Il terremoto dei banchieri (con postilla)
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione Terremoto Abruzzo , domenica 27 settembre 2009
Grazie al decreto Abruzzo dell'aprile scorso, convertito in legge il 24 giugno, tutte le rate dei mutui e dei finanziamenti destinati agli aquilani sono state sospese fino a dicembre 2009. La rateizzazione è stata così congelata e di fatto è slittata di nove mesi. Una bella boccata di ossigeno per i terremotati.
Una boccata però breve e velenosa: la Cassa di risparmio della Provincia dell'Aquila, il principale istituto della città, ora esige gli interessi sui mesi sospesi. In poche parole si tratta di una specie di "tassa sulla sospensione". "Gli interessi andranno pagati ha confermato all'Ansa il direttore della filiale di Ovindoli, Agostino Alonzi in quanto il decreto non prevede il titolo gratuito".
Molti terremotati di ritorno all'Aquila in questi giorni di riapertura delle scuole, hanno già avuto l'amara sorpresa: il loro debito nei confronti delle banche, invece di diminuire, è magicamente cresciuto.
E oltre a pagare una casa che almeno in questo momento non hanno più, e a fare i conti con la perdita del lavoro, ora devono anche sborsare gli interessi che in alcuni casi possono arrivare a migliaia di euro: un ristoratore di Ovindoli, Davide Pompili, con un capitale residuo di 85 mila euro, a gennaio dovrà versare circa 2.400 euro di interessi.
Con l'aggiunta di un piccolo particolare: che nessuno glielo aveva detto prima.
2. "Rinuncia alla sospensione mantenendo inalterato l'originario piano di ammortamento del prestito" (peccato che gli aquilani, appunto, lo sappiano solo oggi).
3. "Pagamento in un'unica soluzione delle rate sospese senza alcun onere aggiuntivo per interessi e/o mora entro il 15 gennaio 2010" . In poche parole gli aquilani per non pagare gli interessi dovrebbero versare 9 rate tutte insieme. Piuttosto improbabile, per migliaia di persone senza lavoro e casa.
4. "Il ricorso ad un particolare finanziamento agevolato (tasso fisso 3% - durata max 72mesi) dedicato all' "emergenza terremoto" per il pagamento entro il 15 gennaio 2010 delle rate sospese". Un finanziamento sul finanziamento.
Per il capo del servizio credito della Carispaq, Enrico Coppa "La legge non dà indicazioni in merito e L'Abi ci ha lasciato liberi di agire". E non dimentica di aggiungere aggiunge un: "Siamo terremotati anche noi".
TAV, sciogliere il nodo di Firenze: il punto di vista dell'Associazione Idra
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione TAV Firenze
Associazione di volontariato Idra
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COMUNICATO STAMPA Firenze, 26.9.'09
TAV, sciogliere il nodo di Firenze: il punto di vista di Idra.
"Vogliamo progetti di grande vivibilità, più che progetti di grande visibilità", ha detto il sindaco in Consiglio comunale lunedì scorso. E ha tracciato un nuovo orizzonte per Firenze. Si tratta adesso di tradurre questo programma in scelte concrete: quella della TAV è la prima zavorra da gettare.
Nel caso del progetto di stazione sotterranea e sottoattraversamento si impone lo stesso coraggio che il sindaco ha mostrato nel trattare il tema delicatissimo della cosiddetta cittadella viola. "Il project ha precisato Renzi - può portare marginalità al privato solo se garantisce l'interesse pubblico. Non ha senso che il pubblico si assuma il rischio di impresa. Per come la vediamo noi il project presuppone che il rischio di impresa sia assunto dal privato nella sua totalità". Ebbene, vi sono ormai pronunciamenti chiari e consolidati della magistratura contabile e dei più alti organi di controllo degli appalti che bocciano alla radice l'istituto contrattuale della TAV, definita da qualcuno la "Caporetto del project financing". Nel contratto di appalto, infatti, le funzioni del committente sono in capo all'amministrazione aggiudicatrice, mentre nel contratto di concessione tutte le funzioni del committente si trasferiscono in capo al concessionario. Nella TAV invece, col concessionario-committente (quale è il general contractor), e con il finanziamento dell'opera fino al 100% del costo, viene a configurarsi una situazione paradossale che spinge inevitabilmente a far durare il più a lungo possibile i lavori e a definire progetti il più possibile costosi. In Mugello si pensa di inaugurare a fine 2009 ma senza un tunnel di sicurezza per ben 60 km! una galleria nella quale i treni avrebbero dovuto correre già nel 2003. Non solo. Quale garanzia un concessionario, non impegnato a recuperare l'investimento dalla gestione, potrebbe dare sulla qualità dell'opera? Ovviamente nessuna. Occorre avere dunque il coraggio di denunciare una architettura finanziaria, quella del general contractor, che dilapida le casse pubbliche e promette come in Mugello tempi indefiniti e risultati inquietanti (ad esempio, i due km di tunnel di linea demoliti e ricostruiti perché realizzati in cemento non armato in terreni argillosi!).
