Eutelia, manifestazione dei lavoratori di fronte a Palazzo Chigi

 
COSÌ EUTELIA RIESCE A STANARE PALAZZO CHIGI
Parte la trattativa con Gianni Letta Bersani e Di Pietro nel corteo
di Beatrice Borromeo

IL FATTO QUOTIDIANO  -  18 novembre 2009  pag. 9

Ieri è arrivata la prima buona notizia per i diecimila lavoratori di Eutelia che sono scesi in piazza per protestare contro i licenziamenti: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ha ricevuto una delegazione a Palazzo Chigi e ha fissato per il 27 novembre un incontro con azienda, sindacati e dipendenti per cercare di risolvere la crisi.
Con la manifestazione romana di ieri (8-10 mila lavoratori del gruppo Omega in corteo) e quella della Cgil di sabato scorso, la vicenda di Eutelia è diventata un caso nazionale. "Si sono accorti di noi, speriamo che non sia troppo tardi", dice Mirco, che al collo ha un cartello con su scritto "Omega, licenziato numero 192". Il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, condivide la preoccupazione: "Queste persone sono nelle mani di imprenditori che stanno rubando i soldi lasciando l'azienda spolpata. Presto non resterà più nulla da salvare".
I fatti ormai sono noti: secondo le accuse dei sindacati e dei dipendenti, Omega è un'azienda "killer" che acquisisce personale per tenerlo fermo mirando a fallire per non pagare le liquidazioni. Del gruppo fanno parte oltre diecimila operatori, la maggior parte dei quali non riceve lo stipendio da agosto. Tutti rischiano il posto e 1192 di loro hanno ricevuto la lettera di licenziamento (a soli cinque mesi dall'acquisizione da parte di Omega del loro ramo di azienda). Ha sfilato in corteo anche il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani: "La vicenda Eutelia è inaccettabile. Si tratta di un settore (quello dell'informatica) in espansione. Invece oscuri meccanismi e scatole cinesi mettono in pericolo il posto di lavoro di queste persone". La soluzione? Per Bersani è indispensabile che il governo "prenda in mano la situazione e imponga, al più presto, l'amministrazione controllata". Lo stesso chiedono i dipendenti, che non vogliono più sentire parlare della proprietà né di Eutelia (la famiglia Landi), né di Omega, che secondo loro sono complici. I contatti con Letta li stabilisce il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, alle 9 e 30 di ieri mattina, telefonandogli in viva voce dal centro del presidio. I lavoratori, raccolti attorno all'obelisco di piazza Esquilino, cominciano la marcia verso Palazzo Chigi. Ci sono i dipendenti di Agile, di Phonemedia, di Eutelia. Tutti acquisiti da Omega e lasciati senza stipendio. "Stiamo così da tre mesi" – dice una donna ai politici presenti nel corteo – "voi dove eravate?". Ci sono anche l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano e la deputata Pd Marianna Madia.
Ad attirare l'interesse nazionale sullo scandalo dei licenziamenti mascherati è stata l'irruzione di Samuele Landi, ex amministratore delegato di Eutelia, nello stabilimento occupato. Armato di 'piedi di porco' e guardie private, Landi (il suo soprannome è "Capitan Uncino") ha cercato – come ha spiegato al Fatto –, di "sgomberare Eutelia per difendere i diritti degli imprenditori contro i lavoratori", e con questo obiettivo è intenzionato a scendere in politica. "Landi – commenta Bersani – ha un bel coraggio. Fa paura pensare che una realtà aziendale così importante finisca in mano a queste persone". Dalla piazza ci tengono a chiarire che quella di Eutelia non è la storia di una crisi, ma di uno scandalo, di una truffa. Di Pietro: "Questa è un'appropriazione truffaldina dei vostri Tfr e delle vostre vite". 54 milioni di euro è la cifra cui ammontano i trattamenti di fine rapporto che Eutelia avrebbe dovuto pagare ai suoi lavoratori, se li avesse licenziati. Vendendo il ramo d'azienda Agile a Omega in cambio di un prezzo – come dice Landi – "simbolico", Eutelia ha evitato di pagare.
La regia, secondo la piazza, è della banca Monte de' Paschi di Siena: "Questo istituto – spiega Gianni Seccia della Fiom – è il principale creditore di Eutelia, che è esposta nei confronti di Monte de' Paschi, guarda che coincidenza, proprio per 54 milioni di euro". La Monte de' Paschi, in un comunicato, contesta l'entità del credito (dicendo che ammonta a 27 milioni) e ribadisce l'assoluta estraneità alle scelte aziendali di Eutelia, specificando di essere solamente un suo finanziatore. Così lo striscione in testa al corteo, stretto nelle mani di sole donne: "Eutelia, Monte dei Paschi, Mediaset, loschi affari sulla pelle dei lavoratori". Il sindacalista Fabrizio Potetti spiega la protesta contro Mediaset: "Eutelia entra nella battaglia sulle televisioni tra Berlusconi e Murdoch. Mediaset, per competere con Sky, vuole accelerare lo sviluppo dell'Internet tv. Quindi le serve l'infrastruttura. Eutelia possiede circa 13 mila chilometri di fibra ottica che Mediaset potrebbe utilizzare per far viaggiare i propri contenuti. Ora, con duemila dipendenti in meno, Eutelia è molto più appetibile perché ha bilanci più leggeri". Di Pietro spiega così la pigrizia del governo nell'affrontare lo scandalo Eutelia: "Berlusconi ha un forte interesse nell'informatica. Ecco perché Palazzo Chigi non si muove. É l'ennesima conseguenza del conflitto d'interessi del presidente del Consiglio".

