Alta velocità, bassa sicurezza
di Cinzia Gubbini
È considerata la più grande opera pubblica italiana dal dopoguerra. Domani si inaugura la linea ferroviaria ad alta velocità che unirà Napoli e Torino in 5 ore contro le attuali 8,20. Per la prima volta - dopo gli esperimenti di collaudo - un treno passeggeri sfreccerà a 300 chilometri orari sotto la galleria che collega Firenze a Bologna, la più lunga d'Europa: una lunga serie di trafori che complessivamente copre 73 chilometri su una linea di 78. Più o meno mezz'ora di buio. Della galleria in questione si è molto detto: che è un'opera avveniristica perché ha scavato l'Appennino, catena montuosa composta da materiali particolarmente difficili e per questo croce di ogni ingegnere. Che non esiste un'infrastruttura di eguale complessità al mondo. Molto meno si sente parlare delle polemiche sulla sua sicurezza, che pure sono state roventi e continuano a far discutere. Di fatto questa eccezionale opera ingegneristica nasce già vecchia, fuori norma rispetto agli attuali standard italiani e europei. I treni, infatti, viaggeranno per 60 chilometri dentro un'unica canna, con uscite di sicurezza che non sono facili da utilizzare per i soccorritori. In tutto il mondo le gallerie almeno bi-tubo (cioè con una canna per l'andata e una per il ritorno) sono ormai un must. La Bologna-Firenze, invece, non ha neanche una galleria parallela, fatta eccezione per gli ultimi undici chilometri (nel tratto di avvicinamento a Firenze), gli unici sui quali peraltro è stato chiesto il parere dei Vigili del fuoco. I quali, era il '98, risposero non soltanto chiedendo di cambiare alcune caratteristiche del progetto della galleria di servizio, ma rimarcando che per gli altri 60 chilometri di tratta «si nutrono seri dubbi sulla rapidità ed efficacia delle azioni di soccorso».
Uscita di sicurezza
Da allora qualcosa è cambiato, ma nulla per quanto riguarda le uscite, che sono rimaste le stesse. Quelle utilizzate dal consorzio Cavet - che ha avuto in gestione dalla Fiat (general contractor per Tav) il progetto esecutivo - per scavare la galleria. Quando si costruisce un tunnel di questa grandezza, infatti, è necessario «aggredire» la montagna da più punti. Quei punti di scavo oggi sono le finestre di uscita dalla galleria. Ma la distanza tra l'una e l'altra a volte è superiore a quanto previsto dai requisiti minimi di una legge del 2005, che pur essendo stata approvata dieci anni dopo il progetto della tratta, stabilisce anche i criteri e i tempi di adeguamento per le gallerie come questa. Una legge che, secondo alcuni, sembra «ritagliata» proprio sul progetto della Tav. D'altronde chi ha firmato quel decreto, l'allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, la tratta Bologna-Firenze la conosce bene. La ditta Rocksoil - tra le maggiori esperte nello scavo di tunnel - ha partecipato alla progettazione dell'opera, ed è di proprietà di alcuni famigliari dell'ex ministro.
La questione è seria. Eppure, a quanto pare, non bisogna disturbare il manovratore. Domani si prevedono festeggiamenti in pompa magna. Anche il presidente del Consiglio arriverà a Milano - luogo scelto per la celebrazione - con il treno che parte da Torino. Altre autorità viaggeranno su quello in partenza da Salerno. Si tratta del battesimo ufficiale, la linea infatti apre al pubblico il 13 dicembre. Ma sulla questione della sicurezza le bocche sono cucite. Cercare informazioni ufficiali è stato difficilissimo, anzi impossibile.
Non disturbare il manovratore
Per avere riscontri su quanto raccontiamo abbiamo inviato domande scritte a Ferrovie, che però non ha risposto in alcun modo. Abbiamo contattato i vigili del fuoco. Idem. Non risponde persino il ministero dei trasporti, dove in base al decreto del 2005 è stata istituita una Commissione incaricata di verificare che la sicurezza in galleria sia a norma. Il parere della Commissione dovrebbe essere pubblico, visto che la legge è stata promulgata in nome del popolo italiano. Invece dopo un mese di richieste per poter avere delle risposte dal presidente della commissione, tutto si è bloccato. E' tempo di festa, non di lacrime.