Il sindaco di una città come Firenze ha non solo il diritto, a nostro avviso, ma anche il dovere di difendere il proprio territorio da interventi provatamente invasivi, che lascerebbero la città per anni, ben oltre le già lontane scadenze annunciate, alla mercé di una cantierizzazione devastante. Bologna insegna: lì i cosiddetti "imprevisti di natura geologica che sono stati riscontrati durante l'esecuzione dei lavori" (parola di RFI, che però non spiega cosa è effettivamente successo) stanno provocando già tre anni di ritardi, disagi immensi ai residenti e la desertificazione della attività economiche nell'area interessata dai cantieri.
Si tratta di avere il coraggio di abbandonare dunque un'intera filosofia e metodologia progettuale. Si tratta di fare bene per fare presto: la mancanza di rapporto con la cittadinanza, che in Mugello ha prodotto il disastro ambientale ed erariale che sappiamo, a Firenze ha causato più di dieci anni di impasse. Si tratta di abbandonare quel modello e di riaprire, ma a 360°, e con tutta la società civile, il processo di scelta per la soluzione del nodo ferroviario fiorentino, che come giustamente fa notare il sindaco è un tassello di un sistema, e deve mostrarsi capace di produrre effetti benefici sia sui trasporti nell'intera area metropolitana e nella regione, sia su vivibilità ed economia.
Sarebbe oltremodo stupido continuare nella politica dei fantaprogetti: occorre al contrario proprio quella capacità di coordinamento che la Regione Toscana ammette candidamente ammette di non essere in grado di assicurare. Nel progetto di sottoattraversamento non esiste un modello di esercizio, si promettono merci veloci su ferro da una parte e si negano dall'altra, manca una pianificazione d'area dei trasporti. Numerose inoltre (e non poteva essere altrimenti, viste le premesse) le magagne procedurali che hanno contrassegnato il percorso tormentato del nodo TAV fiorentino: progettazione frazionata, nessuna valutazione di impatto ambientale per il trasporto ciclopico di inerti e smarino, nessuna VIA per la mega-cantierizzazione del Mugnone, nessuna VIA per la nuova stazione, dopo la clamorosa bocciatura della prima stesura, nessuna informazione né coinvolgimento dei primi cittadini dei Comuni chiamati loro malgrado ad ospitare le montagne di terre di scavo. Per raggiungere Santa Maria Novella, persino la previsione di un tram che arriverebbe presumibilmente pieno in via Circondaria, al posto di un people mover dedicato.
