C'è un ponte per te, un debito per noi, un affare per loro

 
C'È UN PONTE PER TE UN DEBITO PER NOI UN AFFARE PER LORO
Ieri il Cipe ha dato il via libera all'opera: ma la fattibilità economica resta sulle spalle delle Ferrovie dello Stato: la società più sussidiata d'Italia che non ha neppure neanche i soldi per i suoi vagoni
di Daniele Martini
 
IL FATTO QUOTIDIANO   -   7 novembre 2009   pag. 10
 
DA UN PUNTO di vista finanziario il Ponte sullo Stretto è un colosso dai piedi d'argilla. L'opera ieri ha avuto il via libera dal Cipe (il comitato interministeriale per la programmazione economica che si occupa anche di grandi opere) per la fase di progettazione. Ma la decisione del governo non cancella come d'incanto i molti dubbi che gravano sull'operazione. Sapete su che cosa poggia la fattibilità economica della struttura, cioè la possibilità che tutto il sistema possa risultare sostenibile, senza il rischio di restare travolto dai debiti crollando come un castello di carte? Sulle Ferrovie dello Stato. Proprio le Fs, la società pubblica più sussidiata d'Italia, quella del miracolo alla rovescia della Tav (Alta velocità), con l'allungamento assolutamente anomalo dei tempi di realizzazione e la moltiplicazione dei costi scaricati sul bilancio dello Stato, l'azienda che nonostante tutti i proclami non riesce a far circolare scorrevolmente i treni, soprattutto quelli per i pendolari, e a dispetto delle reiterate promesse non è in grado neanche di assicurare la pulizia delle carrozze.
Una decisione tenuta in ombra
Senza l'apporto economico delle Fs niente Ponte. Ma d'altra parte con l'apporto determinante delle Fs il Ponte, economicamente parlando, parte con il piede sbagliato ed appare un azzardo prima ancora della posa della prima pietra prevista per l'inizio di dicembre. È come se qualcuno volesse correre la maratona con le stampelle o come se si mettessero insieme due debolezze. La circostanza che siano proprio le Ferrovie il pilastro di tutta l'impalcatura finanziaria è apparsa probabilmente così avventata agli stessi propugnatori dell'opera, che di fatto hanno finito per nasconderla nelle comunicazioni ufficiali; nei siti governativi non è più neanche rintracciabile. Per recuperare i termini di una faccenda sempre tenuta in ombra bisogna rispolverare un vecchio documento prodotto nel 2004 dalla società Stretto di Messina in cui si riportano gli elementi del piano economico-finanziario con i dettagli del meccanismo alla base della fattibilità del progetto.
Cinque anni fa il costo dell'operazione era previsto in 6 miliardi di euro (nel frattempo è salito a 6,3), da ammortizzarsi al 50 per cento in 30 anni (che è la durata della concessione) attraverso rate costanti. Queste rate devono essere pagate, appunto, dalle Fs con la controllata Rfi (Rete ferro-viaria italiana) che si impegna a sborsare un canone minimo annuo per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria di 100,6 milioni di euro, più di 8 milioni al mese.
E non è finita perché le Ferrovie dovranno girare al gestore del Ponte anche il contributo che oggi ricevono dal ministero dei Trasporti a compensazione degli oneri sostenuti per il traghettamento da una parte all'altra del canale, cifre riscosse per garantire quella che gli addetti ai lavori chiamano la "continuità territoriale". Sono un'altra trentina di milioni (27,8 nel 2008 per l'esattezza) che sommati alla quota precedente fanno circa 130 milioni, 11 milioni al mese. In più Rfi si impegna "ad effettuare a suo carico la manutenzione ordinaria e straordinaria".
Tutto questo sforzo in cambio di che cosa? Ufficialmente Rfi diventa "gestore del collegamento ferroviario dell'opera". E detto così sembra un grande affare. In realtà il traffico ferroviario sia di persone sia di merci tra la Sicilia e la Calabria è assai modesto, e negli ultimi anni si è ulteriormente rattrappito a vantaggio del trasporto aereo, soprattutto low cost. Secondo l'edizione 2008 del Conto nazionale dei trasporti, la bibbia del settore, in 18 anni, cioè a partire dal 1990, il totale delle carrozze transitate sullo Stretto è calato del 46,4 per cento. La diminuzione è stata repentinasoprattuttonegliultimi8anni,apartire dal Duemila: meno 17,8 per cento con punte del 37peritreniviaggiatorieconundecrementopiù contenuto per le merci (meno 3,5). Peccato che le merci non abbiano granché bisogno di un collegamento veloce, e dal punto di vista degli scambi economici le 2-3 ore guadagnate sui tempi di percorrenza con il treno grazie al futuro Ponte siano di fatto quasi irrilevanti.
 
