Dio perdona, Equitalia no. Eccetto Forza Italia, AN e DS

 
Dopo l'inchiesta di "Repubblica" su Tributi Italia, dossier di "Report" sull'azienda pubblica
Tasse, quando la riscossione ci strozza caos Equitalia tra multe fantasma e aggi

LA REPUBBLICA   -   12 aprile 2010   pag. 17

ROMA - Quando tre anni fa l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa disse che pagare le tasse era bello l'Italia si sollevò. Siamo un popolo di evasori, è vero, ma dietro al pessimo rapporto del paese con il fisco non c'è solo il rifiuto dei privati e delle piccole o grandi imprese a pagare lo Stato. C'è anche il fatto che lo Stato non è chiaro né quando incassa, né quando spende, né quando traccia il suo bilancio. E la mancanza di chiarezza e trasparenza del sistema fa sì che il fisco possa diventare un mostro anche per chi, le tasse, le vuole pagare. O per chi, lungi dall'essere un evasore, per non aver pagato in tempo una multa o aver saltato una rata dell'Inps, ha visto lievitare il suo debito di giorno in giorno, di sanzione in sanzione grazie ad una marea di leggi e regolamenti impossibili da domare.
A centrare il tema, ieri sera, è stata la puntata di Report su Rai3. Dopo l'inchiesta di Repubblica che nei giorni scorsi ha raccontato il crac di Tributi Italia e la storia dei 90 milioni di euro riscossi e mai arrivati nelle casse dei comuni, la squadra di Milena Gabanelli ha affrontato il caso Equitalia, la spa che fa capo all'Agenzia delle Entrate (per il 51 per cento del capitale) e all'Inps e che per conto degli enti riscuote i tributi. Il compito, prima, era affidato alle banche che non si davano troppo da fare: Equitalia vanta performances migliori (anche se le quote portate a casa restano circa un sesto del dovuto), ma dietro a questi risultati, ha raccontato la trasmissione, ci sono storie di ordinaria follia fiscale. Case ipotecate a fronte di debiti verso lo Stato di poche migliaia di euro; fermi amministrativi su auto per multe non recapitate. Contribuenti sicuri di trovarsi davanti ad un caso di «cartella pazza», ma che per paura delle conseguenze oggi pagano per fermare la spirale, sperando in un lontano ricorso, e facendo lo slalom fra le code di diversi uffici pubblici che non parlano l'uno con l'altro. C'è l'impiegata di una ditta che salda dopo tre anni una cartella fiscale per multe mai recapitate: il conto iniziale era di 2 mila euro, ma ora - pur sicura che si tratti di un errore - ne versa quasi 5 mila. C'è il professore universitario che avendo vissuto un anno all'estero è rimasto indietro nel pagamento del canone e di qualche multa: si tratta di 700 euro, ma dopo un anno e mezzo, grazie alle sanzioni e all'aggio di Equitalia diventano 1.180. Gli ipotecano la casa (per 700 euro di debito) se ne aggiungono altri 420 per spese di notifica. Totale finale 1.903 euro: «Se avessero fatto questo ad una famiglia di operai l'avrebbero ammazzata» spiega il professore. Ecco il punto è questo: mixato con una crisi che ha falciato miriade di imprese familiari, la spirale del fisco può diventare diabolica. Lo raccontano, in trasmissione, diversi piccoli artigiani travolti da debiti e magari impossibilitati a pagare perché, lavorando con le pubbliche amministrazioni, sono saldati con anni di ritardo.
Il fatto è che su ogni imposta non pagata alla sanzione annua del 30 per cento si deve aggiungere il 6 per cento di mora - se il pagamento avviene dopo i 60 giorni dalla notifica - più l'aggio di Equitalia che - sempre dopo i 60 giorni - arriva al 9 per cento. Un «sovrapprezzo» che, in un anno, arriva al 45 per cento. Senza considerare che il mondo della riscossione crediti, oltre che da Equitalia, è popolato da 41 società private (cui si rivolgono 4 mila enti locali) dalle più svariate parcelle. Un'inestricabile giungla.
(l.gr.)



Dio perdona, Equitalia no. Eccetto Forza Italia, AN e DS
Per loro "astenersi anche da eventuali solleciti di pagamento"
di Marco Lillo

