stabile Novus che il tipo «si è messo a disposizione».
S :.. Gli ho consegnato la cosa abbiamo parlato ampiamente gli ho detto appunto. .. mi ha chiesto dice «ma ce l'hanno il NOS?» (Nulla osta sicurezza)... «certo che ce l'hanno». .. dice «allora senz'altro» dice «poi chiamo io»... per cui insomma è stato invece tempestivo farlo adesso questo intervento.
L:... no no è meglio anticiparci sempre. S: poi questo m'ha detto... «qualunque cosa mi può chiamare io sono a disposizione».
Il 3 luglio, Guglielmi quella promessa la ribadisce. E Sancetta ne riferisce entusiasta al solito Rocco Lamino: «... allora io ho chiamato il. .. Gianni che mi ha detto che lui stava tornando da L'Aquila. .. tutti i giorni a L'Aquila. .. m'ha detto "Appena capita qualche cosa di buono
senz'altro"». Naturalmente, chiede qualcosa in cambio. Che Sancetta racconta così: «Questo mo' vuole un favore. Vuole fare l'amministratore delegato dell'Anas e chiede di essere sostenuto».
Il membro della Consulta: in Sardegna ho investito con Sancetta
Tesauro e i caffè con Di Nardo "Che male c'è, mi è affezionato"
di Liana Micella
LA REPUBBLICA - 18 febbraio 2010 pag. 7
ROMA - È settimana "bianca" alla Consulta. Ma tra chiè comunque dentro e chi sta fuori c'è imbarazzo per il nome di Giuseppe Tesauro finito nell'inchiesta di Firenze. Dopo la cena della scorsa primavera con Berlusconi, Letta e Alfano a casa di Luigi Mazzella, presente pure il collega Paolo Maria Napolitano, gli alti giudici si misurano con un altro comportamento che li turba.
E corrono gli interrogativi: quando Tesauro frequentava Antonio Di Nardo, dipendente del ministero delle Infrastrutture «in rapporti con soggetti vicini al clan camorristico dei Casalesi» e per certo frequentatore di Francesco De Vito Piscicelli, si comportava in modo "solo" inopportuno o la sua era una manifesta incompatibilità con le regole della Corte? Tesauro, giudice costituzionale dal novembre 2005 quando lo nominò Ciampi, risponde al telefono con la voce di chi, da 24 ore, prova «sconcerto e amarezza». I suoi colleghi sono perplessi, alcuni danno giudizi fortemente critici... «Innanzitutto lasciamo fuori la Consulta. E comunque ho solo avuto segnali di solidarietà».
E però lei era già giudice quando parlò con Di Nardo nel 2008 e nel 2009.
«Intanto chiariamo subito che non ho niente da rimproverarmi né sul piano morale, né su quello giuridico». Le conversazioni con Di Nardo non le creano imbarazzo? «Non ho niente a che fare con questa storia di appalti e mi meraviglio di veder pubblicate intercettazioni estrapolate che non c'azzeccano niente con l'inchiesta».
Sarà pure, ma è corretto che un giudice abbia rapporti con questo Di Nardo e gli dia ripetutamente aiuto? «Per 25 anni ho fatto l'avvocato civilista, in quell'ambito l'ho difeso, in Cassazione avevamo vinto la causa. Lui mi è rimasto affezionato. Mi ha chiamato per avere consigli. Gli ho solo dato i nomi di alcuni avvocati, niente di peggio o di meglio». È opportuno che un giudice entri comunque in contatto con un ex assistito? «Non ci vedo niente di male. Gli ho detto chiaramente che non potevo difenderlo. E quando veniva con qualche problema gli davo risposte di buon senso. Non avevo un ruolo da svolgere, né lui me lo chiedeva». Ma è normale che lei lo facesse addirittura venire a casa sua pure di domenica? «Sono una persona cortese, se uno mi chiede di prendere un caffè a casa perché gli devo dire di no?».
Magari perché ha dei rapporti poco chiari con ambienti camorristici, come scrivono i carabinieri. «Non ho mai avuto in mano alcun elemento per dubitare di Di Nardo, mai saputo niente di camorra, ma per certo so che non è mai stato condannato».
E quella che, dalle carte dell'inchiesta, appare come una speculazione in Sardegna per costruire dei villini? «Stiamo parlando di una cooperativa in cui ho investito 10mila euro e che vedeva tra i soci partecipanti anche Mario Sancetta, presidente di una sezione della Corte dei Conti e pure revisore all'Antitrust». Non la imbarazza che il suo nome sia finito nell'inchiesta? «Sono sconcertato perché con quest'indagine non c'entro nulla.
Sarebbe questa la "cricca degli appalti"? È una cosa che mi fa solo sorridere. Ho costruito la mia vita sulla moralità e francamente questa storia non solo mi amareggia, ma mi meraviglia molto. Io non sono un complottologo, né un dietrologo, però a pensare male qualche volta non si fa peccato».