Non dimentichiamo poi che il sottosuolo è un bene limitato e strategico per ogni città: lo è a maggior ragione per Firenze, un centro urbano già assai costruito. Il sottosuolo dunque non può essere accordato per qualsiasi uso, soprattutto quando risulta possibile risparmiarlo e preservarlo per le future generazioni. In questo senso, con o senza stazione Foster, ogni sottoattraversamento TAV intaccherebbe questo bene. Anche se realizzati sotto l'attuale sedime ferroviario (un rischio che FS si accollerebbe, peraltro?), del resto, i due tunnel TAV interferirebbero con un'area più ampia del fascio di binari di superficie e, a seconda della profondità dello scavo, produrrebbero conseguenze più o meno significative sullo scorrimento della falda, generalmente perpendicolare ai tunnel stessi. Impatti importanti sulla falda si avrebbero comunque per le pendenze che sarebbe necessario rispettare - agli imbocchi di campo di Marte e di Castello, là dove - senza contare la stazione sotterranea - sono progettate lunghissime paratie impermeabili, dalla superficie fino al di sotto del piano del ferro: per circa 875 metri fra il Ponte del Pino e il raccordo con la linea in superficie a Campo Marte e per circa 500 metri all'imbocco Nord. Le cospicue "sorprese geologiche" registrate a Bologna suggeriscono inoltre l'opportunità di mettere in conto margini di incertezza che, sommati alle difficoltà già preventivate nella realizzazione del progetto, contribuiscono a rendere difficilmente accettabile una cantierizzazione di quasi 16 km di tunnel in piena città. Anche perché sarebbe assai onerosa la mole di cautele di lungo periodo che sarebbe indispensabile attivare perché la città non risenta dei possibili effetti collaterali degli scavi, suscettibili di manifestarsi magari dopo anni: avvallamenti del suolo, cedimenti differenziali a carico del patrimonio edilizio, lesioni a manufatti storici.
Si sono persi 10 anni dietro un cattivo progetto: si vorrebbe forse adesso, per un paradossale sussulto di fretta (pessima consigliera, in Mugello, come gli atti del processo penale ai costruttori della tratta appenninica TAV asseverano), tentare improbabili scorciatoie dopo le pessime prove della stazione Foster?
Occorre il coraggio della verità: il sindaco tenga fede ai suoi sani princìpi. Il precedente di Bologna, sotto gli occhi di tutti, insegna. Salute, sicurezza, qualità della vita sono valori che come l'ASL e l'ARPAT hanno lasciato chiaramente intendere non verrebbero certo esaltati da questo modello di progettazione e di cantierizzazione della città.
Non occorre aspettare il responso di un Osservatorio Ambientale che arriva con 10 anni di ritardo a scoprire i difetti di un sottoattraversamento denunciato come temerario già nelle osservazioni del '98. La città non può continuare a logorarsi in un'attesa che è durata fin troppo: urge una gara di idee internazionale perché siano individuate in maniera trasparente proposte di soluzione che prendano le mosse da una seria analisi della domanda di trasporto, e da una verifica rigorosa dell'efficacia trasportistica delle ricette proposte, all'interno di un tetto ragionevole di spesa che tenga conto delle priorità e dell'equilibrio necessari in una fase così critica al buon governo delle risorse pubbliche (perché è di questo, e non d'altro, che si tratta!).
"Apriremo un mese di dibattito vero", ha detto il sindaco in Consiglio lunedì scorso, "che vogliamo anche aprire alla città, con le modalità di una partecipazione vera: chi ha qualcosa da dire, ce lo dica, chi ha qualcosa da criticare, ci critichi. Mi interessa sentire qualche critica motivata, fondata, capace di farci cambiare idea, se necessario". Ebbene, il sindaco lo sa: Idra gli ha scritto più volte, gli ha inviato documentazione tecnica di ogni genere, può mettere a disposizione esperti indipendenti di valore, fiorentini e non: occorre uscire alla svelta dalla gabbia in cui le passate Amministrazioni hanno tentato di rinchiuderci con scelte improvvide ma solo apparentemente irreversibili. Non servono pastrocchi, la fretta porterebbe solo nuovi ritardi: la nuova idea di città deve liberarsi della zavorra di un passato programmato all'insegna di slogan sterili e di idee di futuro poco responsabili.
Navi dei veleni, parla il pentito Francesco Fonti
Francesco Fonti, 64 anni, boss n’dranghetista, collaboratore di giustizia per sei anni, per tanti anni residente a Reggio Emilia dove gestiva un traffico di stupefacenti, ha scontato 31 anni di carcere e oggi vive in un’altra regione del Nord. E’ lui la gola profonda della vicenda delle «navi dei veleni».
Quante sono le “navi a perdere“ affondate in acque italiane?
«Circa trenta, quasi tutte attorno alla Calabria: sia sul Tirreno sia sullo Ionio. Ma so di tre affondate in Liguria, una al largo di La Spezia due più verso Genova. E di una, un carico di scorie di una industria farmaceutica, affondata al largo di Livorno, intorno all’87».
