Autostrada, la beffa del risanamento era una discarica

Autostrada, la beffa del risanamento
era una discarica

Nel Mugello terra di scavo e rifiuti pericolosi. Gli inganni svelati dall'inchiesta della procura di Firenze

di FRANCA SELVATICI

Si chiama “rimodellamento ambientale”, in realtà è una discarica. E’ uno degli inganni svelati dall’inchiesta della procura di Firenze sui lavori autostradali che coinvolge i vertici di Autostrade e delle imprese Todini, Toto e Btp. Lo hanno sperimentato sulla loro pelle gli abitanti di alcuni borghi del Mugello.

Per trovare una collocazione alle enormi quantità di terre e rocce scavate dalle montagne per realizzare le gallerie dell’alta velocità ferroviaria (prima) e ora della variante di valico e della terza corsia dell’Autostrada del Sole, sono state adottate le più svariate soluzioni, la più ipocrita delle quali è quella del “rimodellamento ambientale”. Si stabilisce che una certa località è un’area degradata che necessita di risanamento e la si trasforma in Prevam (Progetto paesaggistico di restauro e valorizzazione ambientale). E’ accaduto, per esempio, al Fienile, una amena località nel Comune di Barberino di Mugello, più volte citata nella inchiesta della procura di Firenze per traffico di rifiuti, discariche abusive e inquinamento ambientale.

Il Fienile era un pendio collinare verde in parte coltivato a pascolo e in parte a olivi, sfortunatamente segnato da una antichissima paleofrana che lo faceva impercettibilmente scivolare a valle. Dichiarato per questo area degradata, è stato trasformato in un enorme deposito di terre e rocce. Mille piante di olivo sono state abbattute e i camion hanno cominciato a scaricare fra nugoli di polvere centinaia di migliaia di tonnellate di terre e rocce, miste a scarti di asfalto, fanghi, argilliti, vetroresina, spriz beton. Una discarica spacciata per risanamento. Dopo quattro anni di inferno, oggi gli abitanti del piccolo borgo del Fienile hanno di fronte, invece della vallata, una nuova collina che finalmente è stata ricoperta di terra dove forse tornerà a crescere l’erba, sempre che lo consentano i materiali inquinati che, secondo le accuse della procura, hanno colmato il pendio.

I pm Giulio Monferini e Gianni Tei, che hanno coordinato le indagini di Arpat e Corpo Forestale, accusano i responsabili di Autostrade e delle imprese Todini, Toto e Btp di aver utilizzato il materiale di risulta degli scavi (lo smarino), inquinato all’origine da oli industriali e misto a fanghi, argilliti, conglomerati cementizi e materiale sintetico in vetroresina, per realizzare svincoli autostradali, piste di servizio, parcheggi scambiatori. Secondo la procura, si tratta di materiali non stabilizzati, il cui utilizzo comporta rischi per la stabilità dei rilevati stradali, oltre che per l’ambiente.
Per consentire lo scavo delle nuove gallerie, Barberino si appresta a sacrificare anche la vallata di Bellosguardo, che sarà riempita da due milioni di metri cubi di smarino e diventerà l’area di servizio più vasta d’Europa. Se le accuse della procura sono fondate e se anche in questo caso lo smarino sarà inquinato, il rischio è che Bellosguardo diventi la discarica abusiva più grande d’Europa.

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