Boom del traffico aereo sull'isola
Mentre diminuisce a rotta di collo il traffico dei treni, registra un boom il numero dei viaggiatori negli aeroporti siciliani, più 200 per cento in totale a Catania, Palermo e Trapani (fonte Assaeroporti ed Enac). A Catania, in particolare, negli ultimi vent'anni la crescita è stata del 219 per cento; dal 2000 al 2008, il numero dei viaggiatori transitati nello scalo catanese è passato da poco meno di 4 milioni a 6. Se 19 anni fa, inoltre, sullo Stretto transitavano circa 15 milioni di passeggeri all'anno tra traghetti privati, Fs e treni, mentre i viaggiatori fuori dello Stretto erano appena 4 milioni, nel 2008 il rapporto si è invertito: i passeggeri passati dallo Stretto sono in minoranza, 10,7 milioni, in prevalenza trasportati dalle compagnie private tipo Caronte & Tourist della famiglia Matacena, mentre quelli fuori dallo Stretto sono più che raddoppiati e in totale ora sono un milione in più degli altri, e per di più quasi tutti clienti delle compagnie aeree. Gli affezionati del treno, infine, appaiono un'esigua minoranza della minoranza, sull'ordine delle centinaia di migliaia di viaggiatori.
Tra una sponda e l'altra, oggi transitano appena 8 coppie di treni passeggeri e 8 merci al giorno, cioè 32 convogli tra andata e ritorno. Quindi ogni anno sullo Stretto passano soltanto 11.680 treni, tanti quanti ne viaggiano in un solo giorno su tutta la rete ferroviaria nazionale, e una volta costruito il Ponte ogni treno tramite il canone elargito da Fs pagherà, di fatto, un pedaggio stratosferico, 11.130 euro in media per percorrere 3 chilometri e 300 metri, più di 3 euro per ogni metro di binario.
 
Sorride solo la Impregilo
Numeri alla mano, la faccenda del canone è quindi tutt'altro che un affare per le Ferrovie, mentre lo è, e parecchio, per il futuro gestore dell'opera, la società Impregilo, a cui nel 2005 il precedente governo Berlusconi affidò la realizzazione della struttura, e i cui soci di maggioranza, detto per inciso,sono anche i famosi "patrioti" del business Cai-Alitalia, da Marcellino Gavio ai Benetton a Ligresti. Ma perché le Fs avendo poca o nessuna convenienza ad infilarsi nell'affare del Ponte sullo Stretto non si sottraggono al patto leonino a favore di Impregilo? Perché non possono, probabilmente.
Essendo un'azienda pubblica dipendente dalle decisioni della politica e dai finanziamenti del governo non possono mettersi di traverso ad un affare che per l'esecutivo Berlusconi è diventato una specie di punto d'onore, un gigantesco monumento alla mitologia del fare. Del resto la relazione del 2001 del gruppo di lavoro del ministero dei Trasporti individuava proprio nello scarso traffico ferroviario il tallone d'Achille dell'impalcatura finanziaria dell'opera. E le banche chiamate a prestare il 60 per cento dei fondi necessari per l'infrastruttura fecero capire a suo tempo che senza adeguate garanzie avrebbero fatto dietro front. Quali garanzie? Che arrivassero soldi per l'ammortamento di almeno metà dell'opera tramite il pagamento certo di un canone.
Le Ferrovie, in sostanza, agiscono come sostituti finanziatori: la finzione è che paghino per un servizio, la realtà è che strapagano in cambio di poco. Ma tanto, gira e rigira, quei soldi Fs sono soldi pubblici, frutto della fiscalità generale, cioè sborsati dai cittadini onesti con le tasse.



