G8 Genova 2001, il regime in azione

 
G8, De Gennaro ordinò gli arresti. E arrivò la Diaz
di Angelo Mastrandrea

Tratto dal sito  www.ilmanifesto.it   -   1 agosto 2010

Inviati da De Gennaro per «riscattare l'immagine del corpo» e «procedere a tal fine ad arresti», gli alti funzionari della polizia condannati per l'irruzione alla scuola Diaz di Genova la notte del 21 luglio 2001 videro le violenze ma non fecero nulla per impedirle. Pesano come un macigno sui vertici della polizia le 310 pagine delle motivazioni della sentenza con la quale la Corte d'Appello di Genova ha ribaltato la sentenza di primo grado sulla «notte cilena» del G8 2001 alla scuola Diaz.
Il 18 maggio scorso, infatti, i giudici avevano condannato 25 imputati, tra i quali il capo dell'anticrimine Francesco Gratteri (a 4 anni di carcere), l'ex comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini (5 anni), Giovanni Luperi (4 anni), Spartaco Mortola (3 anni e 8 mesi) e Gilberto Caldarozzi (3 anni e 8 mesi).
Nelle motivazioni depositate dalla Corte (in anticipo sulla scadenza annunciata del 16 agosto) si spiega che i funzionari di polizia presenti al momento dell'irruzione nell'ex sede del Genoa social forum sono stati condannati perché avevano l'obbligo di impedire le violenze e non lo hanno fatto.
Non solo. La sentenza mette nero su bianco anche il ruolo di Gianni De Gennaro, allora capo della polizia e oggi ai vertici del Dis, i ridisegnati servizi segreti italiani. Secondo la Corte, infatti, «l'origine di tutta la vicenda è individuabile nella esplicita richiesta da parte del Capo della Polizia di riscattare l'immagine del corpo e di procedere a tal fine ad arresti, richiesta concretamente rafforzata dall'invio da Roma a Genova di alte personalità di sua fiducia ai vertici della Polizia che di fatto hanno scalzato i funzionari genovesi dalla gestione dell'ordine pubblico».
La tesi è chiarissima e dà ragione all'ipotesi della procura: la violenta repressione del 21 luglio 2001 (il giorno dopo l'uccisione di Carlo Giuliani), con centinaia di arresti al corteo finale del G8 tra tutte le componenti del movimento no global, e l'irruzione alla Diaz nascerebbero da una «richiesta» arrivata da De Gennaro in persona ai suoi «fiduciari» appositamente inviati da Roma a Genova. Una «pressione psicologica» che per la Corte però «non giustifica in nulla la commissione dei reati né l'eventuale malinteso spirito di corpo che ha caratterizzato anche successivamente la scarsa collaborazione con l'ufficio di Procura». Insomma, i poliziotti potrebbero essere poi andati al di là delle intenzioni, con i pestaggi e le violenze.
Parole che fanno sobbalzare l'ex portavoce del Genoa social forum Vittorio Agnoletto e il giornalista LorenzoGuadagnucci, vittima della Diaz: «Queste motivazioni confermano la ricostruzione storica dei fatti compiuta dai pm e da sempre sostenuta dal movimento e dalle vittime. Abbiamo sempre sostenuto che l'assalto alla Diaz non è stato frutto di una decisione improvvisa di qualche funzionario di polizia di medio-basso grado, ma è nata da una "esplicita richiesta da parte del Capo della Polizia"», dicono.
Rispetto alla sentenza di primo grado, l'Appello stabilisce la responsabilità dei vertici per le violenze e per i falsi atti, come le bottiglie molotov portate dentro la scuola dai poliziotti e poi fatte risultare come prova del possesso di armi da parte degli occupanti. Secondo la Corte, del falso documentale sono responsabili anche i vertici della polizia presenti e non solo i loro sottoposti. A convincere i magistrati della colpevolezza, i filmati che mostrano un conciliabolo tra alti dirigenti della polizia nel cortile della scuola con le bottiglie in mano.
Per quanto riguarda le violenze commesse dalle forze dell'ordine durante l'irruzione, la Corte spiega che Gratteri, Canterini e Luperi erano stati mandati a Genova da Roma per gestire l'ordine pubblico ed erano i più alti funzionari presenti in loco. Erano presenti all'operazione e hanno visto quello che accadeva, e poiché erano gerarchicamente sovraordinati potevano intervenire per impedire le violenze. Ma non lo fecero.
Nel frattempo tutti i dirigenti condannati sono stati promossi e mai allontanati dalla polizia, mentre De Gennaro è stato condannato a un anno e quattro mesi in Appello per istigazione alla falsa testimonianza al processo sulla scuola Diaz. Dopo entrambe le sentenze sia il ministro dell'Interno Maroni che quello della Giustizia Alfano si affrettarono a garantire solidarietà e protezione ai condannati, assicurando che non sarebbero stati sospesi come chiedevano a gran voce le vittime e i movimenti.
A maggior ragione oggi, dopo le motivazioni della Corte, Agnoletto e Guadagnucci rilanciano la richiesta: «Questa esplicita attribuzione di responsabilità al vertice della polizia rende ancora più inopportuna la permanenza dei dirigenti condannati, a cominciare dal massimo livello, ai loro posti».