 
NON É LA CRISI CHE HA PRODOTTO IL DISASTRO
di Furio Colombo

IL FATTO QUOTIDIANO  -  18 novembre 2009  pag. 9

Se vi aggirate in piazza dell'Esquilino a Roma la mattina di lunedì, tra la folla di uomini e donne che si prepara al corteo con le bandiere sindacali (Cgil, Cisl), i fischietti, il megafono, provate un senso si spaesamento. Dove siamo? Chi sono queste persone? Di quale parte o episodio della crisi stiamo parlando? Questa infatti è una folla diversa. C'è un aria di buoni studi, di competenza professionale, ti raccontano fatti e cifre, non lamentele. Molti, scherzosamente, si salutano in inglese. Ma non come parodia di un film. Piuttosto, sembra di capire, come pratica quotidiana. Questi uomini e queste donne con le bandiere e i fischietti che stanno per iniziare una delle tante marce sindacali, ovvero difesa estrema del lavoro, per le strade di Roma, sono ciò che resta di un personale di alto livello, invidiato dall'Europa, selezionato con cura presso buone scuole anche all'estero. Sono i tecnici formati da quel personale nel clima libero e intelligente della competenza. Non ti parlano del lavoro che facevano. Ti parlano del lavoro che fanno. Informatica e gestione di sistemi di programmazione fondati su preparazione, esperienza, tempi lunghi. Ti raccontano che questo lavoro ha come committenti (committenti del presente, non del passato, clienti che aspettano mentre i lavoratori marciano), lo Stato, la polizia, la Camera e il Senato, il comune di Roma, amministrazioni regionali, privati di grandi dimensioni, le cooperative. Ti parlano del loro lavoro che, tranne questa mattina, continuano a fare come se la loro fosse un'azienda normale, in un paese normale, dove il governo tutela le imprese di valore, invece di fare la reclame a se stesso. Serve se vi dico che l'azienda si chiama Eutelia, che discende dalla Bull, che discende dalla Olivetti, che è un ramo dismesso di un grande centro di eccellenza che era tutto il settore elettronico e informatico di Adriano e di Roberto Olivetti? Serve perché è giusto ricordare quel tempo in cui imprenditori come Adriano Olivetti lavoravano per approntare un futuro italiano di qualità mondiale. É nata allora, in quell' azienda l'informatica italiana e una costellazione di aziende con personale di livello internazionale. Dunque perché questa crisi? Perché aziende specialistiche come Eutelia vengono impunemente vendute e svuotate da proprietari sempre più opachi, coperti da prestanome, senza che si possa controllare il senso di ciò che accade, senza che nessuno voglia saperlo. E ciò produce il disastro. Restano il prestigio, il lavoro, i clienti, il personale specializzato di alto valore. Ma non c'è più l'azienda. Ecco un delitto tra i più gravi di Berlusconi, dei suoi ministri, della loro vuota politica della pubblicità di se stessi. É un governo che ha trasformato il futuro italiano in un incubo.