DOMENICO RICCO, 27 ANNI MORTO FALCIATO SUI BINARI: È LA 34ª VITTIMA DEL 2009
di Luca De Carolis

IL FATTO QUOTIDIANO   -   7 novembre 2009   pag. 11
SONO BINARI, ma assomigliano sempre più a trappole. Talvolta mortali, come nel caso di Domenico Ricco, 27enne di Barletta, che giovedì notte è stato travolto da un treno mentre lavorava su una rotaia nel tratto tra le stazioni di Rifredi e Santa Maria Novella, a Firenze. Ieri mattina invece cinque operai sono rimasti feriti a Moncalieri (Torino), sulla linea Torino-Genova, per lo scontro tra due carrelli ferroviari, durante la riparazione di alcuni cavi elettrici. Un incidente forse provocato da un manovratore, disturbato da un riflesso solare. Nessuno dei feriti versa in condizioni gravi, tanto che uno è stato dimesso già in mattinata. Ma l'ennesima tragedia sui binari è stata solo sfiorata. Proprio come accaduto giovedì mattina a Vello di Marone (Brescia), dove un treno si è scontrato con un locomotore merci, provocando 12 feriti lievi.
E così montano proteste e polemiche sul livello di sicurezza nelle ferrovie italiane. L'Idv ha presentato in Senato un'interrogazione "sui controlli insufficienti" nelle ferrovie, mentre alle 21 di stasera inizierà uno sciopero di 24 ore di macchinisti e personale di bordo, indetto dall'Orsa. Lunedì prossimo sciopererà il personale ferroviario della Toscana. Nella regione, i treni rimarranno fermi dalle 10 alle 12. Reazioni a un'emergenza che dura da troppo tempo. Solo nel 2009, secondo la stima dei macchinisti ferroviari, gli incidenti sulle linee italiane sono stati 35, per un totale di 34 vittime (29 delle quali nel disastro di Viareggio, lo scorso giugno) e oltre 40 feriti.
Un bollettino di guerra che ha uno dei suoi epicentri a Firenze, dove nell'ultimo anno sui binari sono morte tre persone. Il 2 ottobre 2008, nel cantiere di Castello, un carrello ha investito tre operai, uccidendo Alessandro Marrai, 50 anni, di Prato, e ferendo in modo serio gli altri due. Mentre nel luglio scorso Alessandro Maccanti, 44enne addetto alle pulizie, è stato travolto da un Eurostar nella stazione di Campo di Marte. Giovedì notte è toccato a Ricco, dipendente della rete ferroviaria italiana, membro della squadra di pronto intervento di Santa Maria Novella. Secondo la prima ricostruzione della Polfer, attorno alle 23.30 l'operaio stava riparando uno scambio ferroviario assieme a due colleghi. Avvertiti dell'arrivo di un treno merci sulla rotaia, i tre si sono spostati. Ma Ricco forse stanco o distratto si è accorto troppo tardi del convoglio che passava sul binario accanto, un regionale diretto a Santa Maria Novella. Il treno l'ha travolto sotto gli occhi dei colleghi che si erano rifugiati nello spazio tra le rotaie. Sull'incidente indaga la procura di Firenze. Le Fs hanno aperto un'indagine interna, esprimendo "profondo cordoglio" per l'incidente. Ma i sindacati di categoria con una nota ammoniscono: "Nonostante gli sforzi fatti, continuano a verificarsi gravi incidenti. E' necessaria un'attenzione costante e adeguata da parte della Rfi sull'impiego di uomini e risorse". Mentre l'Orsa sibila: "E' uno stillicidio, in quattro anni sono morti 16 addetti alla manutenzione".