Quelle affondate in Liguria e al largo di Livorno contenevano materiale radioattivo?
«No, che io sappia contenevano solo fusti di materiali tossici».
Da dove venivano i rifiuti?
«Industrie chimiche e farmaceutiche, sia italiane sia tedesche, svizzere, persino russe. E non solo. Anche l’Enea, come ho dichiarato, ci fece smaltire un carico di 500 bidoni di fanghi radioattivi del suo sito di Rotondella. Era il 1987, i rifiuti radioattivi sono finiti alla foce del fiume Ueli Scebeli, un fiume dell’Etiopia. Noi eravamo solo gli esecutori, facevamo il lavoro sporco per altri».
Chi faceva da intermediario?
«I servizi segreti. Erano loro a coordinare la raccolta. A loro si rivolgeva l’industria. Ed erano il filtro con il mondo della politica. Il mio contatto era, sino dal 1978, un agente del Sismi di nome Pino. Lui mi indicava la quantà di scorie da far sparire e il porto di imbarco. Il pagamento avveniva estero su estero, ad esempio all’agenzia aeroporto di Lugano d di un importante istituto svizzero. Ma anche a Singapore, a Cipro, nel Lichtenstein. Il prezzo dipendeva dalla pericolosità del carico. Diciamo tra i 3-4 miliardi di lire fino a un picco di 30 miliardi pagati per un carico di 5 mila bidoni, quasi tutta roba radioattiva. Era il 1993: li portammo in Somalia».
Li portavate sempre in Somalia?
«Anche in Nigeria, Kenia, Congo, Mozambico. Ma soprattutto in Somalia. La Somalia è piena zeppa di schifezze. Ci saranno andate una quarantina di navi. La strada Garowe-Bosaso è lastricata di scorie e ce ne sono anche lungo la strada tra Berbera e Sillil, vicino Bosaso. E tra Durbo e Ceel Gaal…».
Quante navi destinate in Somalia avevano materiale radioattivo?
«Una decina almeno. Io personalmente ho portato un carico di mille bidoni equivalenti di materiale radioattivo. Provenienti anche dalla centrale nucleare di Latina. Abbiamo imbarcato il carico in una banchina molto riservata, in uso ai servizi, sul canale navigabile tra Pisa e Livorno. Portammo il carico a Bosaso su uno dei grossi pescherecci regalati dal governo Craxi alla Somalia. E a bordo c’erano anche delle casse di armi: 75 casse di kalashnikov, 30 di munizioni, 30 di mitragliette…».
Perchè alcune navi le affondavate?
«Per truffare l’assicurazione. Era un modo per arrotondare. Oltre alle tre navi di cui ho parlato, la Cunsky, la Yvonne A. e la Voriais, che ho personalmente fatto affodare a Ceteraro, Maratea e Genzano, ce ne sono altre tre, la Aoxum, la Marilijoan e la Monika, che furono acquistate dalla n’drangheta proprio per affondarle con un carico e intascare l’assicurazione: sono le tre colate a picco in Liguria. Normalmente comunque le navi erano di armatori, che le mettevano a disposizione a pagamento e poi intascavano l’assicurazione. Come dicevo in Italia ne abbiamo affondate tra 28 e 30. Oltre alla sei che ho ricordato c’è la Rigel al largo di Capo Spartivento in Calabria, tre navi affondate nelle stretto di Messina, altre vicino Tropea, una nel crotonese… ho annotato tutto».
Fino a quando sono state affondate navi o inviate in Somalia?
«Che io sappia fino agli albori del 2000. Soprattutto verso la Somalia».
Avevate contatti diretti anche con politici?
«Certo: con uomini al vertice della Dc e del Psi. Mi sono personalmente incontrato con alcuni ministri dell’epoca. Ho fatto i nomi ai magistrati, e altri posso farne».
Crede che l’inchiesta di Paola andrà avanti?
