Conti pubblici, stangata in arrivo ...

 
CONTI PUBBLICI
NUOVE REGOLE SUL DEBITO: ECCO COSA CI ASPETTA
di Superbonus

IL FATTO QUOTIDIANO   -   3 ottobre 2010   pag. 10

"Il grande successo ottenuto dal governo sui nuovi principi di conteggio del debito", rivendicato da Silvio Berlusconi alla Camera dei deputati mercoledì, in realtà è un'invocazione di pietà in-dirizzata alla Germania. I tedeschi sono dietro la proposta della Commissione europea secondo cui i Paesi con un rapporto tra debito e Pil superiore al 60 per cento dovranno diminuire l'extra indebitamento del 5 per cento all'anno.
LA CORREZIONE. Facciamo un poco di calcoli: l'Italia ha un rapporto debito/Pil del 118 per cento. Quindi un eccesso di debito del 58 per cento, ossia 1044 miliardi di euro di debito in più di quello che sarebbe consentito dal nuovo patto di stabilità. In queste condizioni il governo dovrebbe varare una manovra di 55 miliardi per il solo 2011. Secondo la ricostruzione del Sole 24 Ore, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti "ha lungamente e vigorosamente sostenuto" la tesi secondo cui oltre al parametro di debito devono entrare nel calcolo altre variabili quali il debito dei privati e la sostenibilità della spesa pensionistica. Una arrampicata libera sugli specchi. Ma anche la Germania si è resa conto che un taglio di 50 miliardi all'anno del nostro debito pubblico è improponibile e significherebbe far scontare a un paio di generazioni tutti gli errori di finanza pubblica commessi negli ultimi 40 anni,. Così ha concordato sul principio che l'esigenza di risanamento possa essere mitigato da altre considerazioni: Italia, Belgio, Portogallo e Irlanda hanno trovato un appiglio per inserire i cosiddetti "other relevant factor", cioè altri fattori economici rilevanti che saranno tenuti in considerazione prima della fissazione degli obiettivi di bilancio di ogni Paese e dell'erogazione delle sanzioni in caso di sforamento. Difficilmente l'Italia potrà ottenere un via libera a non effettuare una manovra per la riduzione del debito. Difficilmente Tremonti riuscirà a convincere i partner europei che il rapporto deficit/Pil al 119 per cento previsto per il 2011 sia sostenibile nel medio termine e vada invece subito ridotto di un punto percentuale. La strada del ministro dell'Economia sta diventando sempre più stretta e ripida. Il governo ha perso tempo a celebrare la stabilità dei conti pubblici, il "non aver messo le mani in tasca degli italiani", e ha ignorato la crisi e il suo effetto sulla finanza pubblica.
IL RINVIO. In tutti i documenti economici diffusi dal ministero viene dipinto un futuro economico roseo al solo scopo di rinviare il più possibile il momento doloroso delle manovre economiche. Il risultato? Tagli lineari alla spesa che coinvolgono anche settori strategici per lo sviluppo come la ricerca e le infrastrutture e un aumento della pressione fiscale su coloro i quali le tasse già le pagano. Nel 2009 il governo aveva previsto per gli anni 2011-2013 una crescita del Pil del due per cento, nella Decisione di finanza pubblica approvata mercoledì dal Consiglio dei ministri la previsione è stata abbassata al 1,3 per il 2011. Ma si mantiene miracolosamente al 2 per cento per il 2012 ed il 2013.
L'ottimistica visione della crescita consente a Tremonti di rinviare ancora un serio piano di finanza pubblica che affronti i nodi veri della spesa pubblica e del debito. La DFP pubblicata sul sito del ministero delle Finanze è il primo tentativo di traduzione numerica del motto "tiriamo a campare e speriamo nello stellone". Con la tabella a pagina 16, per esempio, si tenta di spiegare che l'Italia è messa meglio degli altri Paesi perché la somma del debito pubblico più quello privato è inferiore alla media europea. Peccato che dalla stessa tabella apprendiamo che la Grecia ha un rapporto migliore del nostro. E' bizzarro sostenere una tesi e smentirla nella stessa tabella. Se questo è il ragionamento sul quale si basa "il giudizio complessivo sulla sostenibilità finanziaria" dei Paesi europei sarà difficile che qualcuno ci consenta di non rimandare il risanamento. Se non ce lo imporrà la Commissione europea, lo faranno i mercati che chiederanno un tasso di rendimento più elevato per sottoscrivere le emissioni obbligazionarie del Tesoro. Un bel guaio per l'impalcatura propagandistica berlusconiana che anche in questi giorni promette riduzioni delle tasse. Ma un bel guaio anche per chi si troverà a governare dopo Berlusconi.
 
