Firenze, l'inchiesta sulla Scuola Marescialli Carabinieri passa a Roma


FIRENZE, PROCURA ESAUTORATA
Va a Roma il processo sulla Scuola dei Marescialli: possibili effetti sull'inchiesta
di Rita Di Giovacchino

IL FATTO QUOTIDIANO   -   7 luglio 2010    pag. 8

Il terzo schiaffo alla procura di Firenze, nel giro di un mese, questa volta viene dalla prima sezione del Tribunale toscano. Dopo la Cassazione, che il 10 giugno scorso, aveva disposto il trasferimento a Roma degli atti dell'inchiesta legati al filone fiorentino dei Grandi eventi, sono stati gli stessi giudici del processo sull'annosa vicenda della Scuola dei Marescialli a dichiarare la propria incompetenza territoriale. Una decisione che si aggiunge al rifiuto da parte della commissione del ministero degli Interni a riconoscere lo status di collaboratore di giustizia a Gaspare Spatuzza, chiesto dai pm che indagano sulla strage di via dei Georgofili. Non sono giorni facili per i magistrati fiorentini. Il pm Luca Turco aveva cercato di parare il colpo negando l'esistenza di una "unicità nel rapporto corruttivo fra gli indagati" (principio che secondo la Cassazione la escluderebbe dalle indagini) riaffermando una "pluralità di fatti di corruzione" la cui radice sarebbe nel patto sancito a Firenze tra i costruttori Riccardo Fusi e Francesco Maria Piscicelli per riammettere la potente Baldini Tognozzi Pontenllola società di Fusi- nei cantieri della Scuola dei Marescialli.
Secondo la procura di Firenze, sarebbero le recenti dichiarazioni di Pierfrancesco Gagliardi, cognato di Piscicelli (lo "sciacallo" che rise la notte del terremoto all'Aquila) il fatto nuovo che radica in Toscana il patto corruttivo tra gli imputati. Poi ci sono stati altri patti e altri progetti, ma la Scuola dei Marescialli, spetta a noi. Questa la tesi respinta dal Tribunale. "L'indagine fiorentina ha evidenziato un sistema di corruttela molto esteso che riguarda diversi imprenditori, non solo Fusi e Anemone, ma vari funzionari pubblici, un segmento della burocrazia", ha detto il pm Turco secondo il quale siamo di fronte a "un sistema che declina diversamente il rapporto fra affari e politica rispetto a Tangentopoli, perché al centro del sistema non c'è più il partito ma il singolo politico attorno al quale ruotano favori e denari". Ma il tribunale di Firenze che ha preferito accogliere la tesi della Cassazione sull'"unicità del patto corruttivo" tra i vari protagonisti e l'esistenza di accordi che hanno trovato sbocco all'interno di uffici romani. Gli atti vanno a Roma, perché lì sono avvenute le 'dazioni' culminate con la nomina di Fabio de Santis a provveditore delle opere pubbliche della Toscana "esplicitamente indicate come corrispettivi per la riammissione della Btp nel cantiere della Scuola dei marescialli".
La notizia della morte dell'avvocato Guido Cerruti, avvenuta ieri mattina in un romano, ha scosso l'udienza. Cerruti, avvocato amministrativista, era stato arrestato lo scorso febbraio, ma proprio a causa delle sue condizioni di salute aveva ottenuto gli arresti domiciliari. A dare la notizia il suo legale Guido Dresda: "Provo un grande dispiacere, lui ci teneva moltissimo a dimostrare la sua innocenza". Cerruti era tornato in libertà il 7 maggio scorso, con il solo vincolo dell'obbligo di dimora a Roma e beneficiando, pochi giorni fa, della decadenza della misura cautelare visto che i pm romani non ne avevano sollecitato il rinnovo. Secondo i pm Cerruti aveva svolto un ruolo chiave nella vicenda. Fusi aveva proposto la sua assunzione come consulente, ma per gli inquirenti il compenso stabilito, stando a intercettazioni del Ros, "nascondeva" la dazione destinata ai Balducci e De Santis (che a tale scopo avrebbero suggerito a Fusi il suo ingaggio).
L'uscita di scena della procura di Firenze che con le sue indagini ha svelato un mastodontico sistema di corruzione - forse diverso ma non meno grave di Tangentopoli - rischia di cambiare non soltanto la geografia dell'inchiesta, ma anche il suo possibile esito. Non va dimenticato che uno dei personaggi chiave è il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, che nelle carte fiorentine viene indicato come socio occulto del costruttore Fusi, sull'orlo di un crack che rischia di travolgere il Credito Cooperativo Fiorentino (la banca di Verdini). Secondo i pm toscani per sostenere Riccardo Fusi, nella vicenda della Scuola dei Marescialli, Verdini avrebbe fatto pressioni sul ministero delle Infrastrutture e, indirettamente, sui funzionari pubblici coinvolti nell' indagine.
Il coordinatore del Pdl non è indagato per corruzione soltanto in questa inchiesta. Anche in quella sulle pale eoliche condotta dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo. Un'indagine che vede coinvolti l'ex piduista Flavio Carboni, alti magistrati e imprese in odor di mafia. Due indagini fotocopia che nel filone toscano quasi si sovrappongono. L'esito dell'una può influire sull'altra. A Roma la Scuola dei Marescialli andrà alla sezione Pubblica amministrazione, il cui capo è oggi il procuratore aggiunto Alberto Caperna (al posto di Toro). Come andrà a finire nessuno è in grado di dirlo, ma la procura di Roma è tornata ad avere un ruolo egemone. Anche se dovrà vedersela con la procura di Perugia che gestisce le indagini sulla cupola romana degli appalti. Quel sistema Anemone che affonda i suoi terminali da un lato in ambienti vaticani - la Propaganda Fide del cardinale Sepe - dall'altro nei ministeri e nei vertici della Protezione civile che vede coinvolti, oltre all'ex ministro Scajola e lo stesso Bertolaso, altri politici. Ma la difesa degli imputati esulta, la vera partita si gioca a Roma, dicono.