Colosseo, la storia presa a calci

COLOSSEO, LA STORIA PRESA A CALCI
di Salvatore Settis
LA REPUBBLICA - 03.05.2009, pagina 1
Finalmente sapremo a che cosa servono ruderi inutili e ingombranti come il Colosseo, l'Arco di Costantino, il tempio di Venere e Roma. Il momento della verità è arrivato, e a quel che pare dobbiamo esserne grati al Comune di Roma. Quello stupido e noioso pietrame grigiastro verrà finalmente messo a buon frutto: le finali della Champions League saranno allietate da campi di erba sintetica a ridosso del Colosseo, l'arco di Costantino in asse con una delle porte del rettangolo verde. Intorno, stand gastronomici, grappoli di gabinetti chimici, megaschermi con pubblicità, son et lumière, e "un' azione di guerrilla marketing". Finalmente un pò di modernità, finalmente sconfitti i nostalgici che vedono nella tutela dei monumenti un dovere civile.
Che importa se i 200 mila tifosi previsti, compresi gli hooligans, dovessero danneggiare quel vecchiume? Questo ennesimo episodio di barbarica incuria non è isolato. Predichiamo contro l'inquinamento ambientale, e dimentichiamo che la stessa battaglia va combattuta contro l'inquinamento acustico e visivo. Ci parliamo addosso sulla bellezza delle nostre città, sulla ricchezza monumentale dei nostri centri storici, sulle migliaia di anni di storia di cui ci vantiamo di essere eredi: e nelle piazze più belle portiamo impunemente folle rumorose che ne deturpano l'immagine e ne inquinano la percezione. Non riusciamo più a "vedere" i nostri palazzi e le nostre chiese, i templi e gli archi e gli anfiteatri: sempre più spesso ridotti a comodo fondale per inscenare spot o spettacolini d'ogni sorta.
Abbiamo dimenticato facilmente gli orrori del concerto dei Pink Floyd a piazza San Marco vent'anni fa, con danni molto più costosi degli introiti. Non vogliamo sentirci dire che la bellezza delle nostre città è fragile, va protetta con la cura amorevole delle generazioni passate: preferiamo accorciarne la vita, accecando la memoria storica per meschini guadagni immediati, senza nemmeno un pensiero ai posteri. Inutile accusare sindaci, assessori, soprintendenti: se non sappiamo levare la nostra voce, siamo tutti colpevoli.
Roma poi è un caso speciale. È il sito archeologico più vasto del mondo, e fra i più importanti. Contiene memorie storiche uniche. Impone una sfida senza pari: conservare per il mondo un patrimonio che è di tutto il mondo, e farlo con gli strumenti di un solo Paese. Titolare di questo compito straordinario dev'essere lo Stato o il Comune? C'è una sola risposta possibile: tutte le istituzioni pubbliche devono far convergere i propri sforzi, perché quanto accade a Roma è sotto gli occhi del mondo. Perciò l'argomento "il Colosseo è dello Stato, la piazza è del Comune" è spazzatura.
I monumenti non sono soprammobili, esistono nel loro contesto: è il contesto che va protetto, e i monumenti con esso. A questo alto dovere il Comune è tenuto non meno dello Stato. Nei mesi scorsi si è svolta una diatriba sul commissariamento della Soprintendenza archeologica di Roma, affidato a Guido Bertolaso, che si è da poco dimesso perché sa bene che il suo posto è in Abruzzo. Molti si sono chiesti che cosa ci stesse a fare un esperto di protezione civile come commissario dell' archeologia di Roma.
Il danno all'immagine della città e i probabili danni ai monumenti che ci sta per ammannire la kermesse calcistica in arrivo sono, e saranno, una vera emergenza. Che fosse questa la vera ragione del commissariamento, il disastro non tellurico ma umano a cui Bertolaso doveva porre riparo?

SALVATORE SETTIS