 
 

Dell'Utri, la P3 e le guerre interne al Pdl

 
Martino: "Dell'Utri usava la P3 nelle guerre interne al Pdl"
di Rita Di Giovacchino

IL FATTO QUOTIDIANO   -   2 ottobre 2010   pag. 8

La decisione sulla scarcerazione di Arcangelo Martino, attesa per giovedì pomeriggio, è stata rinviata a lunedì. Il "pentito" della P3 è ormai agli arresti domiciliari, forse ai giudici del Riesame non sembra così urgente concedergli la libertà condizionale. Certamente sulla sua volontà di collaborare è prevalso nell'ultimo periodo lo stato confusionale in cui è piombato dopo la morte della moglie. "È stata l'unica cosa bella che ho avuto e ora non c'è più. Non preoccupatevi, non ho paura a confrontarmi in modo durissimo neppure con Berlusconi e Letta, ho già perso tutto". Nell'attesa l'inchiesta procede e nella stanza del procuratore aggiunto Capaldo vengono rilette le centinaia di pagine in cui l'ex assessore napoletano ricostruisce l'intero patto "sceleris" che lo univa a Carboni, Lombardi, Dell'Utri, Verdini, Caliendo, Sica.
SI TORNA a parlare di nuove iscrizioni sul registro degli indagati, i nomi sono quelli circolati a luglio, persone già interrogate. Ma grazie a Martino si aggrava la posizione di due toghe eccellenti come l'ex presidente della Cassazione Carbone e l'ex avvocato generale Martone. I loro nomi, Vincenzo e Antonio, sono i più frequenti, entrambi vengono indicati come i protagonisti di vari capitoli dell'inchiesta.
Ma è soprattutto il caso Cosentino ad occupare le sette pagine dell'interrogatorio di Napoli. "Lombardi ci aveva lavorato insieme in un Consorzio, si era impegnato a 'ripulire' la sua posizione giudiziaria, doveva essere accolto il ricorso in Cassazione, subito per consentirgli di correre per la Campania e lui contava su Carbone e Caliendo", racconta ai pm Narducci e Milita il 17 settembre scorso. Tutti i partecipanti all'affaire Cosentino inseguono un interesse personale. Martino confessa di sognare un seggio al Senato "che Roma gli aveva promesso", Lombardi si accontenta anche di un posto di assessore in Campania, Carbone aspira a un "incarico importante dopo la pensione", Martone vuole sistemare il figlio commercialista. "So che Lombardi ne parlò a Dell'Utri". Non è solo Pasqualino a dire "m'hanno a dà qualcosa". È il motto di tutti, perfino Dell'Utri insegue attraverso la P3 qualche rivalsa. Spiega Martino il 24 settembre ai pm romani: "Nel partito c'era una guerra violenta tra gruppi. Dell'Utri voleva fare il partito del Sud e c'era la Brambilla che era la più preferita di Berlusconi". Tutti contro tutti e quando la Cassazione – nonostante Carbone sia riuscito a fissare l'udienza per il 27 gennaio – respinge il ricorso di Cosentino, Lombardi è a pezzi: "Tutta colpa degli avvocati e di Martone che ha tradito gli accordi".