«La risposta ce la darà il tempo. Vedo che il nuovo procuratore sta lavorando bene. Ma vedremo tra due mesi se sarà stato capace di resistere alle pressioni che certamente riceverà. Personalmente sono scettico, ma se davvero andasse avanti io sono disposto a raccontare tante cose che non ho ancora detto e che a mia tutela ho messo in un memoriale depositato al sicuro…».
Teme per la sua vita?
«Secondo lei? Questa è roba seria. Qualcuno mi ha chiamato ieri consigliandomi di non esagerare. E comunque già alla metà degli anni ’90 uomini dei servizi sono venuti nel mio rifugio che allora era in Trentino a dirmi “quel che lei ha detto ha detto, ma sappiamo che sai anche questo e quest’altro e non lo dica. Si fermi qui. Sennò è peggio per lei“…».
Idra incontra RFI: il progetto di sottoattraversamento TAV di Firenze e le complicazioni a Bologna
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione TAV Firenze
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
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COMUNICATO STAMPA Firenze, 21.9.'09
Idra incontra RFI: il progetto di sottoattraversamento TAV di Firenze e le complicazioni nel sottoattraversamento a Bologna.
Mercoledì 23 settembre l'atteso primo incontro fra RFI e Idra sul progetto di sottoattraversamento TAV di Firenze. L'associazione ecologista fiorentina lo aveva richiesto oltre un anno fa: ad accordarlo adesso è stato il nuovo referente di progetto per i nodi ferroviari TAV di Bologna e di Firenze, l'ing. Francesco Bocchimuzzo, subentrato all'ing. Marco Rettighieri questa estate.
Molti gli argomenti in agenda, a partire dal deficit di informazione. Dopo oltre dieci anni dall'approvazione del progetto di sottoattraversamento, infatti, la cittadinanza conosce a stento alcuni dettagli di un progetto preliminare in buona parte superato. La stazione Foster, in particolare, ha ben poco a che vedere con la precedente ipotesi di stazione Zevi, per la quale era stato chiesto il parere dei cittadini e si era aperto un procedimento di valutazione di impatto ambientale, negato invece per la nuova stazione.
Buio totale per i cittadini anche sul progetto esecutivo del doppio tunnel, da mesi al vaglio dell'Osservatorio Ambientale.
Idra confida di contribuire quindi a colmare attraverso questo e i prossimi appuntamenti con Rete Ferroviaria Italiana - almeno alcune delle gravi lacune che il progetto accusa in termini di trasparenza anche per la palese inefficienza delle istituzioni pubbliche locali e i ritardi organizzativi dell'Osservatorio Ambientale.
Questi alcuni dei principali temi sui quali Idra chiederà ogni possibile chiarimento:
· la natura delle sorprese idrogeologiche registrate nel sottoattraversamento TAV di Bologna, le cause dei gravi ritardi (almeno tre anni di cantierizzazione nel centro della città) e i rimedi ai dissesti a carico delle abitazioni colpite, i risarcimenti ai cittadini evacuati e agli assai più numerosi cittadini esposti allo stress quotidiano, diurno e notturno, all'inquinamento chimico e acustico;
· il piano di lavori per la messa in sicurezza dei torrenti Mugnone e Terzolle, e per la cantierizzazione dell'area ex Macelli e ex Mercato del bestiame (che prevede l'abbattimento di ben 163 alberi, almeno tre dei quali già abbattuti la scorsa settimana);
· il cronoprogramma aggiornato dell'opera di stazione e sottoattraversamento di Firenze, intervento per intervento, e l'ordine di grandezza dei costi aggiuntivi che potranno derivare dagli adeguamenti richiesti nella formulazione definitiva del progetto esecutivo;
· i dati, la metodologia di indagine, i siti, la frequenza e la rappresentatività dei sondaggi, le misure studiate per fronteggiare eventuali emergenze - o particolari occorrenze (come, ad esempio, il possibile intasamento dei sifoni) - nel corso dei lavori e del pluridecennale compito di manutenzione necessaria a minimizzare gi effetti comunque attesi negli equilibri della falda;
· le metodologie di scavo, il grado di avanzamento delle verifiche attuate sulla accettabilità delle conseguenze degli scavi nell'ambiente urbano di Firenze, previsti sotto numerosi edifici residenziali e alcuni importanti manufatti storici, e sull'effetto-diga che il doppio tunnel e le profonde paratie impermeabili produrranno nell'intero comparto urbano;
· la fascia di monitoraggio e di applicazione delle tutele risarcitorie a beneficio degli edifici che si trovano sulla verticale dei tunnel e nell'area suscettibile di ricevere danni dagli scavi;