È PROPRIO LA MANUTENZIONE IL BUCO NERO FS
Si spende troppo e male, anche dentro l'azienda ne sono consapevoli, come rivelano documenti riservati
di Claudio Gatti

IL FATTO QUOTIDIANO   -   7 novembre 2009   pag. 11
Pubblichiamo un estratto del libro "Fuori Orario" di Claudio Gatti, giornalista del "Sole 24 Ore", appena uscito per Chiarelettere.
AL DI LÀ DELLE PULIZIE, l'altro grande problema endemico delle Ferrovie italiane è la manutenzione dei treni e dei carri merci. L'incidente del 30 giugno 2009 a Viareggio ha portato la questione sulle prime pagine di tutti i giornali. All'indomani di quella tragedia, l'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti ha spiegato che il suo gruppo non aveva alcuna responsabilità. "Magari si rinuncia a un po' di comfort, ma non alla manutenzione" ha dichiarato. Come dire: la manutenzione delle Fs raggiunge la perfezione. Dalla mia inchiesta emerge invece che, sebbene si parli molto più frequentemente del deficit della pulizia, quello della manutenzione è più grave ancora. In termini di peso economico e numeri, tra i due non c'è neppure paragone. Nelle pulizie si spendono circa 200 milioni di euro all'anno. Nella manutenzione dei cosiddetti materiali rotabili circa sei volte di più. In un documento riservato di Trenitalia del 5 aprile 2006 intitolato "Analisi costi di manutenzione" ho trovato le cifre esatte di quell'epoca: nel 2005 le nostre Ferrovie spesero 145,8 milioni di euro in pulizie e oltre un miliardo – per l'esattezza 1055,5 milioni di euro – in manutenzione "ciclica e corrente". Per il 2006 il documento prevedeva che la spesa per la pulizia arrivasse a 207,7 milioni e quella per la manutenzione a un miliardo e 197,6 milioni. Sull'anno in corso non sono riuscito a trovare cifre esatte, ma siamo sicuramente sopra il miliardo e duecento milioni.
Il 7 settembre 2009 l'amministratore delegato Moretti ha annunciato un piano di investimenti da due miliardi di euro per il trasporto regionale e interregionale che prevede l'acquisto di 840 locomotori e convogli, e l'ammodernamento di 2550 carrozze. Ma ammesso che i soldi siano stanziati in tempo da Stato e regioni – e con la crisi è difficile avere certezze del genere – ci vorranno comunque degli anni. Nel frattempo il problema della manutenzione della flotta attuale rimarrà grave. Quanto grave? Al di là dell'incidente di Viareggio, basta prendere il bollettino di guerra di un mese a caso del 2009, quello di febbraio: la linea Torino-Milano è nel caos a seguito del guasto di un locomotore. Pochi giorni dopo, sulla tratta Pescara-Roma, un treno si blocca sui binari paralizzando la tratta per l'intera mattina; un Intercity sulla Napoli-Milano si ferma prima di Orte, nel Lazio, dove accumula due ore e mezzo di ritardo. Sempre nello stesso mese, un venerdì sera, il treno che da Milano porta a Lecco un esercito di pendolari stanchi e desiderosi di godersi il weekend si inchioda nella campagna tra Carnate e Osnago, dove rimane fermo per un'ora e 20 minuti. Si potrebbe pensare che il febbraio 2009 sia stato un mese sfortunato per le Fs. E soprattutto per i suoi passeggeri. Ma sarebbe un errore. È stato semplicemente il risultato di anni di problemi di manutenzione accumulati e mai risolti. Come dimostrano alcuni documenti interni. Il primo è un rapporto presentato nel 2008 da Cesifer, lorgano che all'epoca si occupava delle certificazioni sulla sicurezza delle imprese ferroviarie, che denuncia le "non conformità rilevate sul materiale rotabile merci per il trasporto delle merci pericolose".
Il secondo, datato maggio 2007, è un documento della Direzione centrale audit di Fs che riportava i risultati di un controllo presso l'impianto di Firenze Osmannoro svolto per verificare se erano stati risolti i problemi emersi nel corso di un'ispezione precedente. Nello specifico, le criticità riscontrate riguardavano interventi di manutenzione "effettuati oltre i limiti di percorrenza chilometrica stabiliti dai piani di manutenzione approvati da Rfi"; "una carenza di dialogo tra l'officina e la Sala operativa regionale (Sor)", nell'affrontare i problemi segnalati dal personale di bordo; "una carente analisi dei guasti che aveva generato il protrarsi di alcune anomalie (avarie ripetute)", mettendo a rischio "la piena e sicura funzionalità del rotabile". La nuova ispezione rilevava che i problemi erano stati risolti soltanto in modo "parziale", in particolare sul fronte del "rispetto delle scadenze manutentive", e dell'"analisi dei guasti", nonostante le ripetute segnalazioni di malfunzionamento dei treni. Insomma, o le azioni correttive discusse e concordate non erano state messe in atto, oppure non avevano prodotto i risultati sperati. Comunque fosse, la qualità della manutenzione rimaneva insufficiente. Il terzo documento, sempre del 2007, riporta i risultati di un'ispezione della Direzione audit di Trenitalia presso la Direzione operazioni tecniche di Napoli che doveva verificare l'efficacia delle prestazioni delle imprese private incaricate della manutenzione delle locomotive e dei carri presso gli impianti di Marcianise e di Terni. Il servizio era giudicato "inadeguato" sia per la scarsità di trasparenza nell'affidamento degli appalti sia per la mancanza di controlli sulla qualità delle prestazioni. Anche qui, c'era la prova documentale di carenze nelle procedure e nei meccanismi della manutenzione. Ma facendo un salto indietro di altri dodici mesi ho trovato le prove che la crisi della manutenzione è un problema cronico. Vediamo due e-mail che risalgono al periodo a cavallo tra la fine del 2005 e l'inizio del 2006, e riguardano le "indisponibilità" dei mezzi e il ricorso alle cosiddette "riserve", cioè i treni che vengono messi in funzione in caso di guasti ai convogli in servizio.
 
