Gli affari di Verdini / 3


"Verdini, dal giornale tangenti sull'eolico"
L'ipotesi degli investigatori: i soldi di Carboni solo parcheggiati nella società editoriale
di Maria Elena Vincenzi

LA REPUBBLICA   -   30 luglio 2010   pag. 11

ROMA - Il giro di soldi che parte dagli imprenditori "eolici" e arriva nelle tasche di Verdini. Svolta nell'indagine che sta mandando su tutte le furie il coordinatore del Pdl. Quella degli assegni negoziati per conto di Giuseppe Tomassetti, tuttofare della convivente di Flavio Carboni, e di Antonella Pau presso il Credito Fiorentino. Una storia che vale 850 mila euro. Almeno per quanto accertato fino ad ora. Anche se il sospetto è che la cifra sia molto più alta. Una storia di malaffare. Di mazzette. Di tangenti sborsate in cambio di "facilitazioni" per la vicenda dell'eolico.
Le indagini sono ancora in corso, la questione è da poco passata nelle mani del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Ma, senza attendere gli esiti, già è chiaro che c'è qualcosa che non va. Lo sanno gli inquirenti. Lo sanno gli avvocati del parlamentare. Lo sa lo stesso Verdini che sulla questione ha mostrato, in pubblico, non poco nervosismo.
La vicenda si apre con l'avvio della trattativa per l'eolico. Subito dopo il "successo" della nomina di Ignazio Farris al vertice dell'Arpas Sardegna. Con una frase detta da Verdini a Carboni: «Ricordati del mio problema a Firenze sul giornale. Ricordatene Flavio». Tutto inizia così. Con un versamento da parte di alcuni imprenditori romagnoli interessati all'eolico di 5 milioni di euro al faccendiere sardo. Il sospetto degli inquirenti è, però, che la cifra sia molto più alta. Che ci sia, in sostanza, una parte nera che per il momento non si riesce a tracciare. Tant'è. Sta di fatto che quella quota iniziale, che ha il profumo di tangente, viene appoggiata da Carboni sui conti della moglie e della convivente. Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Roma che hanno seguito le indagini, gli 850 mila euro che vengono, tramite assegni circolari con data 26 giungo 2009, intestati a Tomassetti e ad Antonella Pau, negoziati presso la banca di Verdini sarebbero parte di quel gruzzolo iniziale. Denaro che viene incassato senza che siano presenti i due interessati. «Una pratica normale», secondo Verdini.
Altrettanto normale, secondo il deputato, che quei soldi vengano messi sul conto della Società Toscana Edizioni, controllata di Verdini che edita il Giornale di Toscana. E fino a qui, la ricostruzione degli inquirenti coincide più o meno con quella fatta mercoledì dal coordinatore del Pdl durante la conferenza stampa. Ma a questo punto la versione di Verdini si inceppa. Di fronte alla mancanza di un qualsiasi pezzo di carta che attesti la volontà di Carboni, di Tomassetti o di Antonella Pau di entrare nella società, o comunque che giustifichi quella "donazione", Verdini chiama in causa una scrittura privata, datata 2009, su una promessa di acquisto del 2004 che, però, non convince gli investigatori. L'ipotesi dell'accusa è che quel "regalo" sia che un temporaneo "parcheggio". Un modo per ripulire quella somma. E non è un caso che, dopo due settimane, inizi il prelievo di quei soldi da parte dei soci della Ste. Verdini in primis, ma anche Massimo Parisi, coordinatore del Pdl Toscana. Un attingere continuo con piccole somme, che, in pochi mesi, non lascia più traccia, nelle casse della società, di quel "regalo" ingiustificato. Fino a qui la ricostruzione accertata, ora le indagini per capire le ragioni di quel versamento. E, soprattutto, per chiarire se sia stata l'unica operazione di questo tipo. O se, come si sospetta, sia stato uno dei modi per "pagare" le agevolazioni per l'eolico.