Chi ha raccolto pazientemente i dati e continua ancora oggi a bussare a tutte le porte per avere trasparenza è un'associazione di Firenze che si chiama Idra (anche in rete): sono loro ad avere messo insieme in quindici anni di attività un archivio ricchissimo di informazioni, che spesso hanno avuto l'effetto di costringere le istituzioni a muoversi. «Domani saremo con i comitati di Bologna in piazza della Stazione per dire che in quella galleria per il momento non ce la sentiamo di entrare - dice il presidente Girolamo Dell'Olio - perché 60 chilometri di tunnel senza la galleria di servizio, con finestre di accesso dall'alto ripide e lontane, senza neppure sapere come è organizzato il sistema di soccorso sarebbero un incubo!». Lungo tutto il percorso le «finestre» sono 15. Secondo il decreto 2005 le uscite all'interno delle galleria come questa dovrebbero essere entro i quattro chilometri. Si tratta di requisiti minimi, che vengono approvati subito dopo l'ennesimo incidente nel traforo del Frejus - avvenuto nel giugno del 2005 - che convinse l'Europa a mettere mano alla normativa. Nel 2007, infatti, l'Ue ha emanato una direttiva che prevede per le gallerie a unica canna uscite di sicurezza addirittura ogni chilometro. Il decreto dell'ottobre 2005 in qualche modo «salva» la Tav: le finestre di scavo si trovano quasi sempre a circa quattromila metri di distanza l'una dall'altra. Anche se in quattro tratti, nelle gallerie di Monte Bibele, di Vaglia e di Raticosa, le distanze sono in alcuni casi superiori ai cinque. Bisogna considerare, inoltre, che una volta l'uscita di emergenza arrivare alla luce non è semplice: le «discenderie» che collegano con l'esterno sono lunghe anche più di un chilometro, e soprattutto sono in salita. Chi per sventura dovesse mettersi in salvo attraverso la finestra Osteria, che si trova nella galleria Raticosa, dovrà percorrere 1.307 metri con una pendenza del 11,4%: significa che ogni 100 metri ne sali 11,4, cioè come tre piani di un palazzo.
La variante di sicurezza
Nel 2006 la tratta Bologna-Firenze è stata oggetto di una «variante di sicurezza» che è costata circa 600 milioni di euro. Sono stati studiati sistemi molto sofisticati per prevedere possibili rischi; sono stati innovati gli impianti; è stato inserito un sistema di gestione del traffico che, in caso di emergenza, permette di fermare i treni in 17 punti prestabiliti e attrezzati per l'esodo dei passeggeri (posti di esodo), posizionati in corrispondenza delle uscite di emergenza e in prossimità degli imbocchi. Tutte cose utili. Ma la variante prevedeva anche altri interventi tesi a facilitare quello che già nel progetto sulla sicurezza del '95 viene definito «autosoccorso»: la fuga a piedi. Ad esempio le Zer, zone ad evacuazione rapida. Piccoli cunicoli paralleli ai binari, forniti di numerose finestre di ingresso, che dovevano aiutare il deflusso dei passeggeri lungo la linea. Ma sono rimaste sulla carta. Secondo fonti non ufficiali, perché i soldi non erano sufficienti. Eppure per Ferrovie la sicurezza all'interno della galleria è massima, almeno secondo il criterio della sicurezza statistica. Illuminante una frase dell'amministratore delegato di Ferrovie, Mauro Moretti, durante una trasmissione del programma Exit del 2008 che mandò in onda un servizio molto documentato sull'argomento: «In termini statistici - spiegò Moretti - questa galleria è sicura come una centrale nucleare» (sic).
Gli ultimi ritocchi
Ma non finisce qui. Perché a quanto risulta, nonostante la variante del 2006, gli «aggiustamenti» sono continuati fino a poche settimane fa: sono stati rifatti i marciapiedi di fronte le finestre per le uscite. Si sarebbe scoperto che erano troppo distanti dalle porte del treno (come detto, si ferma «a bersaglio») e i passeggeri, cercando di mettersi in salvo, avrebbero rischiato di cadere nel «buco». La modifica sarebbe stata proposta dalle Prefetture, dove proprio in queste ultime ore si stanno concludendo i lavori dei tavoli territoriali convocati per redigere i piani di emergenza. Gli enti locali, infatti sono stati convocati soltanto questa estate per discutere della sicurezza della galleria. Anche in questo caso la domanda sorge spontanea: ma bisognava aspettare l'inaugurazione per avviare queste consultazioni? Non a caso solo di recente è emerso il grido d'allarme dell'assessore alla mobilità di Bologna Simonetta Saliera: «Noi non entriamo nel merito della sicurezza interna alla galleria - spiega l'assessore - ma di quella 'esterna': ci occupiamo, cioè, di assicurare che ci siano le condizioni per i mezzi di soccorso di raggiungere le piazzole d'emergenza che si trovano fuori dalle finestre. Per raggiungere Pianoro, dove si trova una di queste piazzole, la strada più breve è talmente stretta da impedire il passaggio dei mezzi dei vigili del fuoco. Secondo Ferrovie bisognerebbe allungare di cinque chilometri e passare per il nodo di Rastagnano che, però, è una delle zone più congestionate dal traffico». In progetto c'era una variante stradale che avrebbe dovuto essere costruita con l'impegno di Ferrovie e del ministero dei lavori pubblici. Per varie vicissitudini non se n'è fatto niente: «Ma Ferrovie - prosegue Saliera - ha accantonato 7 milioni di euro che intanto potrebbero essere utili per mettere in piedi un primo stralcio». L'assessore ha anche un'altra richiesta per Ferrovie: «Siamo in zone di montagna, che non ricada sugli enti locali la spesa per rendere agibili le strade di accesso in tutte le stagioni».