IL FATTO QUOTIDIANO   -  13 aprile 2010   pag. 5

La lista degli intoccabili è trasversale e include i tre maggiori partiti. Porta la data del 16 ottobre del 2007 e si apre con Alleanza Nazionale per finire con i DS, passando per Forza Italia. Un anonimo dirigente di Equitalia, la società dalla forma privata e dall'azionariato pubblico, creata appositamente per riscuotere i tributi, scrive alla sua controllata "Equitalia Gerit", che si occupa di Roma e del Lazio: "Per i contribuenti sotto indicati attendere istruzione da parte della capogruppo (per cui astenersi anche da eventuali solleciti di pa gamento)".
Il documento è stato mostrato da Giovanna Boursier durante la puntata di Report di domenica scorsa dedicata proprio a Equitalia. Il settimanale L'Espresso, con un servizio di Primo Di Nicola del 2008, aveva raccontato già dell'esistenza di questo documento che "Il Fatto Quotidiano" pubblica integralmente. Lo scandalo non sta tanto in quello che c'è scritto ma nel fragoroso silenzio che è seguito alla puntata.
Report ha mostrato l'implacabilità di Equitalia contro i cittadini inermi che si vedono ipotecata l'abitazione per un debito di poche migliaia di euro. E poi ha mostrato una nota nella quale si prescrive di non disturbare i tre principali partiti italiani per i debiti tributari. Eppure nessuno ieri ha smentito né commentato.
"Il Fatto Quotidiano" ha provato a chiedere una replica al direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera. Inutilmente. Befera allora era amministratore di Equitalia, oggi ne è il presidente ma è comunque il direttore dell'Agenzia delle entrate che ne controlla il 51 per cento mentre il restante 49 per cento è dell'Inps. Befera, oggi come allora, è quindi la persona giusta per spiegare il giallo della lista. Anche perché non si tratta certamente di un manager insensibile al richiamo della politica. Il 23 settembre 2009 Il Fatto Quotidiano ha pubblicato le intercettazioni telefoniche di un'indagine della Procura di Potenza nella quale Befera si interessava per far ottenere uno sconto di decine di milioni di euro a una società amica del sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, che chiamava per perorare la sua causa.
Nemmeno i tesorieri dei partiti coinvolti dalla puntata di Report, vista da tre milioni di italiani, hanno sentito il dovere di spiegare cosa sia accaduto dopo quel presunto stop alle azioni del fisco nei confronti di An, Forza Italia e Ds. Interpellato dal Fatto l'ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti replica: "Ma quale trattamento di favore, la Federazione di Roma ha subito i pignoramenti". Sposetti non precisa se questo sia accaduto prima o dopo la lettera dell'ottobre 2007. Alla Conservatoria dei registri immobiliari di Roma, consultata attraverso
il sistema Syster dal Fatto, non risultano ipoteche sugli immobili della Federazione romana
ma potrebbe trattarsi di un disguido dovuto ai diversi codici fiscali usati. Comunque Sposetti tronca sul nascere ogni sospetto. E anche se non ha difficoltà ad ammettere di conoscere bene Befera, precisa: "Sono stato 5 anni al ministero delle finanze con Visco e poi con Del Turco, è ovvio che conosco Befera. Ma non gli ho mai chiesto un trattamento di favore per il partito".
La lista in realtà non riguarda solo i tre partiti citati nelle prime cinque righe ma si compone di due pagine e di una tabella lunghissima di nomi, codici fiscali e procedure di riscossione in corso. Nell'elenco dei contribuenti citati tra le "morosità rilevanti" abbondano i vip e le grandi imprese. Non per tutti si prescrive l'immobilità come per i tre partiti. Anzi. Il pugno del fisco è azionato da Equitalia con un'attenta gradazione. Si va dall'estremo della massima morbidezza verso Pds, An e Fi, alla richiesta di agire contro le grandi aziende come Wind e Telecom Italia sempre però "notiziando" la sede centrale.
Dopo i partiti troviamo "L'Unità Editrice Multimediale", partecipata dai Ds, dalla famiglia Angelucci e da Alfio Marchini. Per la società si prescrive: "Tenuto conto delle modalità di notifica della cartella da euro 711 mila relativa all'anno 2001, notificare solo intimazione di pagamento (che determinerà l'opposizione della debitrice) e notificare correttamente le cartelle ancora da notificare (alla società e al liquidatore)". Chissà perché Equitalia già sapeva che il contribuente L'Unità Multimediale avrebbe fatto opposizione.
Nella lista poi ci sono due vip: l'allora sottosegretario del centrosinistra Bobo Craxi e Adriano Panatta. Per loro si prevede un trattamento intermedio. Equitalia invita Gerit a fare i solleciti di pagamento ma "per ogni altra attività attendere istruzioni per la capogruppo".
I nomi elencati in testa sono quasi tutti vicini alla politica. Dopo Craxi e Panatta seguono infatti il Psdi (per il quale a dire il vero si prescrive un trattamento più duro verso il suo segretario regionale Renato D'Andria e si invita la Gerit a trasmettere le carte alla Guardia di Finanza) poi il Psi e l'Agenzia Ater dell'edilizia popolare del Comune di Roma. Poi c'è un pacchetto di vip, dall'andrologo Severino Antinori all'attore Christian De Sica, dal re del porno Riccardo Schicchi al presentatore Gianfranco Agus, per i quali si prescrive l'attivazione di procedure esecutive. Per questa differenza di trattamento tra gli uni e gli altri, certamente, ci sarà una spiegazione. Però resta la sensazione di una sorta di procedura speciale, almeno nell'attenzione della sede centrale di Equitalia per l'esito delle cartelle di vip, grandi aziende e politici. E che questa macedonia di nomi abbia come elemento comune il potere e la fama, lo si comprende da un lapsus freudiano. Alla settima riga si parla di un Dell'Utri al quale "ove già non fatto, iscrivere ipoteca su immobile in provincia di Cosenza". Anche se poi subito si aggiunge: "per ogni altra attività attendere istruzioni capogruppo". Il Dell'Utri che ha una casa a Praia a Mare è Alberto ma il suo nome è scritto a matita accanto a quello stampato in neretto nella lista: Marcello Dell'Utri. Comunque alla conservatoria di Cosenza l'ipoteca risulta iscritta solo nel 2000. E non da Equitalia.