Sotto esame le 60 posizioni aperte da Verdini al Credito Fiorentino di cui era presidente
Sui rapporti coordinatore-banca il sospetto del conflitto d'interessi
di Franca Selvatici

LA REPUBBLICA   -   30 luglio 2010   pag. 11

FIRENZE - Conflitto di interessi fra Denis Verdini banchiere e Denis Verdini cliente della sua stessa banca, il Credito cooperativo fiorentino che il coordinatore del Pdl ha guidato dal 1990 al 23 luglio. L'ipotesi prende forma nella relazione degli ispettori della Banca d'Italia Vincenzo Catapano e Antonio Cattolico, ora all'esame dei magistrati di Roma che indagano sulla P3 e dei loro colleghi di Firenze che stanno lavorando sui finanziamenti erogati dalla banca di Verdini al gruppo Baldassini Tognozzi Pontello (Btp) dellimprenditore Riccardo Fusi. Ed è uno degli spunti che, ad avviso degli inquirenti, potrebbero portare «nuova linfa» alle indagini.
Al Credito cooperativo fiorentino, scosso dalle dimissioni del presidente e dell'intero consiglio di amministrazione, sono arrivati ieri i commissari straordinari nominati dal governatore di Bankitalia Mario Draghi: il professor Angelo Provaroli, ex rettore dell'Università Bocconi, e il dottor Virgilio Fenaroli. Sarà loro compito assicurare la gestione della banca e restituire fiducia a soci e correntisti dopo la tempesta, ma anche approfondire gli elementi critici rilevati dagli ispettori: quelle «gravi irregolarità amministrative e gravi violazioni normative» che hanno convinto il direttorio di Bankitalia, all'unanimità, a proporre il commissariamento dell'istituto e il ministro dell'economia a decretarlo.
Sotto la guida di Verdini, il Credito Cooperativo Fiorentino ha conosciuto uno sviluppo impetuoso. Dal ´91 ad oggi i soci sono passati da 522 a 1.012, i depositi da 52 a 460 milioni di euro, gli impieghi da 23 a 406 milioni. Tuttavia - è il giudizio degli ispettori - la banca è stata esposta a rischi. Un piccolo istituto con finalità mutualistiche si è lanciato in operazioni nel comparto immobiliare non previste nel suo statuto. In particolare vengono espressi giudizi critici sulle relazioni intrattenute dalla banca con alcuni gruppi imprenditoriali, prima fra tutti la holding Btp (ma non solo). L'inchiesta della procura di Firenze sulla Scuola Marescialli ha documentato attraverso le intercettazioni dei carabinieri del Ros la predisposizione sistematica, da parte di società del gruppo Btp, di preliminari di compravendita fittizi in base ai quali il Credito Cooperativo erogava i finanziamenti. Tutti garantiti, ha sempre assicurato Verdini, che difende la solidità della banca e assicura che il rapporto con Btp le ha procurato grandissimi guadagni. Una tesi che non sembra convincere Bankitalia, mentre la procura di Firenze sospetta che Verdini possa essere socio occulto di Fusi.
Gli ispettori hanno segnalato anche operazioni di frazionamento di somme consistenti in assegni di piccolo taglio per eludere i controlli antiriciclaggio. La relazione si sofferma anche sulle procedure di controllo interno e sulla presenza negli organi di vigilanza di professionisti strettamente legati a Verdini. Il rilievo più interessante sotto il profilo penalistico riguarda però l'ipotesi di conflitto di interessi fra Verdini presidente e Verdini cliente della banca, presso la quale aveva aperti 60 rapporti. Le indagini dovranno appurare se possa configurarsi il reato di «omessa comunicazione di conflitto di interessi», punito con la reclusione da uno a tre anni: lo commette l'amministratore di una società se non dà notizia agli altri amministratori e ai sindaci di ogni interesse da lui detenuto per conto proprio o di terzi in una determinata operazione, sempre che essa causi un danno alla società.