Berlusconi difensore della privacy? Ma mi faccia il piacere ...!

 
L'intercettazione di Fassino e il ricatto al premier
di Gianni Barbacetto
 
IL FATTO QUOTIDIANO   -   7 maggio 2010   pag. 8
 
La più misteriosa delle indagini in corso alla procura di Milano si svolge tra l'ufficio al sesto piano del pm Massimo Meroni e la stanza al quarto del procuratore Manlio Minale. Atti segretati. Bocche cucite. Domande senza risposta. È l'inchiesta sul furto informatico avvenuto la vigilia di Natale del 2005, quando fu portata a Silvio Berlusconi l'intercettazione di Piero Fassino che nel luglio precedente aveva chiesto a Giovanni Consorte: "Allora, siamo padroni di una banca?". Intercettazione segretissima, di cui neppure i magistrati avevano ancora la trascrizione.
Ora uno dei protagonisti della vicenda, Fabrizio Favata, ha raccontato al magistrato la sua verità. E gli ha consegnato tre file audio, con tre conversazioni incise con un registratore nascosto: due con l'avvocato Pier Silvio Cipollotti, collaboratore del parlamentare Pdl Niccolò Ghedini, e una con Roberto Raffaelli, manager della Rcs Research control system, l'azienda che nell'estate 2005 aveva realizzato per la procura di Milano le intercettazioni telefoniche dei "furbetti del quartierino".
Regalo di Natale. La prima scena di questa vicenda si svolge nella villa di Arcore, in un salotto con divani candidi e un grande albero di Natale tutto bianco. È il pomeriggio del 24 dicembre 2005. Il padrone di casa, Silvio Berlusconi, sprofondato in poltrona, con il capo reclinato e gli occhi socchiusi, riceve tre visitatori. Il fratello Paolo, che gli porta in regalo un enorme tartufo. E due manager: Roberto Raffaelli e Fabrizio Favata, amico di lunga data di Paolo Berlusconi. Anche loro non arrivano a mani vuote: hanno un regalo di Natale molto particolare. Dopo i convenevoli, racconta Favata , Silvio chiede ai tre di fargli sentire "quella cosa", che evidentemente aspettava. Raffaelli inserisce una chiavetta usb in un computer portatile e fa ascoltare la conversazione tra Fassino, allora segretario dei Ds, e Giovanni Consorte, il presidente di Unipol. Silvio si risveglia dal suo apparente torpore e, sempre secondo il racconto di Favata, dice: "Grazie, la mia famiglia vi sarà grata in eterno". Raffaelli conferma il viaggio ad Arcore, ma sostiene che era soltanto una visita di cortesia, per gli auguri di Natale. E per chiedere un sostegno per far ottenere alla Rcs un ricco appalto da 120 milioni di euro in Romania. Per questo, Raffaelli e Favata vanno anche a Roma, a Palazzo Grazioli, dove incontrano il parlamentare berlusconiano Valentino Valentini. Pochi giorni dopo l'incontro di Arcore, Paolo Berlusconi telefona a Favata e gli chiede una seconda chiavetta con l'intercettazione: curioso, visto che i file audio sono facilmente duplicabili. Poi, il 31 dicembre 2005, il Giornale pubblica il testo dell'intercettazione segreta. Il "regalo di Natale" si dimostra davvero prezioso. La pubblicazione delle parole di Fassino segna l'inizio di un cambiamento del clima politico: il centrosinistra guidato da Romano Prodi, che secondo i sondaggi era avanti di una decina di punti sul centrodestra, mostrato nella sua compromissione con i "furbetti", comincia a perdere il suo vantaggio, fino al risultato di quasi parità che uscirà dalle urne nell'aprile del 2006.
Le sette chiese. La seconda scena di questa vicenda inizia nel 2007. Favata (che già in passato ha avuto guai con la giustizia, arresti e condanne per bancarotta) precipita in una crisi nera: la società per cui lavorava, la Iptime di Paolo Berlusconi, chiude. Senza soldi e senza prospettive economiche, Favata cerca di riscuotere la promessa di Natale fatta da Silvio: "La mia famiglia vi sarà grata in eterno". Comincia un giro delle sette chiese alla ricerca di denaro. Prima va da Paolo Berlusconi, che però sostiene di essere in crisi economica e non poterlo aiutare. Favata insiste. Niente da fare. Allora, va a batter cassa da Ghedini, a Padova, che lo fa ricevere dall'avvocato Cipollotti. Per alzare il prezzo, va a raccontare brandelli della sua storia a diversi giornalisti, di Panorama, del Foglio, dell'Unità. All'Espresso parla con Peter Gomez, oggi al Fatto quotidiano, e altri colleghi che prima pensano alla bufala e poi annusano aria di ricatto. Gomez, alla ricerca di riscontri alle accuse di Favata, gli fornisce un piccolo registratore e gli suggerisce di andare da Raffaelli per incidere di nascosto la conversazione con lui: per avere la conferma del coinvolgimento di Raffaelli nel furto dell'intercettazione di ?Fassino e la prova che Favata dice la verità. Ma la verifica si rivela subito impossibile. Favata fa ascoltare il nastro, ma non lo consegna a L'Espresso. Così Gomez finisce per troncare i rapporti. Intanto Favata si è presentato in procura, ha parlato con diversi magistrati, ma sempre rifiutandosi di verbalizzare accuse precise.
I fondi neri. Poi salta fuori un misterioso giro di soldi. Favata, dopo il 2005, per mesi porta a Paolo Berlusconi rate da circa 50 mila euro al mese, per un totale di 550 mila euro. Sono fondi neri della Rcs di Raffaelli, realizzati grazie alle fatture false fabbricate da un imprenditore (anch'egli con guai passati con la giustizia), Eugenio Petessi, che racconta a al pm Meroni quegli strani versamenti. Per questi, Paolo Berlusconi è indagato per millantato credito: nell'ipotesi che abbia incassato denaro con la promessa di intervenire presso il fratello, affinché alla Rcs fosse assegnato il business in Romania. Le ipotesi d'accusa per Raffaelli e Favata sono invece di accesso abusivo al sistema telematico della procura e rivelazione di segreto d'ufficio; ma anche di corruzione, per aver fornito a Silvio Berlusconi l'intercettazione di ?Fassino in cambio della promessa dell'appalto romeno. Favata dovrà rispondere poi anche di tentata estorsione (stranamente mai denunciata da Ghedini), per i ripetuti tentativi di vendere il suo silenzio. La più misteriosa e intricata inchiesta milanese arriva come un fulmine nel cielo già poco sereno della politica italiana, e proprio nel momento in cui si vorrebbe approvare la legge sulle intercettazioni: in difesa della privacy – si dice – e contro l'invasività dei giornali. Ma in questa storia l'intercettazione, per una volta davvero segreta perché non ancora depositata, viene consegnata a Silvio Berlusconi in persona e pubblicata dal suo giornale.