"G8, quei poliziotti hanno infangato l'Italia"
Massacro alla Diaz, le motivazioni della condanna: i capi ordinarono prove false per riabilitarsi
di Marco Preve

LA REPUBBLICA   -   1 agosto 2010   pag. 18

GENOVA - «L'enormità di tali fatti, che hanno gettato discredito sulla nazione agli occhi del mondo intero, non rende seriamente rintracciabile alcuna circostanza attenuante generica». È l'impietosa analisi di un'operazione «vergognosa» originata da un'ansia di prestazione e che, sfociata in un «disastro», per essere mascherata scatena una serie impressionante di comportamenti illeciti che hanno infangato l'Italia.
È questa la sintesi delle 313 pagine che contengono le motivazioni della sentenza d'appello (presidente Salvatore Sinagra, consiglieri Francesco Mazza Galanti e Giuseppe Diomeda) del processo Diaz, quella che nel maggio scorso ribaltò la sentenza di primo grado condannando - i reati vanno dal falso, alla calunnia, alle lesioni - 25 imputati tra i quali alcuni dei massimi dirigenti della polizia italiana. Come Gianni Luperi e Francesco Gratteri, il primo capo dell'intelligence e il secondo dell'antiterrorismo, due dei più importanti poliziotti italiani, condannati entrambi a 4 anni.
Ecco che cosa scrive di loro la Corte d'Appello: «Preso atto del fallimentare esito della perquisizione, si sono attivamente adoperati per nascondere la vergognosa condotta dei poliziotti violenti concorrendo a predisporre una serie di false rappresentazioni della realtà a costo di arrestare e accusare ingiustamente i presenti nella scuola».
I giudici ricostruiscono così l'escalation: «Si doveva riscattare l'immagine della polizia che nei giorni precedenti era sembrata inerte di fronte ai gravissimi episodi di devastazione e saccheggio...», e la Diaz diventa così il bersaglio di quella «finalità mediatica dell'operazione che si intendeva perseguire». Per i magistrati l'impulso arriva direttamente dall'allora capo della polizia Gianni De Gennaro, anche lui condannato in appello perché avrebbe istigato a rendere falsa testimonianza nel processo Diaz l'ex questore di Genova Francesco Colucci.
«Ma anche per procedere alla perquisizione - si legge - non è sufficiente un sollecito da parte del capo della polizia, bensì occorre pur sempre il sospetto della presenza di armi illegalmente detenute». «Viceversa è stato approntato un apparato "bellico" di notevoli dimensioni...». Gli "animali" si scatenano nella "macelleria messicana": così la chiama Massimiliano Fournier, vicequestore della Celere anche lui condannato. Il primo a farne le spese è il giornalista inglese Mark Covell, sorpreso all'esterno della scuola e pestato a sangue. Ci vogliono anni per capire chi sia stato: «Gli autori di tale vile massacro - scrivono i giudici - non possono che essere stati appartenenti alla polizia di Stato... condotte violente sadicamente ripetute fino alla perdita dei sensi di Covell nell'indifferenza generale di tutti i funzionari e dirigenti ivi presenti».
C'è addirittura una logica machiavellica nell'operazione Diaz: «Il fine: procedere in ogni caso agli arresti, ha giustificato il mezzo: contestazione di falsa accusa di delitto associativo».