· i programmi di trasporto dei materiali da costruzione e dello smarino, e quelli di utilizzazione della viabilità urbana e del 'corridoio attrezzato' nell'ipotesi che il sottoattraversamento venga cantierizzato;
· le misure di salvaguardia adottate per la tutela della salute della popolazione, in particolare delle comunità maggiormente sensibili (scuole per l'infanzia, primarie, medie e superiori);
· l'organizzazione dell'apparato della prevenzione e della sicurezza nel nodo fiorentino in caso di alluvione, incidente o attentato (viabilità e tempi di percorrenza programmati e verificati per la copertura totale della linea del soccorso, dotazioni in termini di personale qualificato e strutture);
· i modelli di esercizio della linea TAV, sia in relazione agli effetti sul trasporto locale (ad esempio, sui servizi regionali dal Valdarno e verso Bologna), sia in relazione al trasporto merci, annunciato come strategico negli anni scorsi, ma che l'ad di FS SpA Mauro Moretti sembra escludere, tenuto conto delle esigenze di manutenzione notturna della linea e delle velocità diverse (e incompatibili) dei convogli veloci passeggeri e merci negli orari diurni.
Idra comunicherà i risultati di questo primo incontro in una conferenza stampa sabato 26 mattina, alle ore 11, al Gran Caffè Giubbe Rosse, in Piazza della Repubblica.
L'appuntamento sarà anche l'occasione per fare il punto sull'indagine che l'associazione Idra sta realizzando in merito ai parametri di sicurezza della galleria TAV fra Firenze e Bologna, la cui entrata in esercizio è prevista per il prossimo 13 dicembre.
Le grandi imprese amano il "mattone"
Insomma, secondo la denuncia della CGIA di Mestre, si è privilegiato, in larga misura, l'investimento di natura "speculativa", trascurando, invece, di impiegarli all'interno delle aziende per migliorare la competitività e divenire quindi più concorrenziali sul mercato domestico e quello internazionale.
Sempre nella nota della CGIA di Mestre si sottolinea come l'andamento degli investimenti in immobili di questi ultimi anni sia stato decisamente condizionato dalle agevolazioni innescate con la cosiddetta Tremonti bis.
"E' da augurarsi - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - che con l'introduzione della Tremonti Ter ci sia un una netta inversione di tendenza e si torni quindi a favorire gli investimenti nella propria attività per renderla più efficiente e virtuosa con l'obbiettivo di aumentare l'occupazione. Certo - conclude Giuseppe Bortolussi - generalizzare è sempre sbagliato ma questa nostra analisi dimostra come, in questo ultimi nove anni, le grandi aziende italiane siano state più concentrate su attività speculative invece di investire sull miglioramento dell'organizzazione produttiva".
Austrada A1 - 13 Marzo 2008 - Le Croci
Pubblicato da Giovanni Sezione Ambiente, Autostrada, Le Croci , sabato 12 settembre 2009
13 Marzo 2009 - Incidente nella galleria Autostrada A1 Loc. Le Croci. Si incendiano diversi automezzi. Aria Irrespirabile in tutto il paese per oltre 4 ore. Dopo breve tempo il traffico di tutta la A1 si sposta sulla provinciale, creando blocchi in prossimità dei centri abitati e dei tornanti essendo difficoltoso lo scambio fra due TIR
Gettavano rifiuti pericolosi nei cantieri dell'Alta Velocità: condannate due aziende di Mestre (Venezia)
Tratto dal sito www.ansa.it
Berlusconi? Meglio non incontrarlo
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione Regime
Tav, De Zordo: "Il tunnel non favorisce i pendolari. Conti non bluffi"
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione TAV Firenze , giovedì 10 settembre 2009
Comunicato stampa
Tav, De Zordo: "Il tunnel non favorisce i pendolari. Conti non bluffi"
La capogruppo di perUnaltracittà vuole un'audizione in commissione: "I treni possono passare in superficie"
"L'assessore Conti bluffa – ha spiegato Ornella De Zordo – facendo credere che, se il tunnel non si farà, i problemi ricadranno in particolare sui pendolari. Lo studio effettuato dal Dipartimento di Urbanistica dimostra che basterebbe aggiungere due binari a quelli attualmente funzionanti. Un lavoro che tra l'altro riguarderebbe soltanto alcuni tratti, dato che altri sarebbero già provvisti delle strutture sufficienti. Al contrario di qunato sostiene Conti, il passaggio in superficie dei treni alta velocità risulterebbe più funzionale sia per i regionali che per i superveloci, consentendo l'interscambiabilità nell'uso dei binari".
