I disabili che disturbano a scuola


I disabili che disturbano a scuola
di Evelina Santangelo

IL FATTO QUOTIDIANO   -   29 settembre 2010   pag. 18

C'è un'inaudita violenza nascosta nelle opinioni di "tutti" di cui l'assessore all'istruzione del comune di Chieri ha voluto farsi paladino dichiarando, in consiglio comunale, che "i ragazzi disabili nelle scuole disturbano gli altri alunni e non imparano nulla". E la prima violenza, tanto più odiosa quanto dissimulata, sta in quel modo liquidatorio di definire i "disabili" "ragazzi che con l'istruzione non c'entrano nulla", esemplari della specie "disabili", dunque, il cui tratto distintivo è l'essere portatori di un qualsiasi indiscriminato handicap.
NÉ MENO liquidatorie sono le conclusioni: "Non sempre mamma e papà sono d'accordo, ma è nostro compito convincerli", convincerli ad affidare i figli a "comunità specializzate". Parole che suonano tanto più sinistre quanto più risultano arbitrarie, visto che nel nostro paese nessuno oggi si può arrogare il diritto anche solo di pensare che sia suo compito "convincere" un genitore a non mandare il proprio figlio a scuola assieme agli altri ragazzi. Sinistre, arbitrarie, pericolose, perché trincerandosi dietro l'"ovvietà" dell'opinione corrente (le opinioni di tutti e di nessuno in particolare, che mettono a posto le coscienze dinanzi a ogni abuso), smantellano quel che si è costruito nel nostro paese dagli anni 70 ad oggi sul piano culturale, legislativo, organizzativo, per combattere uno stato di cose che relegava la disabilità a una condizione di emarginazione e segregazione. Uno stato di cose che negli anni 60 vedeva relegati in scuole speciali e differenziali anche studenti con svantaggio socio-culturale. Ora, le dichiarazioni dell'assessore Pellegrino si potrebbero anche liquidare come uno "sproposito", se non fosse che oggi considerazioni di questo tipo cadono invece perfettamente "a proposito". "A proposito" di quel che è, di fatto, accaduto nella scuola italiana, dopo i recenti tagli all'istruzione, ad esempio, dove, tra le altre cose, non è più possibile rispettare il tetto di 25 allievi per classe – fissato per favorire lo sviluppo di una scuola capace di includere il disagio, la disabilità –, e dove la carenza di insegnanti specializzati per il sostegno è spesso ovviata con l'utilizzo di insegnanti in soprannumero. "A proposito" di quel che continua a succedere ad Adro, dove permangono i 700 simboli della Lega, simboli di un partito la cui sostanza ideologica xenofoba e razzista è già tutta dispiegata in quell'opuscolo degli Enti Locali Padani Federali a cura di Giorgio Mussa (pubblicato e divulgato nel dicembre 1998 dal movimento), che si chiude con "No all'invasione, difendiamo il nostro popolo!". E per difendersi dall'invasione si è persino visto l'odierno presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota (da capogruppo della Lega Nord alla Camera) presentare in Parlamento (nel 2008) una mozione in cui si auspicava "una scuola capace di supportare una politica di discriminazione transitoria positiva a favore dei minori immigrati", dove la fumosa alchimia linguistica faceva delle "discriminazioni" il fulcro di una politica volta a promuovere classi differenziali su base razzia-le. Poiché una logica identitaria fondata sull'esclusione di chi non è simile ai simili o di chi non è conforme all'idea di identità imposta per via ideologica non pone limiti alla discriminazione, le parole dell'assessore di Chieri cadono giusto "a proposito" anche dell'emendamento appena presentato alla Regione Lombardia dalla Lega dove si chiede di "sostenere in via prioritaria gli studenti lombardi riguardo agli interventi a favore del diritto allo studio", contro chi è, evidentemente, straniero perché non-lombardo, praticamente tutto il resto degli italiani... per i quali, a loro volta, valgono ulteriori criteri discriminatori in una visione della scuola che ha messo da parte l'emancipazione e la mobilità sociale, in nome di una logica ferrea dell'efficienza e della produttività.
UNA LOGICA che, in termini formativi, ha significato sostanzialmente dare più chance a chi ne ha già di più, discriminando tutto quell'universo di realtà che partono da uno svantaggio sociale, culturale ed economico. Basta constatare la sperequazione tra regioni del Nord e regioni del Sud riguardo alla presenza sul territorio di scuole a tempo pieno. Basta constatare l'entità del "buono scuola" che la Regione Lombardia stanzia per un liceo privato parificato esclusivo come il Leone XIII (come risulta da un'inchiesta di Riccardo Iacona). Così, se andiamo a guardare da vicino questo nostro paese – tra le scuole ridotte a elemosinare finanziamenti sempre più magri e quelle costrette   a chiedere un contributo ai genitori per garantire addirittura la carta igienica – è sconcertante l'immagine che ci restituisce. L'immagine di una società sempre più concepita da chi governa con una logica di classi differenziali dove i discrimini in termini etnici, geografici, sociali, economici, culturali, o in termini di "abilità" sta assumendo sempre più i tratti di una minuziosa, notarile, ordinaria discriminazione senza fine.