Le bande armate della Lega

 
Lodo Lega, la banda armata non è più reato
di Marco Travaglio

IL FATTO QUOTIDIANO   -   2 ottobre 2010   pag. 1

Dopo tante leggi ad personam/s per Silvio B., eccone una per i fedelissimi di Umberto B., in nome della par condicio. La norma è ben nascosta in un decreto omnibus che entra in vigore fra pochi giorni, il 9 ottobre: il Dl 15.3.2010 n. 66 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'8 maggio col titolo "Codice dell'Ordinamento Militare". Il decreto comprende la bellezza di 1085 norme e, fra queste, la numero 297, che abolisce il "Dl 14.2.1948 n. 43": quello che puniva col carcere da 1 a 10 anni "chiunque promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni di carattere militare, le quali perseguono, anche indirettamente, scopi politici" e si organizzano per compiere "azioni di violenza o minaccia".
Il trucco c'è e si vede: un provvedimento che abroga una miriade di vecchie norme inutili viene usato per camuffare la depenalizzazione di un reato gravissimo e, purtroppo, attualissimo. Chissà se il capo dello Stato, che ha regolarmente firmato anche questo decreto, se n'è accorto.
L'idea si deve, oltreché al ministro della Difesa Ignazio La Russa, anche al titolare della Semplificazione normativa, il leghista Roberto Calderoli. Che cos'è venuto in mente a questi signori, fra l'altro nel pieno dei nuovi allarmi su un possibile ritorno del terrorismo, di depenalizzare le bande militari e paramilitari di stampo politico? Forse l'esistenza di un processo in corso da 14 anni a Verona a carico di politici e attivisti della Lega Nord sparsi fra il Piemonte, la Liguria, la Lombardia e il Veneto, accusati di aver organizzato nel 1996 una formazione paramilitare denominata "Guardia Nazionale Padana", con tanto di divisa: le celebri Camicie Verdi, i guardiani della secessione. Processo che fino a qualche mese fa vedeva imputati anche Bossi, Maroni, Borghezio, Speroni e altri cinque alti dirigenti che erano parlamentari all'epoca dei fatti, fra i quali naturalmente Calderoli.
In origine, i capi di imputazione formulati dal procuratore Guido Papalia sulla scorta di indagini della Digos e di copiose intercettazioni telefoniche, in cui molti protagonisti parlavano di fucili e armi varie, erano tre: attentato alla Costituzione, attentato all'unità e all'integrità dello Stato, costituzione di una struttura paramilitare fuorilegge. Ma i primi due, con un'altra "legge ad Legam", furono di fatto depenalizzati (restano soltanto in caso di effettivo uso della violenza) nel 2005 dal centrodestra ai tempi del secondo governo Berlusconi. Restava in piedi il terzo, quello cancellato dal decreto La Russa-Calderoli.
I leader leghisti rinviati a giudizio si erano già salvati dal processo grazie al solito voto impunitario del Parlamento, che li aveva dichiarati "insindacabili", come se costituire una banda paramilitare rientrasse fra i reati di opinione degli eletti dal popolo. Papalia ricorse alla Corte costituzionale con due conflitti di attribuzioni fra poteri dello Stato contro la Camera, ma non riuscì a ottenere ragione.
Restavano imputate 36 persone, fra le quali Giampaolo Gobbo, segretario della Liga Veneta e sindaco di Treviso e il deputato Matteo Bragantini. Ma ieri, nella prima udienza del processo al Tribunale di Verona, si è alzata l'avvocatessa Patrizia Esposito segnalando ai giudici che anche il reato superstite sta per evaporare: basta aspettare il 9 ottobre e tutti gli imputati dovranno essere assolti per legge. Stupore generale: nessuno se n'era accorto. Al Tribunale non è rimasto che prenderne atto e rinviare il dibattimento al 19 novembre, in attesa dell'entrata in vigore del decreto. Dopodiché il processo riposerà in pace per sempre. Le camicie verdi e i loro mandanti possono dormire sonni tranquilli. Il Partito dell'Amore, sempre pronto a denunciare il "clima di odio che può degenerare in violenza", ha depenalizzato la banda armata. Per l' "associazione a delinquere dei magistrati" denunciata da B., invece, si procederà quanto prima alla fucilazione.
 