"Conti dice di voler rispettare il lavoro dell'Osservatorio – ha aggiunto De Zordo – ma se davvero fosse attento ai problemi di impatto ambientale e strutturale dell'opera, di cui non si è interessato minimamente negli ultimi 12 anni ignorando i pareri e le prescrizioni della stessa Regione, darebbe maggiore attenzione ai problemi della falda, dei rischi per gli edifici, delle ricadute sulla salute dei cittadini di quest'opera assurda. Lo stesso assessore racconta che tunnel del genere esistono ovunque, ma per chiarezza occorre citare casi concreti: gli abitanti di via Caracci a Bologna, per lavori simili a quelli previsti per Firenze, ma più semplici, sono stati evacuati dalle proprie abitazioni, o costretti da otto anni a convivere con il passaggio quotidiano dei camion e con le polveri sottili a livelli altissimi. Ci rifiutiamo di accettare questa logica secondo la quale Regione e Governo vanno a braccetto verso la realizzazione delle 'grandi opere' a tutti i costi, incuranti delle gravi ripercussioni per i cittadini e per l'ambiente tutto".
L'informazione dell'olio di ricino
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione Regime , mercoledì 9 settembre 2009
L'INFORMAZIONE DELL'OLIO DI RICINO
I Signori della Ruspa in marcia su Firenze
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione TAV Firenze , martedì 8 settembre 2009
Comitato contro il sottoattraversamento AV Firenze
Comunicato stampa - Firenze, 8 settembre 2009
Parole stonate
La coppia Matteoli - Conti si è adoperata ieri cercando di chiudere ogni spiraglio di ripensamento sul folle progetto di sottoattraversamento Alta Velocità di Firenze.
Il comitato contro il sottoattraversamento AV Firenze - notavfirenze@gmail.com
Venezia, l'altra faccia del Festival del Cinema: botte della Polizia ai lavoratori precari dello spettacolo !
La verità sui rifiuti in Campania: una lettera di padre Alex Zanotelli
Pubblicato da CCCPEC.IT Sezione Inceneritori , lunedì 7 settembre 2009
Questo mio *grido* si unisce al grido di tanti cittadini che dal basso stanno impegnandosi per far nascere il nuovo. E il nuovo , può oggi nascere solo dal basso. Dall'alto non c'è più nulla da aspettarsi. La speranza viene solo dal basso, dalla capacità dei gruppi, comitati di mettersi insieme, di fare rete sia a Napoli come in Campania. In questo periodo sono nati il Coordinamento regionale per la gestione pubblica dell'acqua e il Coordinamento regionale rifiuti che riunisce le comunità e i comitati su base regionale. Sta nascendo ora anche il Forum regionale antirazzista che riunisce i gruppi che lavorano a favore di immigrati e Rom. Sta lentamente nascendo anche la rete di comunità immigrate della città di Napoli per permettere ai rappresentanti delle comunità etniche presenti sul territorio di parlare. In questo spirito è nato quest'anno anche Segnali di Fumo che mette insieme pezzi di cittadinanza attiva in città per fare pressione sulle istituzioni locali. Senza dimenticare la Rete del Rione Sanità che da anni lavora per creare sinergia in questo non facile quartiere, e che quest'anno ha finalmente fatto partire , in stretta collaborazione con la Banca Etica , il Microcredito per stimolare nel Rione nuove iniziative economiche. (Tutto questo dovrebbe partire il prossimo autunno).