Caos di deroghe, il "basso" dilaga

 
Caos di deroghe, il "basso" dilaga
Botteghe riconvertite in case: né aria né luce grazie a regole più soft del Comune
Oltrarno, Santa Croce, Novella: la crisi abbassa i bandoni e dietro spuntano le stanze
Nel 2007 la svolta autorizzata dalla commissione urbanistica
di Franca Selvatici
 
LA REPUBBLICA edizione FIRENZE   -   7 novembre 2009   pag.  
 
In Santa Croce, in Oltrarno, in Santa Maria Novella, in tante strade di periferia non si contano più i bandoni tristemente abbassati su quelli che un tempo erano negozi o laboratori artigiani. Cominciò con l´alluvione, più di 40 anni fa. E dopo neppure il boom del turismo è riuscito ad arrestare l´emorragia delle antiche botteghe fiorentine. Mentre si perdono mestieri e culture, quei fondi di negozio, spesso antri senza luce e senza aria, si stanno silenziosamente trasformando in abitazioni, nei casi più felici in mini-loft, in quelli più disgraziati in loculi che accolgono in condizioni infami immigrati senza altre possibilità. Qualche volta il bandone viene sostituito da una porta a vetri, unica fonte di luce del fondo, qualche volta basta uno spicchio di finestra in alto. Firenze si sta riempiendo di «bassi», che affacciano direttamente sul marciapiede, sulla strada, sul traffico.
Nel 2006 «Repubblica» denunciò il fenomeno. All´epoca si contavano 200 o 300 «bassi». Il Comune, che aveva sperato di utilizzare la trasformazione dei fondi abbandonati in residenze come un utile strumento per far tornare gli abitanti in centro, cominciava a intravedere i rischi dell´operazione, il pericolo che nascessero ghetti e che dilagasse il degrado. Nel Regolamento edilizio erano state introdotte delle regole un po´ più stringenti, il divieto di trasformare in residenze i fondi di meno di 50 metri quadri e privi di fonti luminose oltre all´affaccio sulla strada. Negli anni successivi i comitati dei cittadini ottennero di far sentire la loro voce in commissione urbanistica e tentarono di introdurre regole ancora più rigorose. Grazie alla loro sollecitazione, la Asl di Firenze presentò una osservazione chiedendo di vietare l´utilizzo di aria forzata e di illuminazione artificiale al posto di quelle naturali. Il 16 luglio 2007, nel corso di una convulsa riunione della commissione urbanistica che si concluse mentre stava cominciando il consiglio comunale chiamato ad approvare il nuovo regolamento edilizio, venne presentato un diluvio di emendamenti. Alla riunione erano presenti, oltre ai membri della commissione urbanistica, anche l´assessore Gianni Biagi, il direttore dell´urbanistica Maurizio Talocchini e il capogruppo del Pd Alberto Formigli, già presidente della commissione urbanistica. A suon di emendamenti e di deroghe, vennero di fatto eliminati tutti i paletti per impedire il proliferare dei «bassi». In luogo dell´obbligo di ventilazione naturale trasversale mediante più aperture all´interno dei locali, vennero previsti sistemi di immissione ed estrazione dell´aria di tipo naturale o meccanizzato, con condotti di areazione anche in parete. E in deroga dell´obbligo di garantire adeguate fonti di illuminazione, per i locali prospicienti la pubblica via venne prevista la possibilità di computare solamente la porzione di superfici finestrate posta a una quota superiore a 1 metro e 70 rispetto al marciapiede: insomma, anche risicate feritoie. Dopodiché, visto che è possibile avviare i lavori di trasformazione con una Dia (dichiarazione di inizio attività) e che il Comune è in grado di controllare non più del 30% delle Dia, ogni abuso è possibile.
L´allarme sugli effetti di queste norme piuttosto ciniche, con l´aggravante dei mancati controlli, è stato recentemente lanciato da via Palazzuolo. In una lettera al sindaco Matteo Renzi alcuni residenti descrivono il degrado in cui è sprofondata la strada, per effetto della scomparsa delle botteghe, della nascita di internet point e di innumerevoli locali che vendono alcolici, e della silenziosa proliferazione dei «bassi». Al numero 87, l´ex sezione del Pci-Pds-Ds è diventata un «basso», dotato di una finestra prima inesistente. Al numero 87 rosso, al posto di un ex negozio c´è una abitazione dotata di due finestre di nuova costruzione. Al numero 158 rosso un ex negozio di elettricità è stato diviso in due monolocali. Uno prende luce da una vetrata schermata che si affaccia sulla strada. L´aria entra da una feritoia in alto. L´altro monolocale si affaccia invece su una corte buia, dove un tempo venivano stoccate bombole di gas. Su un tetto vicino sono stati installati climatizzatori che portano caldo, freddo e aria agli infelici inquilini extracomunitari. Chiedono i residenti: «Può il Comune indagare su questo fenomeno? E´ del tutto indifferente aver consentito lo sviluppo dei "bassi" nel centro storico di Firenze, riconosciuto come patrimonio dell´umanità dall´Unesco sin dal 1982?».
 
 
 
Monolocali accessoriati da cui non si vede il cielo "Per respirare devo andare sul marciapiede"
Erano cantine, garages e magazzini, sono stati trasformati in alloggi di 40, 50 metri quadri spesso senza finestre
di Ernesto Ferrara
 
LA REPUBBLICA edizione FIRENZE   -   7 novembre 2009   pag.
 
A volte Mohamed per prendere una boccata d´aria esce fuori casa e si siede sul marciapiede di via dè Macci: «Dentro non c´è luce, zero finestre, non posso aprire la porta altrimenti da fuori si vede tutto: quando è estate si respira male ma più che altro uno ogni tanto ha bisogno di guardare il cielo, di sentire il vento, è quello che più mi manca». Elena di via dè Pilastri invece ha imparato a fare di necessità virtù, all´ingresso ha sistemato due piantine, un portaombrelli, un tappeto e due bottiglie piene d´acqua per impedire ai gatti e ai cani di fare pipì sull´uscio: «Ho una bambina, avrei voluto che crescesse in una villa ma non me lo posso permettere: questo era un garage, ora è casa mia e della mia piccola, ho cercato di farla bellina il più possibile, di più non potevo». Poi c´è Ugo, artista, che di quello che era un magazzino di via dè Pepi ha fatto il suo scrigno: arazzi appesi ai muri, quadri, marmo bianco: «Vivo qui da 5 anni, non ho pagato tanto e ho un fondo piuttosto grande: non importa se ho poca luce e poca aria, quando ne ho bisogno esco fuori, apro i polmoni e faccio scorta».
Sono loro il popolo dei «bassi fiorentini». Centinaia, più probabilmente migliaia di persone, in gran parte extracomunitari, che abitano ex garage, negozi chiusi, vecchi laboratori artigianali caduti sotto i colpi della crisi. Fondi di 40, 50 metri quadri (probabilmente meno in certi casi) trasformati in appartamenti con pochi e tutto sommato economici accorgimenti: una porta vetrata al posto dei bandoni o degli sporti, uno scarico per il condizionatore, una presa d´aria esterna per la cucina e il gioco è fatto. Il garage senza luce e aria che diventa casa, il vecchio fondo del falegname a due passi dalla fila di auto in coda al semaforo che si trasforma in open space con salone, cucina, camera da letto e bagno. Basta camminare sui marciapiedi del centro per trovare appartamenti versione bonsai di questo tipo: negli ultimi 5-8 anni ne sono nati come funghi in Oltrarno, a Santa Croce, in via Palazzuolo - dove la mortalità delle attività commerciali è più alta - ma anche al Parterre, alle Cure, al Campo di Marte. Gli uffici comunali non sanno fare una stima, parlano di alcune centinaia di casi: ma il fenomeno è evidente. In questi «bassi» - che del modello napoletano, va detto, non hanno che la collocazione al pian terreno, da sempre tabù per i fiorentini per via dei rischi legati alle alluvioni - si pagano affitti più bassi della media (così raccontano gli abitanti), e si sperimenta un modello dell´abitare di certo frutto della crisi economica e segno di una saturazione urbana ormai al top ma non privo di una sua dignità. «Ci sono casi di marginalità estrema e di sfruttamento - spiega Vincenzo Simoni dell´Unione inquilini - ma il fenomeno ha ormai raggiunto una sua maturità, ci sono persone che negli anni hanno migliorato i loro fondi, hanno vinto a loro modo la sfida contro la mancanza di case, contro la Firenze della speculazione e della rendita». C´è chi per difendere la privacy ha scelto vetri sabbiati e le sbarre metalliche, chi contro l´umidità che tracima dai marciapiedi piazza cartoni o sponde di plastica. Certo ci sono le battaglie da combattere: Elena sul portone di casa (quello del civico accanto, da cui si entra) ha piazzato il cartello «Non parcheggiate, qui ci viviamo».