INDOVINA
CHI RACCONTA BALLE
IL FATTO QUOTIDIANO - 12 maggio 2010 pag. 11
Tutto merito di Silvio. Il "Corriere della Sera" a pagina 3 , la più importante dopo la prima, ricostruisce la notte che ha portato i ministri economici dell'Eurozona ad approvare il piano da 750 miliardi per salvare l'euro. Tutto grazie al ruolo "determinante" di Silvio Berlusconi che avrebbe sbloccato le trattative con una telefonata nel cuore della notte ad Angela Merkel. Scrive il "Corriere": "Un contatto dopo il quale si 'è materializzata la nuova bozza di compromesso che ricalca le linee e i concetti proposti dall'Italia già venerdì scorso'". Qual'è la fonte che rivela questo straordinario successo diplomatico? Nessuna gola profonda, nessun presente alla riunione, soltanto la nota ufficiale di palazzo Chigi diramata lunedì. Cioè lo stesso Berlusconi. Silvio? Who is Silvio?
E vediamo adesso la meticolosa ricostruzione del New York Times. Una telefonata decisiva c'è stata, ma quella di Barack Obama, prima ad Angela Merkel poi al presidente francese Nicolas Sarkozy. Domenica pomeriggio è lo stesso Sarkozy a chiamare la Merkel "dopo che entrambi avevano parlato con Obama". Ed effettivamente c'è uno stallo, appena prima dell'apertura della Borsa di Tokyo, ma a risolverlo è "il ministro delle Finanze olandese Jan Kees de Jager che, secondo i diplomatici, ha proposto di raccogliere le garanzie in un 'veicolo speciale fuori bilancio' che avrebbe raccolto i soldi in forma di prestiti". E Berlusconi? Non è mai citato. Possibile che al New York Times sia sfuggito del tutto il ruolo determinante dell'Italia?
A DOMANDA RISPONDO
EUROPA: MA BERLUSCONI DOV'ERA?
di Furio Colombo
IL FATTO QUOTIDIANO - 13 maggio 2010 pag. 23
Caro Colombo, leggo sul Corriere della Sera dell'11 maggio, a pag. 3, dopo il mega accordo sull'euro, che "il ruolo del premier Silvio Berlusconi è stato determinante". Ma come? Berlusconi non c'era. Urgono chiarimenti.
Angela
IN ALTRI tempi italiani, o in qualunque paese libero, ai giorni nostri, il titolo per questa pagina sarebbe "Giallo a Bruxelles". Vorrei chiarire. Il giallo non è l'assenza fisica di Berlusconi. Avrà avuto i suoi buoni motivi per non partecipare all'evento più importante e più drammatico dalla nascita dell'Europa. Ma ci sono i telefoni. Di questo parla l'articolo a firma Mario Sensini sul Corriere della Sera dell'11 maggio. Non è una inchiesta o una verifica sul posto. È un articolo da Roma. Il giornalista ha verificato l'umore dell'Italia dopo l'accordo, cercando, com'è naturale, nel luogo giusto, il governo e il presidente del Consiglio. Era un'occasione per spiegare autorevolmente agli italiani la lunga notte del 9-10 maggio in cui qualcosa in Europa è cambiato per sempre. Ma il governo italiano, invece di cifre, dati, fatti, spiegazioni e previsioni, consegna un editto con il quale loda se stesso, elogia Berlusconi (non il rivale Tremonti), fa sapere che "il ruolo dell'Italia è stato determinante". Parla di "un impulso decisivo dato dall'Italia domenica notte". Dice senza imbarazzo che "dopo la telefonata di Berlusconi ad Angela Merkel si è materializzata la nuova bozza di compromesso". E così i media e i cittadini italiani sono stati indotti a credere in un nuovo miracolo di Berlusconi. Sfortuna vuole che lo stesso giorno il New York Times abbia pubblicato una ricostruzione, ora per ora, personaggio per personaggio, telefonata per telefonata, la lunga notte che (forse) ha salvato l'Europa. Ecco alcune frasi chiave: "il presidente Obama ha telefonato due volte da Washington alla cancelliera Angela Merkel. Tre ore dopo ha parlato a lungo con Sarkozy. Il messaggio era lo stesso: "Decisione subito, congiunta e risoluta". A mezzanotte meno un quarto un diplomatico francese ha telefonato a Parigi "qui salta tutto". Il momento risolutivo è venuto poco dopo l'una del mattino, quando il ministro delle Finanze Jan Kees de Jager ha rotto lo stallo tra Germania e Francia. Alle 2:15 José Manuel Barroso annuncia l'accordo: "Adesso l'Europa conta". Il lungo articolo è ricco di citazioni colorite e di informazioni tecniche. Non una parola su Berlusconi o il suo governo, mai. Non sul New York Times. Non, per quanto accertato finora, sulla stampa del mondo.