Da: Gian Luca Erbacci
Inviato: venerdì 16 dicembre 2005
A: Raffaele Arena e altri
Oggetto: allarme rosso - Riserve
Colleghe e colleghi,
la situazione riserve sta degenerando rapidamente. Ieri sul Regionale abbiamo avuto 28 riserve, valore altissimo. Oggi alle 18, ne abbiamo 29! Valore incredibile che ci fa presagire il peggio per la fine giornata […]. I punti più critici, per regione, sono: Piemonte, Lombardia e Sicilia […], situazione di Bologna ancora fuori controllo, situazione Napoli, carrozze regionali con l'elevatissima indisponibilità, situazione Fiorenza (impianto di manutenzione di Milano, Nda), i treni regionali non sono stati "digeriti" […].
 
Da: Giorgio Gomisel
Inviato: venerdì 20 gennaio 2006
A: Raffaele Arena
Caro Raffaele, la situazione come vedi è grave […]. A fronte di 11 locomotive diesel si registrano […] una media di 6 indisponibilità/giorno pari al 55 per cento […]. Quanto sopra deriva principalmente da una costante ripetitività di alcune avarie, le quali seppur riparate si ripresentano puntualmente alla rimessa in servizio o durante l'effettuazione dei servizi immediatamente successivi dopo la riconsegna all'esercizio.