Ai limiti dell'usura, ma in via Colombo 271 cantano vittoria
d Gianni Barbacetto

IL FATTO QUOTIDIANO  -   13 aprile 2010   pag. 5

Un agente della riscossione esoso, ingordo, punitivo, che castiga ritardi e distrazioni con comportamenti ai limiti dell'usura. Così appare Equitalia nel servizio di Report andato in onda domenica su Raitre. Così giudicano la società di riscossione molti cittadini che ritengono di essere diventati vittime di un meccanismo inesorabile. Tra questi, il programma di Milena Gabanelli citava il professor Marco Revelli, che ha raccontato all'autrice dell'inchiesta su Equitalia, Giovanna Boursier, di aver avuto la casa ipotecata per un debito di 700 euro (qualche multa non pagata, per aver vissuto un anno all'estero).
Il costituzionalista Michele Ainis, invece, la sua disavventura l'ha raccontata sul Sole 24 Ore. "Una storia d'abusi e soprusi. Una vicenda di tasse occulte. Un viaggio nel girone dantesco della burocrazia fiscale. Squilla il cellulare e una funzionaria della banca mi dice: 'Professore, per quella pratica di fido ci siamo dovuti fermare. Lei ha un'ipoteca sulla casa. Un'ipoteca legale'. Per un attimo mi manca il fiato in gola. Poi chiedo: 'Da quando? E chi l'avrebbe iscritta?' 'Equitalia. Venga in banca, ne parliamo di persona'". Continua Ainis: "Per gli italiani Equitalia è un po' come la Spectre, un'organizzazione invisibile e implacabile; ma senza James Bond a difenderci dalle sue trappole infernali".
Prendi una multa. Te ne dimentichi. Anni dopo ti ritrovi un'ipoteca sull'immobile di proprietà per una cifra colossale rispetto all'ammontare originario del debito. Racconta Ainis: "Mi presento in via Colombo, a Roma, numero civico 271. Informazioni, è di quelle che ho bisogno. Mentre tutti gli altri sportelli chiudono alle 13 e 30, la fila per le informazioni era bloccata già alle 11, dieci minuti fa. Per forza, è su questa fila che c'è ressa. La maggior parte di noialtri è come il protagonista del Processo di Kafka, non sappiamo nulla del capo d'imputazione che ci pende sulle spalle".
Così, per otto multe mai ricevute oppure contestate e una tassa sui rifiuti non pagata, è stata iscritta ipoteca per oltre 6 mila euro. Senz'altra via d'uscita che pagare: "Per cancellare l'ipoteca devo prima estinguere il debito o in alternativa aspettare per qualche secolo le risposte giudiziarie".
Equitalia nasce nel 2006. È una società per azioni a totale capitale pubblico: 51 per cento dell'Agenzia delle entrate e 49 per cento dell'Inps. Suo compito, riscuotere i tributi. Prima ci pensavano una quarantina di soggetti privati, banche o esattori spesso discussi (come, in Sicilia, i cugini Salvo, legati a Cosa nostra). Con Equitalia, la riscossione è tornata in mano pubblica. Suo compito istituzionale è "quello di contribuire a realizzare una maggiore equità fiscale". Ci riesce? Dal palazzo romano di via Cristoforo Colombo dicono di sì. Allineano i risultati positivi: 7,7 miliardi di euro riscossi nel 2009, più 10 per cento rispetto all'anno precedente, ma soprattutto più del doppio di quanto riuscivano a portare a casa gli esattori privati, che nel 2005 (ultimo anno prima della nascita di Equitalia) avevano incassato non più di 3,8 miliardi di euro. Certo, pagare le tasse non piace a nessuno e per farle pagare è necessario ricorrere a strumenti come i fermi amministrativi delle auto (96 mila nel 2009) o le ipoteche sugli immobili (180 mila). Ma queste arrivano dopo avvisi, preavvisi, solleciti. E poi, dicono in corso Colombo, l'abuso è non pagare le tasse, non il farle pagare.
Certo, restano le innumerevoli proteste dei cittadini che si sentono vessati senza ragione, come il professor Revelli, come il professor Ainis. Cittadini senza nome e senza strumenti per reagire che, per imposizioni spesso contestate, si vedono caricati di una sanzione del 30 per cento, più un 6 per cento di mora dopo 90 giorni. Con un aggio incassato da Equitalia che è del 4,6 per cento entro i 60 giorni, ma che al sessantunesimo giorno diventa del 9 per cento. Di fronte alle denunce di Ainis, possibile che Giulio Tremonti, Renato Brunetta e Roberto Calderoli, il grande semplificatore, non abbiano niente da dire?

 
La lista contribuenti – Vip:


Il video della puntata di Report del 11 aprile 2010:


Il testo integrale della puntata di Report del 11 aprile 2010: