Abruzzo: senza tetto né legge

 
MAFIA IN CALCESTRUZZO
ABRUZZO: SUBAPPALTI, 80 IMPRESE SOSPETTE
di Enrico Fierro
 
IL FATTO QUOTIDIANO  -  21 ottobre 2009   pag. 2

L'ultima impresa sospetta viene dalla Campania. Ha preso lavori per 44 milioni di euro, a leggere bene assetti societari e bilanci è tutto in regola, tutto pulito, certificazione antimafia compresa. Ma il sospetto, molto fondato, degli investigatori dell'antimafia è che dietro un paravento apparentemente legale si nasconda un tentacolo della camorra spa. Che certo non poteva farsi sfuggire il grande business della ricostruzione dell'Abruzzo. Il 15 ottobre i parlamentari della Commissione antimafia sono rimasti a bocca aperta quando investigatori della Dia e magistrati della procura nazionale hanno illustrato il primo dossier su mafie e ricostruzione. Tre ditte sono state già bloccate ("Fontana costruzioni", di San Cipriano d'Aversa, "Di Marco", di Carsoli, e la "Icg" di Gela), ma i nomi sono molti di più.
L'ultimo blitz nei cantieri del progetto "C.a.s.e." sabato scorso con l'individuazione di almeno altre quattro imprese diretta emanazione o in collegamento con mafia e camorra. Ma il lavoro è ancora lungo. "Perché – spiega un investigatore – non troveremo mai una ditta con dentro gli assetti societari nomi compromessi. Il gioco è più complesso. Si parte da una azienda capofila e si arriva ad un ginepraio di subappaltatori, sigle e nomi che rimandano ad altri nomi. La grossa impresa nazionale che si aggiudica lavori importanti, quando scegli il subappalto bada solo al prezzo basso. Non si pone altri problemi". Sarebbero almeno una ottantina le ditte "sospette" pronte a spartirsi una torta da 169 milioni di euro, a tanto ammontano i subappalti del dopoterremoto. E i controlli? Scarsi e contraddittori. Durante la visita della Commissione antimafia ha fatto scalpore la vicenda di una gara d'appalto per la fornitura di calcestruzzo. Tre lotti vinti da un'impresa insospettabile che per una subfornitura si è però rivolta alla "Sicabeton", una società segnalata in una sorta di black list il 20 maggio dalla Direzione nazionale antimafia, un elenco di ditte che hanno avuto problemi di collegamenti con soggetti mafiosi. In una informativa si faceva riferimento a un ex direttore tecnico che negli anni ottanta sarebbe stato legato ad Angelo Siino, il "ministro dei lavori pubblici" di Cosa Nostra ai tempi di Totò Riina. Il 2 giugno la Prefettura de l'Aquila sconsiglia alla Protezione civile l'impiego della "Sicabeton", salvo poi cambiare idea il 19 giugno. Ora quell'impresa può ricevere l'ordine di subfornitura. Il 25 agosto nuovo cambio di scena: la "Sicabeton" deve essere tenuta fuori. Una confusione evidente che certo non aiuta la lotta alle infiltrazioni mafiose.
Ma a favorire l'ingresso di imprese "in odore" nel più grande cantiere d'Europa, sono le stesse leggi del governo. All'articolo 2 del decreto per la ricostruzione dell'Abruzzo si affida al capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, il potere di assegnare appalti con procedura negoziata, senza bando di gara, nonché la possibilità di subappaltare fino al 50% delle opere. Tutto in deroga alle norme del codice sugli appalti. Un decreto del capo del governo avrebbe dovuto definire le modalità per la tracciabilità dei flussi finanziari, nonché la costituzione di un elenco di fornitori e prestatori di servizio non a rischio di inquinamento mafioso. "Ma tutto ciò – denuncia il senatore Luigi Li Gotti, di Italia dei valori – non è avvenuto. L'articolo 2 del decreto è stato applicato, il sottosegretario Bertolaso ha proceduto ad affidare appalti con subappalti fino al 50%". Li Gotti ricorda la visita della Commissione parlamentare antimafia. "Il quadro emerso delinea uno scenario preoccupante. La ricostruzione attira le mafie, nascono società, aprono uffici, si formano complessi intrecci, il danaro ha cominciato a scorrere, imprese a rischio mafioso si affacciano e ricevono incarichi di lavoro senza bandi di gara".
Un allarme lanciato anche da Vittorio Cogliati Dozza, presidente di Legambiente. "Il fatto che vi siano aziende edili riconducibili alle cosche non solo nei subappalti ma anche titolari degli appalti per i lavori del progetto Case, dimostra che la vigilanza del governo ha fatto fiasco. Ma, accanto alle forze dell'ordine, è importante che ci sia interesse alla legalità e alla trasparenza. È per questo che l''Osservatorio Ricostruire pulito', che abbiamo istituito con Libera e Provincia, chiede agli aquilani di segnalare qualsiasi situazione che possa indurre al sospetto".



CASE PRIMA DEL GELO: LE VERSIONI DEL "MIRACOLO" DEL PREMIER

IL FATTO QUOTIDIANO  -  21 ottobre 2009   pag. 3

L'aveva giurato sulle macerie fresche e la tragedia nell'aria: "La sfida – disse Berlusconi - è costruire queste case prima che arrivi il freddo: è una sfida visionaria, di lungimirante follia e il ministro dell'Economia ha messo 700 milioni a disposizione per questo progetto".   Le prime due case a Preturo vengono montate il dieci luglio, a tre mesi dal terremoto. Il giorno seguente viene ufficializzato il progetto per 4.700 alloggi. Poche decine di casette in legno sono pronte a metà settembre e vengono celebrate da Berlusconi con la diretta a reti unificate di "Porta a Porta": "Battuto ogni record", dice Berlusconi. E invece si   sbaglia ancora: 162 giorni trascorsi dal sisma de l'Aquila, 47 casette consegnate. In Irpinia (1980) impiegarono 122 giorni per 150 casette. Il 28 settembre a Bazzano hanno ultimato altre 500 abitazioni. Ne mancano migliaia. Il freddo è arrivato, ieri sera all'Aquila c'erano zero gradi e la gente batte i denti nelle tende.



FINANZIAMENTI BLUFF E CONSULENTI INDAGATI
La beffa della ricostruzione. Bertolaso scarica sui Grandi. Le ombre sull'uomo di Formigoni
di Sandra Amurri