 
 

Firenze, i sostenitori dei tunnel TAV si nascondono

 
Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze


COMUNICATO STAMPA   -   Firenze, 30 settembre 2010
 
 
La vicenda dei tunnel TAV di Firenze prende il sapore di omertà

Il Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze denuncia con sgomento l'ennesimo mancato confronto con i sostenitori del progetto di tunnel e stazione AV ai Macelli.
Il 29 settembre alla trasmissione "L'Inchiesta" condotta da Patrizia Menghini su RTV38, è venuta meno, all'ultimo momento, la presenza del consigliere regionale del PD Matteo Tortolini.
Il Comitato non vuol recriminare per un singolo caso di mancato incontro – l'assenza di Tortolini forse sarà giustificata – ma denuncia con forza la totale mancanza di qualunque tipo di confronto con i sostenitori dell'opera, specialmente con la maggioranza in Regione Toscana. L'invito a partecipare alla trasmissione era stato fatto anche all'assessore alle Infrastrutture Luca Ceccobao, al coordinatore settore infrastrutture PD nazionale Riccardo Conti, alle Ferrovie dello Stato; tutti hanno rifiutato.
Sono ormai cinque anni che il Comitato che si oppone al progetto di TAV in sotterranea ha tentato in ogni modo un dialogo con le istituzioni locali. E' stato concesso, nella passata legislatura, qualche consiglio di Quartiere aperto - imposto dal regolamento comunale -. ma alcuni di questi sono stati malamente boicottati dai relativi presidenti (Quartiere 1 e 5).
Ormai i cittadini hanno imparato a memoria la litania recitata stancamente da assessori e presidenti sull'"opera strategica", sulla "necessità di liberare i binari per il servizio regionale" (ma dal prossimo gennaio il servizio regionale sarà ridimensionato!), sul fatto che "l'alta velocità non può saltare Firenze" (non si sono accorti che l'AV passa già da Firenze?). Tutti slogan che si vorrebbero solo discutere con i sostenitori dell'opera. Cittadine e cittadini del comitato sono apertissimi al confronto e se si dimostrerà loro che scavare due tunnel e una stazione sotto terra è utile a Firenze, che risolverà i problemi di mobilità, chiederanno scusa se hanno dubitato delle buone ragioni di chi sostiene il sottoattraversamento.
Ma un confronto e un dialogo ci deve essere! Rifiutarlo apertamente o con il silenzio è un'offesa anche allo spirito democratico di cui ci si vanta tanto in Toscana. La Regione, che ha passato anni nella discussione di una legge che dovrebbe favorire la partecipazione dei cittadini, si rifiuta di sedere accanto a persone che non hanno alcuna competenza scientifica o tecnica, ma solo la passione di capire cosa sta accadendo sotto le loro case, nell'aria che respirano, ai soldi delle tasse che pagano! E' una cosa da non credere.
Il Comitato contro i tunnel si sta convincendo che, all'interno delle istituzioni politiche regionali, all'interno delle Ferrovie, in Nodavia la consegna vigente è "TACERE SUI TUNNEL", portare avanti la cantierizzazione (i lavori attuali dovrebbero essere solo per la realizzazione dei cantieri) e mettere le persone davanti al fatto compiuto, instillare la rassegnazione in chi sta maturando sempre più dubbi e contrarietà all'opera.
Se questo è il livello del dibattito e della politica fiorentina possiamo davvero dire "sotterriamoci tutti".