IL FATTO QUOTIDIANO  -  21 ottobre 2009   pag. 3

"Le promesse fatte dai Paesi del G8 sono svanite, ad oggi non abbiamo ancora ricevuto un singolo euro dalle nazioni che si erano fatte avanti». A dirlo è Guido Bertolaso. Sì, non state sognando, il G8, voluto da Berlusconi a L'Aquila, dopo aver speso ben 363 milioni di euro per i lavori nella sua sede originaria -La Maddalena - ha prodotto un solo risultato: accrescere l'immagine personale del premier. Ricorderete quante volte Berlusconi, durante le sue comparsate tv, ha ribadito che i Grandi della Terra arrivati a Coppito non si sarebbero dimenticati dei terremotati, come dire: l'idea di spostare il G8 in Abruzzo si è rivelata geniale e mette a tacere tutte ogni polemica. Ma quel fiume di soldi si è rivelato essere neppure un ruscello. "Gli abruzzesi si sentiranno meno soli, il mondo è con loro" strimpellavano le tv di sua proprietà e pubbliche, divenute terra della sua conquista. I maligni sostengono che la sua immagine all'estero sia precipitata al punto che se lo sono dimenticato, mentre Bertolaso opta, ovviamente, per una tesi più clemente: "Semplicemente alle parole non hanno fatto seguire i fatti. Noi siamo in grado di farcela da soli, come abbiamo sempre dimostrato".
Mentre i danni prodotti dal G8 restano: "Abbiamo subito due esodi, uno imposto dal terremoto e uno dal G8" è il commento di Carmine Basile, presidente Arci Abruzzo. "La città era un deserto, chiusi gli esercizi pubblici, i dipendenti degli uffici in ferie forzate".Per non parlare dei disagi nelle tendopoli per gli approvvigionamenti e i servizi che erano da corso di sopravvivenza. E quando arriva la solidarietà, seppure con soldi pubblici, non è mai senza pegno. Formigoni ha imposto al Presidente della Regione Abruzzo, Chiodi, di nominare come "soggetto attuatore" (con amplissimi poteri) per la ricostruzione delle opere offerte dalla Regione Lombardia (casa dello studente,120 posti su terreno della Curia, che verrà inaugurata il 4 novembre, costo 7 milioni di euro) l'ingegner Antonio Rognoni, direttore Generale della "Infrastrutture Lombarde SpA" (società con capitale interamente della Regione). Finito in una inchiesta partita dal pm di Potenza Woodcock - atti poi trasferiti ai pm di Maio e Pirrotta - sulla costruzione della nuova sede della Regione lombarda, lavori appaltati da Infrastrutture Lombarde spa al Consorzio Torre di cui Impregilo (che ha costruito l'ospedale aquilano S. Salvatore che nonostante la giovane età, 9 anni, non ha retto al sisma) detiene il 90%, per un importo di oltre 185 milioni, in cui è indagato anche Alberto Rubegni, ad di Impregilo. Rognoni è accusato di turbata libertà degli incanti e concussione. Solo accuse per ora certo ma come dice l'arcivescovo di Chieti-Vasto, Forte: "La ricostruzione deve avvenire non solo in tempi rapidi, ma anche nel rispetto dell'ambiente e dell'agire morale". La tecnica adottata non sarebbe originale: alla stazione appaltante Infrastrutture Lombarde sarebbero state imposte varianti attraverso   le quali i costi dell'appalto sarebbero stati ampliati a dismisura rispetto all'importo iniziale. Rognoni si dice "sereno del lavoro dei magistrati" mentre per i carabinieri del Noe di Roma che hanno consegnato ai pm un fascicolo di 50 pagine, sarebbero stati riscontrati "molteplici elementi indiziari circa l'esistenza di fatti di reato, contro la pubblica amministrazione, posti in essere in maniera sistematica e in assetto organizzato" che hanno evidenziato soprattutto "la patologica non linearità dei rapporti esistenti tra Rognoni e, Luciano Ciapponi, direttore tecnico di Impregilo". Con le mani nella ricostruzione c'è anche l'ing. Giancarlo Masciarelli, consulente di diverse imprese che si sono aggiudicate il ricco appalto del progetto C.a.s.e , finito in carcere e rinviato a giudizio nell'inchiesta "Operazione Bomba", sulla gestione dei finanziamenti pubblici erogati dalla finanziaria regionale per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, falso, malversazione di contributi pubblici e indagato anche nell'inchiesta sulla sanità.
Intanto in Abruzzo, assieme alla neve arriva la protesta per la mancata trasparenza nell'affidamento dei generi di prima necessità come pane, pasta, carne, ma anche saponi e tovaglie: non si conoscono i fornitori della Protezione civile e con quali criteri siano state scelte le ditte in quanto, proprio per l'emergenza si è adottato il criterio dell'affidamento diretto. E si chiede ragione del perché non ci si è rivolti ai produttori locali, risparmiando soldi e incrementando l'economia. Gli allevatori, gli esercenti e i produttori di latte locali riuniti nella Centrale del latte (che grazie alle 26mila vacche,produce latte e formaggi in grado di alimentare l'intero territorio) denunciano la "totale mancata considerazione dei loro prodotti. Niente gare ad evidenza pubblica, nessun bando a parte quello sul reperimento della carne, non pubblicizzato". Gli allevatori sono riusciti a fare solo un paio di piccole forniture di carne al campo di Piazza d'Armi, per il resto nelle tende si consuma carne e prodotti che vengono da fuori. A ciò si aggiungono manovre per affossare la Centrale del latte, il sito fa gola ad alcune grandi holding. Ma il latte aquilano nei campi non ci va.
 
(in collaborazione con PrimaDaNoi.it )